I più informati si saranno resi conto che nei giorni scorsi sono apparse alcune interviste a Justin Richmond, condotte da colleghi italiani. Questo perché qualche settimana fa il game director di Uncharted 3 è venuto a presentare l’ultima iterazione della blasonata serie. Con lui c’era anche Arne Meyer, Community Strategist in Naughty Dog, nonostante la nostra di chiacchierata si è “limitata” a Richmond.
A meno di ventiquattrore dall’uscita ufficiale del gioco, ci è parso interessante offrire anche il nostro piccolo contributo, visto e considerato che la nostra chiacchierata ha avuto come oggetto il futuro e non solo il presente. Si è trattato di un’ottima occasione per cercare di scorgere ciò che potrebbe arrivare più in là, quando la frenesia di un’uscita così importante per Sony e Naughty Dog sarà spontaneamente scemata, e tutti ci domanderemo spaesati da quale parte volgere i nostri sguardi.
E poiché non amiamo particolarmente certi logici e pur consolidati schemi, tralasceremo il tanto inflazionato ‘botta e risposta‘. Niente acronimi, quindi, ad indicare chi ha espresso un pensiero anziché un altro. Richmond è stato così squisito e gentile da concedersi ai nostri microfoni come se stessimo chiacchierando con un nostro amico di lunga data, interessato alle nostre domande almeno quanto lo eravamo noi alle sue risposte. Il risultato è il breve contenitore di frasi ed osservazioni che trovate dopo la solita pausa.
Uncharted 3: presentazione italiana
Partenza soft per noi, con una domanda quasi di rito, che tanti avranno posto al game director di Uncharted in passato – compreso quello più recente. Nostra intenzione è stata infatti sapere quanto lo sviluppo su di una sola piattaforma li abbia agevolati. Al di là dei comprensibili attestati di stima e gratitudine nei confronti di Sony, la quale, a dire di Richmond, ha dato carta bianca a Naughty Dog, ci è stato fatto notare quanto sia esponenzialmente più “facile” avere a che fare con una sola piattaforma, discorso che, a nostro parere, vale a prescindere dalla console di riferimento.
Al secondo giro siamo entrati un po’ più nel merito della serie, chiedendo quali fossero i videogiochi che hanno ispirato la creazione di Uncharted. E qui ecco la l’uscita che non ti aspetti, anche se a ben pensarci non era così peregrina come ipotesi. Richmond ha immediatamente precisato che le ispirazioni sono state molte, ma non vincolate al solo ambito videoludico. Da buoni geek quali sono (parole sue), le fonti sono state molteplici: film, fumetti, libri, musica etc. In particolare, però, si è soffermato sull’importanza dell’aspetto registico. Non molti sanno che Justin ha studiato Cinema al college, così come altri componenti dello staff. La premessa da cui sono partiti, perciò, è stata quella di comprendere come coinvolgere il pubblico allo stesso modo di un regista nell’atto di girare un film. Come farli innervosire? Come renderli felici? Sono state queste alcune delle domande cardine alla base del progetto.
Proprio questo suo porsi come regista in relazione al progetto (sempre parole sue), ha dato adito ad un’altra domanda, ossia quale futuro prospetta per il settore dei videogiochi. Potrà crescere ancora? Ovviamente lo spera, anche perché attraverso ogni gioco si cerca di fare meglio. Tuttavia la sua risposta ci è parsa un po’ troppo influenzata da quello che viene sempre avvertito come una sorta di fratello maggiore, ossia il cinema. Si è parlato di titoli più maturi, in cui viene riservato maggior spazio alla focalizzazione sul personaggio, ma questo non è necessariamente vero riguardo al settore che tanto ci appassiona (e forse nemmeno in ambito cinematografico, anche se in misura diversa). Se guardiamo al passato, specie agli albori del medium, non per forza bisogna pensare a Pac-Man o chi per lui.
Non intendiamo improvvisare qui una dissertazione di questo genere, ma guardando a giochi che hanno fatto la storia come Pong, Breakout, Space Invaders ed altri ancora, non possiamo fare a meno di notare come l’elemento narrativo sia stato innestato successivamente. Eppure questi giochi “funzionavano” ugualmente, anzi, per certi aspetti pure meglio. Lungi da noi aborrire l’elemento trama in qualsiasi videogioco, né tantomeno patteggiare per un insulso purismo d’accatto, tale da bandire personaggi degni di tale nome. Tuttavia il discorso ci pare abbastanza più complesso, ma ci fa piacere che Richmond abbia sollevato la questione.
Tornando ad Uncharted 3, abbiamo voluto sapere quale anima fosse maggiormente presente nel gioco, con riferimento alle due principali, ossia action e adventure. Pare che in tal senso questo terzo capitolo sia più bilanciato rispetto al passato, dove l’azione adrenalinica regnava sovrana. Non si è giustamente espresso in termini percentuali, ma pare che siano state apportate alcune modifiche in tal senso (cosa che scopriremo in sede di recensione).
Ed eccoci in conclusione, pronti a lasciare l’intimo locale etnico in cui Sony ci ha ospitato per questa intensa presentazione. Non prima però di aver domandato a Richmond di soddisfare una nostra curiosità: sarà possibile in futuro avere un Uncharted più aperto, a mo’ di open-world come Red Dead Redemption (il calzante esempio è il suo)? Risposta secca: “forse…“.
Se fino ad ora non si è optato per una soluzione di questo tipo è perché hanno preferito focalizzarsi sulla storia, senza lasciare troppe vie percorribili al giocatore. Capite bene che uno schema meno rigido non agevola un simile proposito, ecco perché la struttura del gioco è stata fino ad ora decisamente lineare. Ma in futuro… chi lo sa? “Mai dire mai“, afferma il buon Justin, aggiungendo, “sarebbe la prima volta per noi“. Al che, prima di congedarci cordialmente, abbiamo semplicemente risposto: “potreste provarci“. E sapete dall’altra parte qual è stata la risposta? “Certo, perché no?“.