Tomb Raider: la recensione

Tomb Raider: le origini del mito di Lara Croft - il reboot della saga recensito per voi da Gamesblog.it
Tomb Raider: la recensione
Tomb Raider: le origini del mito di Lara Croft - il reboot della saga recensito per voi da Gamesblog.it

Affidato da Square Enix alle amorevoli cure dei ragazzi della casa di sviluppo californiana di Crystal Dynamics, questo nuovo Tomb Raider nasce con lo scopo dichiarato di azzerare tutto ciò che è stato detto, scritto e giocato con i capitoli precedenti. Nonostante le promettenti scene di gioco immortalate nei primissimi filmati dimostrativi datici in pasto dai boss della multinazionale nipponica e dal team della loro sussidiaria a stelle e strisce, la disastrosa gestione della proprietà intellettuale di Lara Croft da parte dell’ormai sciolto quadro dirigenziale di Eidos ha però continuato ad agitare le notti degli appassionati della saga.

Ai video prodotti per dimostrare le buone intenzioni dei nuovi proprietari del marchio storico di Tomb Raider, dalle parti di Square Enix hanno così deciso di sommare tutta una serie di dichiarazioni volte ad enfatizzare gli elementi di innovazione apportati dagli sviluppatori come ulteriore riprova del fatto che non vi era in atto alcuna operazione commerciale fine a se stessa, e che il progetto avrebbe ridato dignità videoludica alla serie fungendo da spartiacque qualitativo tra i titoli originari e quelli che verranno realizzati d’ora in avanti.

Con la recensione di Tomb Raider che vi proporremo quest’oggi, dopo esserci immersi per più di venti ore nella campagna a giocatore singolo su PlayStation 3 e per 5-6 ore nella modalità in rete su PlayStation 3, cercheremo quindi di sviscerare tutti gli aspetti di un’opera controversa e ricca di spunti di riflessione.

I PERICOLI DELL’ARCHEOLOGIA

Come più volte illustrato dai Crystal Dynamics nel corso di questi mesi, l’approccio adottato dagli sviluppatori americani per dare forma alla trama di Tomb Raider segue un percorso diametralmente opposto rispetto a quello che ha contraddistinto le spavalde avventure della Lara Croft “originaria”: la ventunenne ragazza che siamo chiamati a impersonare deve cavarsela da sola in un ambiente selvaggio e spietato, un mondo a se stante in cui nulla è come sembra. Per assistere a questa piccola grande rivoluzione non serve attendere chissà quale espediente narrativo, ma basta semplicemente osservare le scene rocambolesche immortalate nel filmato d’apertura della campagna in singolo e gli avvenimenti altrettanto “forti” che si incardinano lungo la prima fase di gioco propriamente detta.

Limitando al minimo indispensabile le informazioni relative alle decisioni prese dalla protagonista per seguire il suo istinto di giovane avventuriera, la trama del reboot di Tomb Raider ci catapulta immediatamente nel vivo del racconto attraverso una serie di eventi al cardiopalma che non lasciano assolutamente nulla al caso e in cui tutto, dal primo all’ultimo secondo di gioco, non verte attorno alla ricerca di un prezioso manufatto atlantideo, ma del modo più veloce per poter lasciare quest’isola maledetta situata nel bel mezzo del Triangolo del Drago, un’area dell’Oceano Pacifico situata agli antipodi del Triangolo delle Bermuda e conosciuta in tutto il mondo per le anomalie magnetiche che vi si possono riscontrare ai giorni nostri (oltreché per l’inquietante numero di incidenti e di sparizioni di vascelli registrate sin dai tempi antichi).

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Sopravvissuta al naufragio della Endurance (la nave che la trasportava e che ha finito con lo schiantarsi sugli scogli di quest’isola dopo essere incappata in una tempesta), la nostra archeologa preferita riapre gli occhi dopo la tormenta scoprendo di essere appesa a testa in giù all’interno di una grotta abitata da selvaggi: dalle azioni compiute per trovare una via di fuga da questa grotta fino alla battaglia finale contro le forze che non le permettono di allontanarsi dall’isola, la storia del “nuovo” Tomb Raider è un crescendo di violenza che, col passare delle ore di gioco, sfuma l’approccio survival delle prime battute dell’avventura per trasformare l’innocente Lara in una vera e propria guerriera costretta a uccidere per avere salva la pelle. Oltre che ad essere il simbolo della sofferenza patita da questa giovane studiosa per diventare l’eroina dalla volontà incrollabile che tutti noi abbiamo imparato ad amare dal 1996 ad oggi, la trama di questo progetto diventa la manifestazione diretta e tangibile del viaggio spirituale intrapreso da Lara per conoscere sé stessa e per trovare gli stimoli che la porteranno a compiere le rocambolesche avventure dei capitoli “classici” targati Eidos.

Il canovaccio narrativo di Tomb Raider corre però su binari prestabiliti e non lascia spazio a missioni secondarie, a scelte multiple nei dialoghi e a tutto ciò che ci si sarebbe potuti attendere ripensando alle dichiarazioni rilasciate in questi mesi dagli sviluppatori statunitensi: una situazione, quest’ultima, che può lasciare interdetti molti appassionati ma che comunque può essere facilmente spiegata (e in parte persino giustificata) dalla necessità degli autori di mantenere uno schema prestabilito per rimodulare daccapo la trama di questa importante proprietà intellettuale. Per spezzare in qualche modo la linearità dell’avventura, quindi, dalle parti di Crystal Dynamics hanno saggiamente deciso di proseguire nella loro opera di “ringiovanimento” della saga ricostruendo l’impalcatura di gioco per offrire agli utenti una libertà d’azione e di movimento ben superiore rispetto a quella sperimentabile nei capitoli precedenti della serie di Lara Croft.

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PICCOLE GUERRIERE CRESCONO

Il sistema di gioco del reboot di Tomb Raider segue idealmente il percorso narrativo della storia in singolo e s’alimenta dell’esperienza acquisita di missione in missione dalla sopravvissuta dell’Endurance: intraprendente come ogni buona studiosa autodidatta, la giovane Lara Croft tratteggiata dagli autori e dai designer di Crystal Dynamics non si limita a reagire passivamente alla violenza che la circonda ma è una spugna che assorbe tutto ciò che può servirgli per sopravvivere a un ambiente così ostile.

Facendo di necessità virtù, l’eroina interpretabile acquista poco alla volta le conoscenze e le tecniche necessarie per cacciare gli animali, per accendere un fuoco, per scalare una parete o per finire l’avversario di turno con delle mosse speciali: tutto questo, all’interno della dimensione interattiva di Tomb Raider, assume la forma delle abilità sbloccabili servendosi dei falò per spendere i punti esperienza acquisiti sino a quel momento in bonus vari (dalle capacità sensoriali per rintracciare gli oggetti collezionabili alla quantità di munizioni trasportabili) e in azioni “secondarie” da compiere con la piccozza, con l’arco e con le armi da fuoco (ad esempio per compiere delle vere e proprie esecuzioni dopo aver accecato o azzoppato un nemico).

Lo schema seguito dagli sviluppatori è quello classico degli action-GDR “all’occidentale”: nel prosieguo dell’avventura e in base alla bravura dimostrata dall’utente nel collezionare più punti esperienza uccidendo gli avversari con dei colpi alla testa o rintracciando gli oggetti sparsi per l’ambientazione, gli strumenti che Lara Croft può sfruttare a suo vantaggio sono sempre più numerosi e, soprattutto, si fanno sempre più complessi. Anche grazie a questa vasta possibilità di personalizzazione dell’esperienza di gioco e dell’equipaggiamento, Tomb Raider propone un sistema di combattimento dalle geometrie pressoché perfette: la struttura a più livelli delle aree esplorabili enfatizza l’uso intensivo delle coperture dinamiche e delle azioni silenziose, la presenza di decine di elementi distruttibili e infiammabili rende unica ogni battaglia, la possibilità di utilizzare una seconda “modalità di fuoco” per l’arco e per le armi rimarca le sessioni FPS, l’impiego delle spettacolari sequenze quick-time nel bel mezzo delle sparatorie accentua il ritmo del gameplay e la varietà di armi impugnate dai nativi di quest’isola maledetta ci obbliga a impostare delle tattiche sempre diverse per non incappare in una morte prematura.

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Per ovviare alla linearità della storia, controbilanciandone i difetti per cercare di favorire la rigiocabilità di un’avventura che comunque può vantare una longevità superiore rispetto a quella degli action concorrenti (adottando uno stile di gioco libero, con missioni stealth alternate a sessioni puramente sparatutto, si superano tranquillamente le 17-20 ore), gli sviluppatori di Crystal Dynamics hanno poi pensato di arricchire la trama con delle azioni secondarie quali l’esplorazione delle tombe degli Yamatai e la ricerca delle reliquie, dei documenti e degli altri oggetti collezionabili sparsi per la mappa. È qui che il titolo riesce a dare il meglio di sé, specie per chi ama le avventure “alla Uncharted” supportate da una forte componente platform e da una discreta libertà di movimento e d’esplorazione.

Nell’impalcatura di gioco eretta da Square Enix e dai ragazzi della loro sussidiaria a stelle e strisce c’è però una lacuna piuttosto evidente rappresentata dalla componente survival: le semplificazioni agli elementi legati alla sopravvivenza si riverberano infatti sulla scarsa profondità degli altri aspetti “gestionali” dell’opera. A prescindere dal livello di difficoltà selezionato, ad esempio, la salute della protagonista si rigenera automaticamente, l’utilizzo dell’Istinto (una sorta di sesto senso utile per evidenziare la posizione dei nemici e dei collezionabili) non è condizionato da alcuna barra di energia, non ci si ritrova quasi mai senza frecce o munizioni, le coperture dinamiche avvengono in maniera automatica e l’intelligenza artificiale dei nemici è quantomai primitiva e li porta a compiere sempre le stesse azioni, che sia il tragitto di una ronda notturna o il lancio cadenzato degli esplosivi dalla cima di una casa diroccata.

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MULTIPLAYER

Più volte confermata, smentita e successivamente riconfermata da parte di Square Enix, la presenza della modalità multigiocatore di Tomb Raider è stata resa possibile dall’intervento dell’esperto team di sviluppo di Eidos Montreal. Parallela all’esperienza di gioco in singolo, la dimensione online di questo reboot si riallaccia alle vicende della storia per porre in diretta competizione gli adepti fanatici degli Yamatai ai civili sopravvissuti al naufragio della Endurance.

Rappresentando un “bonus” deputato ad accompagnare la ben più corposa offerta garantita dalla storia principale con protagonista la giovane Lara Croft, il multiplayer di Tomb Raider fa proprio il linguaggio videoludico della componente in rete degli sparatutto della concorrenza e ci propone delle sottomodalità basate sui deathmatch in singolo, a squadre e ad obbiettivi: questi ultimi, nella forma delle sfide Rescue in cui due o più team di scontrano per portare a termine o per bloccare determinate azioni scriptate (come ad esempio la raccolta di kit medici), rappresentano gli unici aspetti degni di nota dell’intera esperienza in rete di un titolo che, comunque, a prescindere dalla semplicità dell’azione offerta multiplayer può comunque vantare un sistema di crescita del proprio alter-ego con 60 livelli di perk aggiuntivi e di potenziamenti per le armi.

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GRAFICA E SONORO

Spinto da una versione pesantemente modificata del motore grafico proprietario dei Crystal Dynamics, il comparto tecnico di Tomb Raider spinge al massimo l’hardware di Xbox 360 e PlayStation 3 e permette altresì agli utenti PC di apprezzare nel migliore dei modi il titolo grazie alla grande scalabilità dell’engine e alla compatibilità piena e nativa alle librerie DirectX 11, PhysX e TressFX (seppur con delle forzature dovute, in quest’ultimo caso, all’eccessiva fluidità dei capelli della protagonista). La risoluzione delle texture che mappano le superfici a schermo è più che sufficiente, la varietà poligonale delle ambientazioni esalta gli sforzi profusi dai designer nella rappresentazione dei templi degli Yamatai, delle foreste, delle aree costiere e dei bunker giapponesi della Seconda Guerra Mondiale.

Le uniche critiche che potremmo muovere in tal senso agli sviluppatori californiani sono quelle relative alla fluidità balbettante delle animazioni dei nemici e delle “mosse finali” di Lara Croft (dalle esecuzioni alle azioni compiute nelle sequenze in quick-time), alla rappresentazione dell’acqua, alla fastidiosa presenza dei muri invisibili che delimitano l’area di gioco dallo sfondo esterno e ai glitch riscontrati nella fisica delle collisioni e nelle sessioni platform: tralasciando queste piccole e superficiali problematiche, gli sforzi profusi dai programmatori di Square Enix per erigere la grafica di Tomb Raider ci restituiscono comunque l’immagine di un prodotto solido come la roccia, visivamente appagante e realistico.

Per quanto riguarda invece gli aspetti legati all’audio, non possiamo che lodare la scelta di affidare la colonna sonora a Jason Graves, uno dei compositori più prolifici e creativi nel campo dei videogiochi: i suoi brani strumentali accompagnano egregiamente le scene di gioco e non “appesantiscono” la rumoristica e gli effetti secondari a corredo dell’azione di gioco. Dello stesso tenore sono poi i giudizi sulla “parte parlata”, ossia sul lavoro svolto dai doppiatori: la voce inglese di Lara Croft coglie tutte le sfumature emotive della protagonista. Forse per questo l’espressività del doppiaggio in italiano, pur essendo di livello medio-alto, ne risente in modo particolare e ci induce a propendere nettamente per la versione in madrelingua.

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COMMENTO FINALE

Tomb Raider non è solo una delle sorprese più gradite di questo primo scorcio di 2013 videoludico, ma è anche uno dei regali più preziosi che questa generazione di console potesse mai fare alla prossima: se osservato nella giusta prospettiva, il progetto dei Crystal Dynamics ha infatti un enorme margine di crescita e delle potenzialità ben superiori rispetto a quelle della maggior parte delle serie avvicendatesi (e spremute come limoni) nel corso di questi anni.

Declinando al futuro tutto ciò che gli sviluppatori californiani sono riusciti a compiere per dare forma a questo reboot, è davvero facile immaginare i prossimi step evolutivi di un’avventura che oggi può vantare un gameplay puntuale come un orologio svizzero e che domani, complice la superiore potenza computazionale delle piattaforme che verranno, potrà finalmente dare risposta alle richieste degli appassionati strutturandosi come un titolo a mondo aperto genuinamente votato alla sopravvivenza e all’esplorazione.

Anche senza scomodare gli astri, alla prova dei fatti il redivivo Tomb Raider di Square Enix risulta essere quindi un prodotto estremamente godibile e appagante, un’esperienza a tutto tondo che ha il doppio merito di attualizzare la figura storica di Lara Croft e di rendere superfluo il mancato apporto di elementi survival nelle dinamiche di gioco.

Cosa ci piace
Cosa non ci piace
  • Il sistema di combattimento, ricco e divertente
  • Le possibilità di personalizzazione delle armi e delle abilità
  • La bellezza delle ambientazioni
  • Le spettacolari sequenze in cinematica e in quick-time
  • Qualche glitch di troppo nella fisica e nelle sessioni platform
  • Gli elementi survival sono appena accennati
  • La linearità della trama e l’assenza di “vere” missioni secondarie
  • Il trascurabile multiplayer

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