Gli ospedali, i motel e gli orfanotrofi di Silent Hill stanno ai videogiochi come le foreste di conifere, le chiese gotiche e le villette a schiera stanno alla letteratura horror: a prescindere dallo sfacelo combinato negli anni recenti da chi ha condannato la saga ad un lento e inesorabile declino, a distanza di più di un decennio dall’uscita del primo, glorioso episodio della serie, le ambientazioni tetre e la nebbia impenetrabile della cittadina maledetta di Konami sono ancora tra le scene più potenti ed evocative dell’immaginario collettivo dei cultori del genere.
Consapevoli della necessità di ritornare alle origini prima che la pericolosa china presa con gli ultimi, infausti capitoli porti alla definitiva obsolescenza della serie, le alte sfere della famosa casa di sviluppo e produzione di Tokyo hanno perciò affidato ai Vatra Games il compito di invertire la tendenza e di ridare fiducia agli appassionati con un progetto, come quello di Silent Hill: Downpour, volto a ristabilire l’ordine naturale delle “vecchie” meccaniche di gioco.
L’esperienza portata in dote dai membri storici del Silent Team, unita all’entusiasmo dimostrato in questi mesi dal gruppo di Brno (Repubblica Ceca) formato da ex sviluppatori di 2K Games tra gallerie immagini esplicative e corposi video-diari, ci ha spinti a guardare con speranza a questo nuovo esperimento. Mai come in questo caso, quindi, vale la pena soffermarci sugli aspetti principali di questo atteso titolo per offrirvi il nostro punto di vista su Silent Hill: Downpour.
LA CONDANNA DI MURPHY
Dissestata dagli squilibri degli episodi passati e resa impraticabile da anni di incuria e di mancati slanci rinnovatori da parte di Konami, la strada intrapresa dai Vatra Games per ridare dignità videoludica alla saga di Silent Hill parte subito in salita, come dimostrano gli evidenti strappi narrativi ravvisabili nel canovaccio narrativo steso dagli autori per dare forma alla trama di Downpour.
Come nel più abusato dei cliché dei romanzi thriller, infatti, il titolo ripercorre le vicende accorse a Murphy Pendleton, un detenuto dell’istituto correzionale di Ryall State finito nella nebbia assassina di Silent Hill dopo essere sopravvissuto a un violento incidente autostradale che ha visto coinvolta la navetta che lo avrebbe dovuto trasportare alla prigione di massima sicurezza di Wayside. Afflitto da gravi turbe psichiche e da un fortissimo senso di rimorso per le cause che lo hanno portato al carcere, nel corso dell’avventura il povero Murphy cadrà vittima delle entità demoniache che popolano la città e che, tra un’allucinazione visiva e l’altra, cercheranno in tutti i modi di reclamarne l’anima.
Dal punto di vista squisitamente autorale, la scelta degli “scrittori digitali” di Vatra Games di modulare la trama in funzione degli incubi ad occhi aperti vissuti da Murphy durante il viaggio che dovrà intraprendere per cercare una via di fuga da Silent Hill si traduce in una ricchezza di situazioni sconosciuta agli episodi recenti della saga, tralasciando le fasi di combattimento con le creature locali sulle quali, al momento, preferiamo soprassedere per poterle approfondire nel prossimo paragrafo di questa recensione.
La varietà dei luoghi visitabili, in tal senso, è uno degli aspetti meglio riusciti dell’opera e consente all’utente di spezzare la monotonia dell’azione di gioco per vivere esperienze sempre diverse, specie in occasione dell’incontro con i cinerei abitanti della città e dei dialoghi (con scelta multipla nella risposta finale) necessari per approfondire la conoscenza del luogo e, quindi, per avere dei punti di riferimento nelle fasi d’esplorazione delle aree all’aperto e degli edifici meritevoli d’attenzione. Oltre ai dialoghi, alle violente allucinazioni e agli immancabili compiti secondari da portare a termine per acquisire maggiori informazioni e oggetti per l’inventario, c’è però una caratteristica che accomuna più di ogni altra gli aspetti “sandbox” e quelli “su binari” di Downpour ed è quella rappresentata dagli enigmi, la cui risoluzione occuperà una fetta consistente delle 10 e passa ore di gioco necessarie per giungere ai titoli di coda.
La volontà dei Vatra Games di adoperarsi per un profondo “ringiovanimento narrativo e videoludico” della saga, manifestatasi nella sua forma più alta proprio con gli enigmi, cozza però con la pochezza caratteriale del protagonista e, soprattutto, con l’assenza di situazioni capaci di emozionare l’utente con soluzioni autorali d’impatto: l’atteggiamento rinunciatario di Murphy e la scialba rappresentazione delle scene horror più “vivaci” abbattono il divertimento e il livello d’immedesimazione, risuonando nella mente degli appassionati di lungo corso e nei neofiti degli action/thriller come dei campanelli d’allarme immaginari che, una volta arrivati alla conclusione dell’avventura, finiscono col lasciare l’amaro in bocca.
PIOVE SUL BAGNATO
Il titolo, come accennato nel precedente paragrafo, ha una forte impronta sandbox e offre ambienti liberamente esplorabili che, nel loro complesso, coprono diversi chilometri quadrati dell’area urbana sud-orientale di Silent Hill e della zona montana delle foreste limitrofe, tanto che per spostarsi da un luogo all’altro ci si può persino avvalere della rete metropolitana (a patto, naturalmente, di soddisfare i necessari prerequisiti della trama).
In maniera diametralmente opposta a quella degli episodi più recenti, la struttura di gioco di Downpour riprende le meccaniche dei capitoli originari per alternare armoniosamente le sequenze di combattimento alle fasi esplorative, con queste ultime suddivise a loro volta tra i dialoghi, i lunghi spostamenti appiedati e le scene in cui bisognerà adoperarsi per la risoluzione degli enigmi e dei vari puzzle che costellano la trama. Elementi imprescindibili della narrazione principale e delle sottotrame secondarie, gli enigmi mostrano la faccia migliore del gameplay di Downpour e “obbligano” l’utente a fare fronte al nuovo sistema deputato alla gestione dell’inventario, a cui il povero Murphy potrà attingere per organizzare gli oggetti utili per la risoluzione dei puzzle e null’altro.
Oltre alle cassette di pronto soccorso, alla torcia, ai foglietti raccolti nel diario (che funge anche da mappa e da “dispenser di consigli”) e ai piccoli oggetti a utilizzo singolo per gli enigmi (come le chiavi o i cavi elettrici), infatti, il nostro alter-ego non può trasportare più di un’arma per volta, una scelta radicale presa dagli sviluppatori per accentuare il realismo dell’avventura e la precaria condizione del personaggio principale: tutte le armi di fortuna reperite da Murphy nelle cassette degli attrezzi delle case disabitate o per le strade invase dalla nebbia, per giunta, vanno incontro all’usura e finiscono col rompersi dopo un numero prestabilito di attacchi. L’euforia per l’introduzione di questi importanti elementi simulativi, però, cessa quasi immediatamente una volta constatato quanto possa essere stato superficiale il lavoro compiuto dai Vatra Games nell’integrare questi aspetti nella struttura di gioco complessiva.
Ogni tipologia di arma, ad esempio, paradossalmente arreca lo stesso quantitativo di danni per colpo: a prescindere da qualsiasi fattore legato alla dimensione dell’oggetto, alla presenza della lama o al deterioramento delle parti in legno dell’attrezzo adoperato, il numero di attacchi da portare alla creatura di turno prima di abbatterla non cambia minimamente. Il sistema di combattimento, oltretutto, dimostra un altro, evidente squilibrio nella velocità dei movimenti dei nemici e nella reattività del protagonista: seppur dotati di un’intelligenza artificiale paragonabile a quella di un bruco, i demoni che popolano le strade di Silent Hill dimostrano di possedere un “istinto di sopravvivenza” superiore a quello di Murphy, a giudicare dalla lentezza con cui quest’ultimo reagisce ai loro attacchi.
GRAFICA E SONORO
Figlio del lavoro di ottimizzazione compiuto negli scorsi anni da chi si è occupato dello sviluppo di titoli multipiattaforma con l’Unreal Engine 3, il comparto grafico di Silent Hill: Downpour, nel suo complesso, risulta essere piuttosto gradevole ma mostra tutte le contraddizioni dei progetti a budget limitato. Se da un lato i modelli poligonali dei personaggi a schermo e la “direzione artistica” nella realizzazione delle aree all’aperto e delle location su binari paiono qualitativamente superiori alla media dei titoli analoghi, dall’altro lato l’illogica gestione delle luci ambientali e le criticità ravvisabili negli effetti volumetrici della nebbia (ma anche della pioggia) contribuiscono ad appattire ogni ambiente e ad abbattere, di conseguenza, il livello di immedesimazione e di pathos avvertibile nelle fasi d’esplorazione sandbox e nelle ugualmente importanti scene al chiuso. Il deficitario caricamento in streaming delle texture ambientali e i fastidiosi blocchi nelle fasi di salvataggio automatico fanno il resto e ci restituiscono l’immagine di un progetto macchiato da troppe sbavature grafiche.
Decisamente meno severi sono infine i giudizi sul comparto sonoro, davvero ben realizzato e in grado di illuminare, con la direzione magistrale di Daniel Licht e con l’utilizzo di centinaia di campionamenti relativi alle grida di terrore e ai suoni ambientali, gli sparuti sprazzi emozionali delle scene più forti dell’avventura.
COMMENTO FINALE
Quando il protagonista di un survival horror dimostra di essere meno “sveglio” e reattivo degli zombie che gli danno la caccia, beh, è inutile sottolineare il fatto che qualcosa, nella fase di stesura del canovaccio narrativo e nell’ancor piu delicato processo di sviluppo delle meccaniche di gioco, deve essere andata proprio storta.
La blanda caratterizzazione del personaggio principale e la stucchevole apatia che ne contraddistingue il sistema di combattimento, purtroppo, sono solo due delle tante criticità che i Vatra Games non hanno saputo risolvere prima dell’uscita nei negozi di Downpour.
La lenta e sfilacciata progressione del gameplay, dovuta probabilmente al forte contrasto scaturito dalla fusione forzosa tra gli aspetti action e survival nelle meccaniche di gioco, è infatti l’altro grande problema di un’opera che, a dispetto dei proclami e delle promesse fatte dagli sviluppatori in questi mesi, si dimostra tristemente incapace di risollevare le sorti della storica saga di Silent Hill. E questo, a prescindere dalla ritrovata libertà d’esplorazione e dalla ricchezza indiscutibile degli enigmi legati all’avventura principale e alle sottotrame secondarie.
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