Cresciuta all’ombra di Grand Theft Auto IV e alimentata dalla smisurata voglia di libertà dell’eterogeneo popolo videogiocante di action a mondo aperto, la saga di Saints Row ha saputo ritagliarsi uno spazio sempre più ampio e autonomo nel settore delle avventure sandbox grazie alle coraggiose scelte compiute dagli sviluppatori di Volition per caratterizzare la loro opera fino a renderla completamente indipendente dal destino e dal linguaggio di gioco delle soluzioni concorrenti.
Al terremoto societario causato alla fine del 2012 dal fallimento di THQ, i Volition hanno così saputo contrapporvi la granitica certezza rappresentata dalla forte attrattiva esercitata sugli altri publisher internazionali dall’epopea free roaming dei “loro” Santi, da qui il matrimonio con Deep Silver-Koch Media e la trasformazione dell’ultima espansione pianificata di The Third (Enter the Dominatrix) in un titolo a se stante.
Dopo aver dedicato più di venti ore della nostra vita reale a sviscerare ogni singolo aspetto narrativo, artistico e puramente ludico della galassia virtuale di Saints Row IV, quindi, con la recensione che vi proponiamo quest’oggi cercheremo di capire fino a che punto i Volition, sotto la stretta supervisione dei loro nuovi produttori, sono riusciti a spingersi per estendere gli orizzonti interattivi della loro iconica serie free roaming.
SOTTO ATTACCO
Diversamente dai capitoli precedenti della serie, dove la componente narrativa non era che un semplice apostrofo viola tra le parole “ti ammazzo”e fungeva da mero pretesto per la distruzione e l’anarchia che avremmo dovuto portare sulle strade di Stilwater prima e di Steelport poi, all’interno della bizzarra dimensione videoludica di Saints Row IV la trama è la chiave di volta che sorregge e dà equilibrio all’intera struttura della storia e del gameplay del progetto. Facendo di necessità virtù, i vulcanici autori di Volition hanno tratto vantaggio dalla chiusura di THQ, o più precisamente dalla successiva conclusione degli accordi che prevedevano la produzione di Enter the Dominatrix, per plasmare un nuovo capitolo a se stante riscrivendo il plot narrativo dell’ultima espansione di The Third: la brillante soluzione adottata ha così offerto agli sviluppatori americani una solida base su cui gettare le fondamenta dell’ecosistema di gioco di questo quarto capitolo.
La cifra stilistica di Saints Row IV sta tutta negli eventi che fanno da preambolo all’avventura e che vedono il boss dei Santi alle prese con una pericolosa organizzazione terroristica entrata in possesso di un missile intercontinentale: coperto dall’anonimato della tuta ipertecnologica che lo avvolge dalla testa ai piedi per proteggerlo dalle pallottole nemiche, il coraggioso capo della “violacea banda” di Steelport riesce a sgominare la minaccia terroristica saltando in groppa al missile lanciato contro Washington in un’apoteosi di esplosioni e di rimandi ai disaster movie hollywoodiani “alla Armagheddon”. Ripulito definitivamente il nome della gang dei Saints con questa straordinaria e improbabile operazione paramilitare, il nostro indefesso alter-ego acquisisce così la popolarità necessaria per diventare Presidente degli Stati Uniti. L’idillio tra il popolo americano e il loro nuovo Commander in Chief, però, viene velocemente spezzato dall’invasione in massa degli Zin, degli esseri appartenenti a una razza aliena così evoluta da essere riuscita a sopravvivere alla visione dei due seguiti di Matrix e a utilizzare a proprio vantaggio la soluzione escogitata dalle Macchine della trilogia dei fratelli Wachowski per appropriarsi del pianeta rinchiudendo gli esseri umani in una gigantesca prigione fittizia rappresentata dalla ricostruzione digitale di un mondo perfetto… “troppo” perfetto…
Senza avere nemmeno il tempo per cambiare la moquette allo studio ovale e per dare alla tigre domestica qualche lezione di bon-ton, Mr. President viene così rapito dagli alieni e portato a bordo dell’astronave madre: conoscendo la sua intraprendenza e la pazzia che ne contraddistingue le gesta da ben prima che accettasse il prestigioso incarico governativo, non bisogna certo lanciarsi in particolari esercizi di logica per capire che a lui, e a lui soltanto, spetterà il delicato compito di riportare la pace sulla Terra scardinando la simulazione virtuale degli Zin per indurli a ritornare a casetta.
È essenzialmente questo il motivo per cui sin dalla prima, esilarante frazione della campagna principale assistiamo al più grande dei cambiamenti apportati in sede di trama dai Volition: rispetto ai passati episodi della serie, infatti, in Saints Row IV le vicende legate all’ascesa della gang criminale dei Santi cede inesorabilmente il passo a una sequela di situazioni ai limiti dell’assurdo, di missioni dal taglio volutamente esagerato e da un’operazione di satira videoludica e cinematografica così martellante da non avere eguali nella storia dei videogiochi.
Il citazionismo spinto della storia, però, si mantiene a un livello piuttosto superficiale: il divertimento garantito dalle missioni-parodia e dagli innumerevoli rimandi ai mostri sacri dei videogiochi e del cinema anni ’80/’90 si esaurisce quasi subito e lascia il posto all’indifferenza, specie in chi desidera completare tutte le missioni e le sfide secondarie allontanandosi dalla campagna principale. Pur senza essere profonda o tantomeno “matura”, la chiave comica e ironica della componente narrativa di Saints Row IV riesce però a fare a meno delle volgarità che hanno macchiato l’esperienza videoludica degli utenti di The Third e questo è un inequivocabile punto a favore dell’opera. Abbandonando quelle gratuite esagerazioni legate alla campagna pubblicitaria e all’impostazione data a taluni aspetti del gameplay di The Third (come quelli del dildo viola e delle mosse da luchadores per abbattere gli inermi passanti), gli sviluppatori di Volition sono riusciti a dare ulteriormente peso alla storia e a dare un valido pretesto alle pazzie che l’utente, nei panni del protagonista, è in grado di compiere all’interno della Steelport virtuale ricreata dagli odiati Zin.
IL MONDO È MIO
Volendo dilettarci nello stesso esercizio di citazioni cui si sono lanciati i Volition per dare forma all’esperienza narrativa e all’impianto di gioco di Saints Row IV, possiamo tranquillamente legare l’ultima avventura scavezzacollo dei Santi e del loro improbabile Presidente al folle lavoro compiuto dal cast di Jackass per curare il videoclip di “We Want Fun”. Il comune denominatore della piccola grande gemma metal-festaiola di Andrew W.K. e dell’action a mondo aperto dei Volition, infatti, è la sensazione di libertà e di onnipotenza garantita dalle particolari condizioni ambientali venutesi a creare, e poco importa se queste ultime siano da ricondurre agli acidi assunti dai partecipanti più “birichini” di un rave party notturno o all’adrenalina che scorre nelle vene d’acciaio di un supereroe.
Riuscito a buttare giù le mura invisibili della prigione virtuale degli Zin in cui è stato rinchiuso dopo essere stato strappato di peso dalla poltrona presidenziale dello studio ovale della Casa Bianca, il protagonista di Saints Row IV è un uomo “illuminato” che, per necessità e per spirito d’intraprendenza, è in grado di riscrivere il codice del sistema alla base della simulazione virtuale di Steelport e di acquisire, così facendo, le capacità di uno dei tanti supereroi dei fumetti a cui, fino a prima dell’avvento degli alieni, si era ispirato per redigere i suoi strampalati discorsi alla nazione. Tra una “staffetta saltellante” sui palazzi della città e un’infiltrazione silenziosa in stile Metal Gear, è praticamente impossibile fotografare il lavoro dei Volition senza offrire il fianco agli spoiler sulla trama e sulle pazze avventure che il Presidente è chiamato a vivere per liberare fino all’ultimo membro delle alte gerarchie dei Saints e cercare insieme a loro di lanciare l’attacco finale agli odiati carcerieri provenienti dallo spazio. Per questo, in questa sede non possiamo che limitarci alle “citazioni di merito” legate all’incredibile varietà di opzioni tra cui scegliere per personalizzare la campagna e dare un tocco di unicità alla storia: rispetto al capitolo precedente della serie, ad esempio, il ventaglio di elementi di customizzazione estetica e “funzionale” è stato sensibilmente ampliato con centinaia di nuovi capi di vestiario, di armi modulari e di veicoli (anch’essi personalizzabili), e questo senza contare gli upgrade dei superpoteri e, soprattutto, le missioni e i compiti secondari che gravitano attorno alla storia.
Come le increspature concentriche che si formano sulla superficie cristallina di un laghetto di montagna al lancio di un sasso, però, quasi tutte le attività che l’utente è chiamato a svolgere nella Steelport virtuale degli Zin convergono sulla trama e, per questo, lasciano davvero poco spazio all’immaginazione e alla caratteristica autonomia degli action free roaming propriamente detti. Nonostante il numero smisuratamente elevato di missioni secondarie e di compiti a cui dedicarsi nell’atipica metropoli di Saints Row IV, buona parte del tempo speso nei panni dell’ultra-presidente degli Stati Uniti lo si passa cercando di risolvere la grana degli Zin e non, come dovrebbe accadere in un sandbox “vecchia scuola”, a dedicarsi ad attività accessorie correlate alla scoperta dell’ambientazione, alla cura dei rapporti con i PNG o al miglioramento del proprio equipaggiamento, e la causa di tutto cio’ è facilmente riconducibile alla spaccatura sussistente tra gli elementi vecchi e nuovi dell’impianto di gioco. Col passare delle missioni, i superpoteri acquisiscono una forza e un’importanza tale da sovrastare qualsiasi altra soluzione “classica” basata sull’impiego delle armi e dei veicoli, per quanto buffo e divertente possa essere utilizzarli in maniera estemporanea per sorprendere gli amici o per spezzare la routine (basti citare in tal senso il memorabile fucile Dubstep, il gigantesco robot da assedio o la spada tentacolo di gomma).
Servirsi di una navicella aliena per abbattere il nemico di turno, però, non serve a nulla, se per raggiungere il medesimo scopo basta affidarsi unicamente ai superpoteri dell’eroe; allo stesso modo, nella riconquista dei diversi settori di Steelport il conseguente accesso alle armi e ai veicoli disponibili dai rivenditori di zona assume un’importanza marginale se il nostro alter-ego, volendo, può correre più veloce di qualsiasi supercar e tenere a bada intere ondate di Zin con la sola forza dei suoi pugni. Una più accorta gestione dei poteri e della progressione dei livelli avrebbe di certo contribuito in tal senso a rendere meno aspro il confronto tra gli aspetti del gameplay legati alle sparatorie “classiche” e quelli relativi, appunto, ai nuovi superpoteri presidenziali. A correre in soccorso delle soluzioni adottate dai Volition per erigere il sistema di gioco di Saints Row IV ci pensa però il modulo cooperativo: intraprendendo la campagna con un secondo giocatore, infatti, la frattura tra le diverse anime della giocabilità viene magicamente ricomposta grazie alla possibilità, per entrambi i partecipanti alla partita, di affrontare le missioni principali e le sfide secondarie in un modo decisamente più libero. La presenza ulteriore di una doppia modalità competitiva (la prima legata all’inseguimento “guardie e ladri” in elicottero e in macchina già visto in The Third, l’altra basata su di truce combattimento senza esclusione di colpi) fa del modulo cooperativo di Saints Row IV un vero e proprio “moltiplicatore di divertimento”, specie considerando che le missioni della campagna principale, se affrontate in singolo, a prescindere dal livello di difficoltà selezionato possono essere portate a termine in meno di 10 ore.
GRAFICA E SONORO
Dal punto di vista squisitamente tecnico, il lavoro svolto dai Volition per dipingere il quadro digitale di Saints Row IV mostra il fianco alle critiche per l’evidente obsolescenza del motore grafico e per una serie di soluzioni che definire “atipiche” sarebbe un eufemismo. L’originaria natura di espansione, ad esempio, viene tradita da un layout della città virtuale degli Zin praticamente identico a quello della Steelport di The Third: sempre dall’originaria impostazione di Enter the Dominatrix deriva poi la criticabile scelta dei designer di rappresentare il mondo di gioco perennemente avvolto nella rossiccia luce pulsante delle astronavi aliene, e senza alcun ciclo giorno/notte a scandire il ritmo degli abitanti di una città che, tra l’altro, risulta essere “acefala” e senza personalità. I punti di forza del comparto grafico di Saints Row IV sono davvero pochi e riguardano gli effetti particellari, la fluidità dell’azione e il modo in cui gli autori e gli artisti degli studios americani sono riusciti, con le missioni più ispirate e “atipiche” della campagna principale, a creare dei veri e propri universi paralleli con una propria “identità visiva”.
Di tutti gli elementi grafici, tecnici e artistici in cui i Volition hanno profuso le loro energie per dare forma a questo titolo, però, la parte del leone la fa sicuramente il comparto audio grazie, nell’ordine, a un doppiaggio impeccabile, a una colonna sonora incredibilmente ricca di classici del rock e alla bontà dei brani strumentali scelti per accompagnare le scene di gioco più concitate.
COMMENTO FINALE
Al netto delle “tamarrate” e dell’estremo citazionismo della trama, il progetto di Saints Row IV è profondo, offre molteplici chiavi di lettura ed è uno di quei titoli che finiscono inevitabilmente con lo spaccare i giudizi di pubblico e critica in due fazioni contrapposte: in questo caso, da un lato troviamo chi, giustamente o meno, guarda alla problematica coesistenza dei superpoteri con le armi e le vetture “classiche” dei precedenti capitoli della saga come alla riprova del tentativo dei Volition di proporci un’espansione sotto le mentite spoglie di un titolo venduto a prezzo pieno, mentre dall’altro lato c’è chi, invece, loda gli sforzi profusi dagli sviluppatori per garantirci un’esperienza videoludica originale e una componente narrativa degna di essere apprezzata.
Le controversie sui giudizi predominanti dell’una o dell’altra corrente di pensiero affondano le loro radici sulla duplice natura del titolo e si alimentano delle incongruenze in seno al progetto: nell’oscura dimensione virtuale della Steelport dominata dagli Zin, infatti, alla libertà anarchica del protagonista si contrappone un rigido schema di modalità predeterminate e di sfide che di “libero” hanno davvero poco. Le straordinarie capacità che il Presidente può acquisire ed evolvere nel corso dell’avventura, inoltre, vengono depresse da un sistema di gioco frammentato e da una serie di soluzioni contraddittorie, come quella legata alla progressiva inutilità delle armi e dei veicoli in funzione.
L’impianto di gioco eretto dagli sviluppatori americani, al contrario, ha la forza di trascinare l’utente in un contesto estremamente ricco di eventi a cui partecipare e di missioni da intraprendere, e la storia, con tutto quel malsano umorismo e quelle parodiate situazioni ai limiti della denuncia, è così meravigliosamente spiazzante da provocare sentimenti analoghi a quelli che potremmo avere assistendo in diretta a un duetto tra Alice Cooper e gli Squallor nella giornata conclusiva del festival di Sanremo.
Se avete già avuto a che fare con la combriccola dei Santi e siete in cerca di un titolo che punti tutto sul fattore divertimento senza prendersi troppo sul serio, quindi, Saints Row IV è il videogioco che fa per voi: se però siete tra coloro che guardano per la prima volta a questa saga per lenire i morsi della “fame da GTA V”, probabilmente fareste meglio ad attendere il lancio del ben più serioso e “simulativo” action a mondo aperto dei Rockstar Games.
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