Linger in Shadows è un titolo rilasciato qualche tempo fa sul PlayStation Store che ci ha particolarmente colpito: abbiamo dunque deciso di proporvi un piccolo approfondimento.
Stiamo parlando di Linger in Shadows, graditissimo esperimento condotto dai Plastic, il cui annuncio e relativo materiale a riguardo destò non poco interesse proprio in relazione alla sua funzione, ancor prima che al “genere” d’appartenenza.
Linger in Shadows, senza mezzi termini, è per di più una demo tecnica, definizione che però va stretta a questo piccolo gioiellino confezionato con una passione e una competenza resa palese da una realizzazione davvero particolare. Non a caso proprio i creatori ne hanno dato l’esatta descrizione: Arte Digitale Interattiva. Ma cerchiamo di capire il perché.
Disporre di una quanto più corretta percezione di questo titolo risulta quasi determinante ai fini della sua comprensione: ecco perché gli sviluppatori hanno ritenuto opportuno porre delle doverose premesse, accessibili già nel menù iniziale. Chi si accosterà a questa breve lettura (interamente in inglese), comincerà a comprendere perché la dicitura di ‘demo tecnica’ risulti lievemente stretta: il problema risiede nel modo di percepire questa etichetta e nell’accezione che oggigiorno ha assunto.
Essenzialmente, questo è un mezzo mediante il quale mostrare le capacità di una determinata macchina, ma allo stesso tempo farlo in modo creativo, così da rendere il tutto meno “sofisticato” di quanto in realtà non sia. Insomma, si cerca di coinvolgere non solo addetti ai lavori, ma anche chi si ritiene genericamente un appassionato che però non dispone di specifiche competenze tecniche.
E’ in quest’ottica che va inquadrato questo titolo, ed è qui che entrano intelligentemente in gioco i suoi sviluppatori. Linger in Shadows è un’esperienza, pura e senza compromessi. Ha dalla sua la “fortuna” di non doversi piegare ad alcuna logica di mercato – motivo per cui in molti non riusciranno ad apprezzarlo come si deve – il che consente a chi lo ha concepito di esprimersi come più gli aggrada.
La definizione iniziale affibbiatagli dagli sviluppatori risulta tremendamente calzante: se mai l’Arte è entrata a stretto contatto con il medium videoludico, indubbiamente Linger in Shadows risulta uno degli emblemi più rappresentativi di questa fortunatissima collisione.
Arte che si esplica attraverso un continuo connubio tra poesia visiva e uditiva in movimento, il cui apice non viene raggiunto poiché di per sé un “apice”. Indugiare sulle ombre (questo è ciò che significa il titolo) e non solo, ci rende partecipi di un’esperienza davvero atipica e sorprendentemente piacevole. Ci “costringe” ad un approccio tutt’altro che superficiale; ci induce a soffermarci praticamente solo sui particolari e non su tutto il resto.
Emergono numerose tematiche dalla fruizione di questa esperienza, alcune chiare, altre che necessitano di una più approfondita speculazione. Viene fuori per esempio l’esigenza di una grafica sempre più asservita allo stile che alla mera potenza, a differenza di ciò che avviene oggigiorno, in cui si assiste a questa sempre più sfrenata corsa al “realismo assoluto”.
I Plastic ci riconducono (o quantomeno provano a farlo) su una via che, salvo rare eccezioni, sta andando smarrendosi da tempo, ovverosia: che farsene dei videogiochi se questi tentano di emulare, con annessi e connessi, una realtà che a priori non gli appartiene?
La creatività, la fantasia, l’estro geniale, questi sono e devono necessariamente essere gli elementi alla base di un qualsiasi progetto videoludico, le cui premesse rispondono proprio a questo genere di esigenze. Eppure, al tempo stesso, non svilisce quanto di buono ci sia al di fuori del contesto attorno al quale orbita: in questo settore può e deve esserci spazio per tutto e per tutti, nonostante le inevitabili prevalenze.
Si sente il bisogno di un Gears of War, come se ne sente di un qualsiasi Zelda. Solo che Linger in Shadows ci ricorda che esiste altro, quell’altro i cui benefici, anche se in maniera indiretta, ricadono sull’intero settore. Un piccolo sogno ad occhi aperti che ci cattura e poi ci lascia lì, estasiati quanto basta da non avere rimpianti e con qualche piccola domanda in più sul perché questo mondo ci piace così tanto.
Per chiudere, so che molti si staranno ancora chiedendo “sì, ma di che tratta il gioco?”, ma volutamente ho glissato su questo aspetto – d’altra parte questa non è affatto una recensione, dato che questo non è affatto un gioco. Mettiamola così: la mia è una sottile invettiva, generica se vogliamo, nonché un invito a capire da voi di cosa stia parlando. Chi sarà mosso da sincero interesse, non perderà altro tempo; d’altra parte bastano 3 “euri”: senza tessera universitaria manco al cinema riesco ad andare con questa cifra…