Dopo il primo Shadow of Chernobyl la Zona torna a inquietarci coi suoi mostri e i suoi misteri, in un prequel dalle caratteristiche simili al suo predecessore temporale, dal quale gli sviluppatori GSC Game World hanno estratto i punti di forza tentando allo stesso tempo di colmarne le lacune lamentate dai giocatori.
In un mondo dove anche camminare può risultare fatale, lo Stalker di turno si trova a muoversi dentro un ibrido tra gioco di ruolo, FPS e free roaming, nel quale perdersi tra le innumerevoli possibilità aperte da missioni di tutti i tipi e armi da collezionare e perfezionare a proprio gusto.
Ma bando alle ciance: andiamo a scoprire insieme se Clear Sky riesce veramente nel proprio intento di migliorare quanto visto in Shadow of Chernobyl.
La Zona non perdona
In questo prequel del primo S.T.A.L.K.E.R. il giocatore si trova nei panni di Scar, uno Stalker investito da una potente emissione mentre è impegnato ad accompagnare alcuni scienziati in una missione: Scar riesce misteriosamente a sopravvivere alle radiazioni letali e viene portato presso la Clear Sky, luogo dove un manipolo di brillanti menti tenta di capire cosa si nasconde dietro gli avvenimenti della Zona.
Scar sarà messo al corrente dei propri poteri di semi-immunità alle emissioni, sfruttando i quali gli abitanti della Clear Sky gli chiedono di aiutarli nelle loro pericolose ricerche, contrastate anche dagli altri gruppi di umani presenti nella Zona.
Diversi luoghi del gioco risultano sicuramente familiari a chi ha già giocato al primo capitolo, vista la loro presenza in Shadow of Chernobyl: l’unica differenza è costituita dalla presenza del supporto alle librerie DirectX 10, sulle quali il gioco fa leva per migliorare la resa visiva, oltre a delle texture di primissima qualità.
Ma della grafica parleremo più avanti, intanto se per chi ha già conosciuto S.T.A.L.K.E.R. questo prequel non sarà nulla di particolarmente sconosciuto, lo stesso non si può dire per chi non ha giocato a Shadow of Chernobyl, visto che l’assenza di un tutorial di gioco completo potrebbe pesare sulla curva di apprendimento del giocatore, visto anche l’elevato livello di difficoltà caratteristico della serie che sicuramente non giova al rapido impratichirsi.
Dal punto di vista del gioco in sé, l’intento degli sviluppatori è stato evidentemente quello di spostare le meccaniche verso un genere più ruolistico, aprendo al giocatore una vasta gamma di possibilità che se da un lato affascinano con la loro straordinaria varietà, dall’altro rischiano di finire per disorientare: capita infatti che con un carico di missioni elevato si rischi di fare confusione tra queste, vedendosele assegnare e rimuovere in automatico dalla CPU finendo per capire poco di quanto accade.
Scontri sempre spettacolari
Come nel primo capitolo, i conflitti a fuoco di Clear Sky si dimostrano sempre spettacolari, tra i migliori mai visti in un videogioco sia dal punto di vista tecnico sia da quello dell’esperienza di gioco, soprattutto grazie a un’intelligenza artificiale in grado di sorprendere continuamente il giocatore con strategie differenti a seconda della situazione: anche i più duri hanno pane per i propri denti.
A dircela tutta l’IA è anche troppo brava negli scontri, dato che raramente capita che sbagli la mira con una pistola o fucile o che lanci una granata lontano dall’obiettivo: il rischio è quello di incappare nella classica frustrazione di chi tenta in tutti modi di sorpassare un determinato punto del gioco senza riuscirvi.
Al centro delle innumerevoli missioni vi è come al solito la ricerca degli Artefatti, oggetti con i quali ottenere bonus e poteri speciali. Il loro ritrovamento è stato reso più difficile rispetto al primo capitolo della serie, con la necessità di utilizzare a dovere il detector in dotazione a Scar per individuarne la posizione: anche in questo caso troviamo luci e ombre, visto che riuscire a conquistare un Artefatto si rivela più complicato di quanto ne valga effettivamente la pena.
Una nota sicuramente gradita è l’introduzione degli spostamenti rapidi ottenibili grazie a delle apposite guide presenti qua e là per la Zona: similmente a quanto già visto in Oblivion è ora possibile spostarsi da un luogo all’altro senza stare a percorrere ampi spazi facendo uso delle sole gambe.
Un motore non per tutti
La pesantezza del motore grafico di Shadow of Chernobyl torna ad affliggere anche Clear Sky, rendendo le prestazioni del gioco tra le più esigenti sul mercato in termini di richieste hardware.
Probabilmente tutti ci aspettavamo il riproporsi di tale problematica, anche se la speranza era quella di poter vedere almeno una certa ottimizzazione nelle meccaniche 3D, cosa che purtroppo non è avvenuta.
Dal punto di vista estetico invece niente da dire, a patto nuovamente di poter contare su un PC dotato di componenti di ultimissima generazione. Il sonoro fa pienamente il suo dovere, con un doppiaggio nella norma e degli effetti sonori più che convincenti.
Una piccola tirata d’orecchie la meritano i requisiti minimi, identificati in un Intel Pentium 4 2.0 Ghz / AMD XP 2200+ con 512MB di RAM e scheda video da 128 MB compatibile DirectX 8.0: a meno che non si voglia giocare con una grafica in stile 8-bit una configurazione del genere è decisamente inadeguata per Clear Sky.
Commento finale
Giudicare Clear Sky non è stato affatto facile. Dovendo trarre necessariamente delle conclusioni possiamo dire che è un prodotto che o si ama o si odia senza mezze misure, allo stesso modo del suo predecessore Shadow of Chernobyl, con cui il paragone è d’obbligo.
I difetti di quest’ultimo risultano limati nell’esperienza di gioco del prequel, che però non riesce a convincere pienamente a causa proprio delle aggiunte apportate, le quali rischiano di creare non poca confusione e disinteresse nella mente del giocatore.
Il risultato è che chi ha gradito il primo S.T.A.L.K.E.R. troverà appassionante e migliorato Clear Sky, mentre viceversa chi non ha amato Shadow of Chernobyl difficilmente gradirà questo nuovo prodotto di GSC Game World.