Nella calda estate che gli appassionati di videogiochi stanno passando (o lo faranno a breve) in compagnia degli zombie di Deadlight, delle monete d’oro di New Super Mario Bros. 2, delle anime in pena di Darksiders II e degli atleti virtuali di London 2012, quello di Sleeping Dogs è senza ombra di dubbio l’appuntamento più importante e atteso dagli amanti di action/sandbox.
Risorto dalle ceneri come una fenice, il progetto del fu True Crime: Hong Kong si è evoluto nel tempo per consentire agli sviluppatori canadesi di United Front Games di poter attualizzare il comparto grafico, il plot narrativo e buona parte delle meccaniche di gioco del titolo originario senza però intaccarne l’impostazione “alla GTA” che tanto ha pagato, in termini qualitativi e di vendite, a chi in passato si è speso per regalare agli utenti un’esperienza di gioco libera in una dimensione open-world con decine di missioni e di compiti secondari a dar manforte alla campagna principale (basti pensare al successo di Just Cause e Saints Row).
Le problematiche legate al lungo processo creativo concretizzatosi con Sleeping Dogs sono però state al centro delle discussioni sorte nei mesi scorsi in occasione dei tanti appuntamenti organizzati da Square Enix per dare visibilità mediatica alla propria creatura, come nel caso dell’anteprima milanese seguita dal nostro Antonio: le puntuali considerazioni che in quella sede facemmo sul potenziale di questo intrigante progetto, dalla bontà del sistema di combattimento al volume di azioni da intraprendere nei panni del protagonista, danno il senso delle speranze nutrite dagli appassionati nei tre anni intercorsi tra l’annuncio del titolo e la sua effettiva commercializzazione.
Con la recensione di Sleeping Dogs che vi proporremo quest’oggi, quindi, cercheremo di offrirvi un resoconto dettagliato delle sensazioni provate nelle ultime settimane passate per le strade virtuali della scintillante Hong Kong disegnata dagli United Front per dare forma alla loro ultima opera.
LA DURA VITA DELL’INFILTRATO
Il canovaccio narrativo di Sleeping Dogs, salvo pochi distinguo relativi a qualche personaggio secondario, è rimasto sostanzialmente invariato e analogo a quello di True Crime: Hong Kong. Al centro dell’esperienza di gioco attorno al quale verte tutta la trama, infatti, c’era e continua ad esserci la misteriosa figura di Wei Shen, un detective ritornato dagli Stati Uniti per poter entrare a far parte di un’operazione segreta volta a destabilizzare i vertici delle famiglie mafiose che controllano la metropoli cinese e i suoi traffici di droga, di armi e di clandestini.
Con la scalata ai vertici della Triade che il detective Shen dovrà compiere infiltrandosi nella malavita organizzata della sua città natale, però, gli autori di United Front Games hanno ben pensato di plasmare una storia di sospetti e di dubbi costruita, una missione dopo l’altra, come in film d’azione hollywoodiano degli anni ’80: la linea sottile che divide la vita da poliziotto e quella da criminale dell’antieroe impersonato dall’utente, infatti, col passare delle ore di gioco tende sempre più ad attorcigliarsi formando dei nodi in corrispondenza delle scelte compiute dal protagonista per rimanere nella legalità o per abbracciare la sua nuova “famigghia”. In Sleeping Dogs, di conseguenza, nulla è come appare: nei rapporti di amicizia e “di lavoro” intessuti da Wei con i membri della propria gang, con i suoi superiori del Comando centrale di Polizia o con la ragazza di turno innamorata del “bel tenebroso”, dietro ad ogni parola si nascondono centinaia di frasi non dette.
Pur riuscendo a inanellare una serie innumerevole di colpi di scena, la campagna principale dell’ultima fatica degli sviluppatori canadesi paga con una scarsa longevità lo scotto del lungo processo creativo e dell’impostazione squisitamente free-roaming della giocabilità: all’ottima caratterizzazione dei personaggi secondari fa così da triste contraltare un’insufficiente profondità narrativa dato che purtroppo, in molte occasioni, per mancanza di spazio e di tempo da concedere alla trama sembra quasi che i dialoghi si trasformino in una sorta di siparietto con cui introdurre gli eventi della missione da svolgere subito dopo. Prescindendo dai compiti secondari e dalle azioni accessorie per il potenziamento del proprio alter-ego, infatti, bastano poco più di dieci ore per completare la storia: diversamente dagli altri action sandbox dove il plot narrativo e le missioni secondarie corrono su due binari paralleli, comunque, in Sleeping Dogs il dualismo tra l’esperienza criminale e poliziesca di Wei Shen gioca un ruolo, se possibile, persino superiore a quello della trama principale perchè consente all’utente di conoscere aspetti fondamentali del passato del protagonista e delle persone a lui più vicine. Grazie alla libertà espositiva delle missioni secondarie, la linearità della storia riesce così a guadagnare quel dinamismo necessario per indurre l’utente a sperimentare soluzioni sempre nuove servendosi della multiforme impalcatura di gioco eretta dagli sviluppatori.
GUARDIE E LADRI
Per dare forma al poliedrico gameplay di True Crime: Hong Kong prima e di Sleeping Dogs poi, gli sviluppatori di United Front Games hanno attinto a piene mani dall’esperienza di gioco offerta dai migliori titoli dei generi associabili, direttamente o indirettamente, a quello degli action sandbox. Tralasciando gli aspetti relativi al plot narrativo e al modo in cui quest’ultimo si dipana nel corso dell’avventura per caratterizzare gli eventi della campagna principale e delle sottotrame secondarie, tutti gli altri elementi prettamente “ludici” di Sleeping Dogs confluiscono in tre, grandi “aree di influenza” legate sinteticamente al sistema di combattimento, alla gestione simil-ruolistica dei potenziamenti e alla libertà d’esplorazione.
Con l’aiuto delle sessioni di motion capture eseguite dal campione di arti marziali miste Georges St-Pierre per trasferire ingame le sue mosse spaccaossa, gli autori canadesi hanno dotato Wei Shen di un “vocabolario delle mazzate” così forbito da prevedere prese aeree e a terra, esecuzioni, calci rotanti, contrattacchi elusivi e “mosse finali” basate sull’interazione con gli elementi “sensibili” dell’ambiente circostante (la saracinesca di un negozio, il forno di un panettiere, le pale di un ventilatore e chi più ne ha più ne metta). Oltre ad essere un maestro di arti marziali, come in ogni titolo dal taglio hollywoodiano che si rispetti il nostro alter-ego è però anche un abile pistolero: per affrontare gli sgherri della Triade di Hong Kong, il protagonista dell’avventura sarà infatti in grado di passare con disinvoltura dalle armi leggere a quelle pesanti, ma anche di servirsi delle coperture dinamiche, di entrare in modalità bullet-time e di sparare da un’auto in corsa. Più che a titoli culturalmente “vicini” come Stranglehold, il titolo sembra guardare invece alla tradizione degli action occidentali come quella dei due Batman sfornati dagli studi Rocksteady o come quella dell’ultimo capitolo di Max Payne.
Decisamente più “ruolistico” del sistema di combattimento di Sleeping Dogs è invece il meccanismo legato alla progressione del personaggio, basato sull’acquisizione di punti che, suddivisi in barre consultabili in ogni momento dal menù di pausa, col passare delle ore di gioco tengono conto del livello raggiunto dal proprio alter-ego portando a termine le operazioni in incognito della trama e i compiti secondari: guadagnando esperienza con le missioni da criminale, con quelle da poliziotto e con i compiti estemporanei effettuati per gli abitanti di Hong Kong, infatti, si riescono a sbloccare dei “bonus” di vario tipo, dalla possibilità di rubare una macchina senza far scattare l’allarme agli sconti per acquistare cibo e vestiti nei negozi controllati dalla Triade.
Il vero cuore pulsante del titolo sta però nel ricco ecosistema di azioni da compiere in completa libertà per le scintillanti strade di Hong Kong, con un ventaglio di opzioni che si estende dalle gare clandestine alla raccolta degli oggetti collezionabili, dalla ricerca dei gruppi di criminali e spacciatori alla pura e semplice “esperienza digitale” tra negozi, karaoke e passeggiate in compagnia di gentili donzelle contattate con il proprio smartphone plurifunzione. Come in ogni action sandbox, comunque, non tutto va come dovrebbe: oltre dalle già citate problematiche sulla longevità e sulla trama, infatti, nell’universo virtuale di Sleeping Dogs è impossibile non rimanere delusi dall’irrealistico metodo di speronamento delle auto in corsa così come dalla semplicistica guida in moto, dallo scarso livello di difficoltà dei combattimenti a mani nude, dai frequenti bug nella gestione delle collisioni e, soprattutto, dal traumatico approccio adottato dagli sviluppatori per dare forma al sistema di coperture dinamiche nelle sparatorie.
GRAFICA E SONORO
Il comparto grafico di Sleeping Dogs è l’aspetto dell’opera che più di ogni altro, e nel modo più evidente, manifesta le difficoltà di sviluppo incontrate dagli United Front Games negli anni del traumatico passaggio di publisher da Activision a Square Enix: il contrasto tra la rifinita caratterizzazione estetica dei personaggi principali e le anonime fattezze dei criminali e dei nemici comuni è solo la punta di un iceberg di incertezze grafiche che, prese nella loro interezza, macchiano in modo ingiustamente pesante il lavoro compiuto dai designer. Considerando però la problematica gestazione del progetto e lo sforzo profuso da chi si è prodigato per portare a compimento un titolo destinato a non vedere mai la luce dei negozi, vale la pena ringraziare gli artisti di Vancouver per essere riusciti a disegnare delle ambientazioni tanto pittoresche da sembrare vive: ogni zona esplorabile ha una sua fisiognomia che la distingue dalle altre e invoglia gli utenti a lanciarsi all’avventura senza badare troppo ai bug e alle scarne texture dei grattacieli in lontananza.
L’altalenante qualità dell’impianto grafico, grazie al cielo, viene meno in ambito sonoro per lasciare il posto a una granitica rappresentazione della realtà di strada della vecchia colonia inglese con brani classici della millenaria cultura orientale alternati a canzoni moderne di ogni genere (dal teen pop al death metal, ce n’è davvero per tutti i gusti). Non meno importante, ai fini dell’immedesimazione, risulta poi essere il doppiaggio, ottimo sia in inglese che in madrelingua (ma con la possibilità di selezionare i sottotitoli in italiano).
COMMENTO FINALE
La scintillante città che fa da sfondo alle vicende di Sleeping Dogs, come la fenice risorta dalle ceneri dell’originario progetto di True Crime, è un essere vivente che respira e reagisce dinamicamente alle sollecitazioni degli utenti: grazie al multiforme impianto di gioco eretto dagli United Front Games, l’intraprendente e pericoloso percorso che Wei Shen si ritrova costretto a compiere per farsi un nome nella malavita di Hong Kong regala un’esperienza di gioco adrenalinica e, a tratti, persino emozionante.
Pur senza prodursi in slanci di originalità capaci di lasciare il segno nell’agguerrita dimensione degli action sandbox e nei cuori dei tanti appassionati di titoli “alla GTA”, Sleeping Dogs risulta essere comunque un titolo più che mai solido che riesce a divertire senza però mai raggiungere in nessun ambito le vette qualitative delle soluzioni concorrenti, se non per la caratterizzazione artistica dei personaggi secondari e per lo splendido affresco offerto dalla città.
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