Dopo essere scampati per miracolo al fallimento a causa del flop commerciale (e di critica) rappresentato da quel colosso dai piedi d’argilla chiamato RAGE, i vertici della nuova id Software post-John Carmack sfidano nuovamente i pregiudizi e le malelingue di chi dava per imminente la chiusura di questa storica compagnia per riportare in auge la saga di DOOM imbarcandosi assieme a Bethesda nel progetto di un reboot per PC e console current-gen che il solo parlarne farebbe tremare le gambe anche al più navigato degli sviluppatori.
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Confrontarsi con un una proprietà intellettuale così importante non è mai semplice, specie se lo si fa con l’incosciente e un po’ folle ambizione di riproporre le frenetiche dinamiche sparatutto “old school” del capitolo originario per stimolare le menti e i polpastrelli dei milioni di fans cresciuti a pane e bulbi oculari strappati a schiere di Cacodemoni. Le circa 25 ore di gioco che abbiamo trascorso su Xbox One a combattere i demoni di DOOM, però, ci hanno restituito l’immagine di un titolo incredibilmente fluido e capace di affrontare brillantemente i fantasmi del suo passato, seppur con dei distinguo che cercheremo di illustrare nel corso di questa recensione.
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COSA CI PIACE
Frenetico, cruento e fluido come pochi
Le “note digitali” utilizzate dai ragazzi di id Software per far cantare il gameplay di DOOM producono una vera e propria sinfonia di scontri a fuoco e di azioni corpo a corpo da cui è difficile staccarsi anche dopo ore ed ore di gioco, e questo non per la logica assenza di una componente narrativa e di una trama degna di definirsi tale ma perchè tutto, all’interno dell’universo splatter-horror di questo rifacimento per PC e console current-gen, è studiato per sollecitare i sensi degli appassionati attraverso la pura e semplice esperienza sparatutto.
Nel corso della campagna principale, ad esempio, ogni missione affidataci da qualsivoglia PNG o voce narrante spinge il nostro impavido alter-ego a combattere frontalmente orde sempre più arcigne e numerose di demoni corazzati senza porre alcun compito “intermedio” oltre a quello, assolutamente facoltativo, di ottenere gli oggetti collezionabili posizionati in aree secondarie della mappa da raggiungere facendosi largo a colpi di fucile a pompa.
Proiettati al passato per rimanere fedeli alle dinamiche sparatutto della serie ma con lo sguardo perennemente rivolto al futuro, i ragazzi di id Software traggono spunto e ispirazione dalla collaborazione con Bethesda per irrobustire ulteriormente il gunplay del “nuovo” DOOM implementando elementi presi di peso dai giochi di ruolo “alla Fallout”, su tutti il sistema di gestione ed evoluzione delle armi (attraverso due innesti modulari e intercambiabili) e degli elementi che compongono l’armatura Praetor indossata dall’eroe.
Nel solco di questa “evoluzione silenziosa” si inseriscono così i miglioramenti all’equipaggiamento e la maggiore varietà di armi e di strumenti da utilizzare nel corso della “storia”, ad esempio con l’introduzione delle esecuzioni corpo a corpo attraverso delle fluide animazioni legate all’utilizzo delle armi e, naturalmente, delle nude mani e dei piedi del protagonista: aggiungete a tutto questo la totale mancanza di un sistema di coperture e di ricarica, il frequente ricorso alle piattaforme di salto per sfruttare la verticalità delle mappe e l’utilizzo costante di power-up e abilità passive per avere la meglio contro le orde di demoni e capirete perchè le 15-20 ore di longevità offerte dalla campagna singleplayer di DOOM sembreranno volare via come gli arti delle creature che oseranno avvicinarsi troppo al vostro alter-ego.
Graficamente appagante
Tuffandoci nell’apocalisse cyberpunk delle installazioni di ricerca marziane invase dai demoni e nel sanguinolento budello di tunnel che s’intrecciano nell’universo demoniaco di DOOM non si ha molto tempo per contemplare il lavoro profuso da id Software per disegnare le ambientazioni claustrofobiche dell’avventura in singolo e delle mappe multiplayer, eppure non si può non lodare l’impegno con cui i designer texani si sono spesi per dipingere un così contorto e meravigliosamente malsano quadro di orrore e disperazione in salsa splatter-horror.
Pur offrendoci un’interpretazione dell’Inferno estremamente convincente e immersiva, il comparto grafico di DOOM è però piegato alle esigenze dell’esperienza di gameplay, come ben dimostrano gli interventi compiuti dai designer e dai programatori di id Software per mantenere una granitica fluidità di gioco su PC e console current-gen ancorando la frequenza di aggiornamento delle immagini a schermo sui 60 frame al secondo. L’ottimizzazione spinta del motore grafico, naturalmente, limita in maniera considerevole l’utilizzo di effetti evoluti nell’illuminazione dinamica, nei particellari e nei filtri, mostrando il fianco a fastidiosi fenomeni di pop-up e di ritardo nel caricamento delle texture e dei modelli poligonali più lontani.
Per quanto riguarda il comparto audio, infine, l’utilizzo delle versioni rimasterizzate dei brani dei precedenti capitoli della serie e la presenza di un evoluto doppiaggio (in madrelingua e in italiano) contribuiscono a rendere più immersiva e appagante l’esperienza sparatutto offerta dall’avventura in singolo e dalle sfide del comparto multiplayer di DOOM.
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La duttilità dell’editor di mappe
Come se non bastassero le 15-20 ore di gioco della campagna principale e le decine di ore regalate dal modulo in rete, a rendere ancora più interessante e variegata l’esperienza ludica offerta da DOOM ci pensa SnapMap, l’editor di livelli messo a disposizione di tutti coloro che decidono di immergersi in questa violenta dimensione splatter-horror a prescindere dalla propria piattaforma di riferimento.
Grazie ai poliedrici tool di SnapMap possiamo infatti creare e assemplare rapidamente delle mappe customizzate scegliendo le modalità di gioco, gli obiettivi e gli elementi di arredo di ciascuna stanza, agendo su centinaia di oggetti, di effetti particellari e di elementi logici per costruire i nostri livelli customizzati senza alcuna limitazione di sorta, e questo grazie alla libertà offertaci dai programmatori di id Software nell’impostare il comportamento delle trappole, il posizionamento delle postazioni di ricarica, la frequenza di aggiornamento dei power up e persino l’atteggiamento assunto dai nemici che popolano lo scenario.
Tutte le mappe create con SnapMap possono essere condivise gratuitamente con gli altri appassionati mediante un comodo portale dedicato alla community con annessa “vetrina digitale” visivamente simile alla dashboard di Xbox One che pone in evidenzia i livelli più scaricati dai fans e le mappe selezionate dagli sviluppatori. Solo il tempo, però, ci dirà se gli utenti continueranno a creare e a sperimentare con SnapMap servendosi dei tool attualmente a loro disposizione e tutti gli strumenti che gli autori texani promettono di implementare gratuitamente all’interno dell’editor nel corso dei prossimi mesi.
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COSA NON CI PIACE
Gameplay e livelli a volte ripetitivi
Pur offrendo un’esperienza di gioco estremamente frenetica e in grado di divertire per ore ed ore, la campagna principale di DOOM è ben lontana dall’essere perfetta: la qualità del level design, ad esempio, non è affatto omogenea e mostra il fianco a più di una critica, specie nella caotica collocazione delle aree che compongono ciascuna ambientazione.
Le incongruenze nella costruzione degli scenari e nella progressione della storia si riflettono negativamente sulle dinamiche sparatutto, con battaglie rese ripetitive dalla scarsa alternanza tra aree platform e zone piene di nemici ed esecuzioni corpo a corpo alla lunga stancanti. La scarsamente evoluta intelligenza artificiale dei nemici, inoltre, non aiuta a mascherare questi difetti e, anzi, tende a renderli sempre più evidenti all’aumentare del livello di difficoltà e del numero di avversari da combattere in contemporanea.
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Multiplayer poco bilanciato
Una volta entrati nella dimensione multiplayer di DOOM dopo aver combattuto le schiere demoniache della campagna principale, bastano poco per intuire il grande lavoro svolto dagli autori americani per soddisfare le richieste dei cultori della serie e, più in generale, degli FPS in rete attraverso un ricco ventaglio di sfide che comprende ben sei modalità specifiche (Mietitore d’anime, Congelamento, Via della guerra, Dominazione, Arena clan e il caro, vecchio Deathmatch a squadre), ciascuna studiata per esprimere al meglio le adrenaliniche meccaniche sparatutto del titolo e il level design delle nove mappe disponibili al lancio.
L’impegno profuso dal team texano per erigere la complessa impalcatura delle sfide e delle modalità della componente in rete di DOOM, però, non trova giustificazione nella scelta di introdurre un sistema di evoluzione delle abilità che non tiene conto dell’esperienza acquisita da ciascun utente: l’illogica collocazione di power-up capaci di rovesciare le sorti di un’intera battaglia contribuisce a stravolgere ulteriormente il gunplay sbilanciandolo in maniera innaturale e trasformando ciascuna battaglia in una bieca corsa al potenziamento. Solo una robusta iniezione di patch correttive e di contenuti inediti consentirà a DOOM di rivaleggiare sul medio-lungo periodo contro gli FPS multiplayer e gli arena shooter più moderni, specie considerando le grandi potenzialità dell’editor SnapMap e le opzioni offerte da questo generatore di mappe per tutti coloro che vorranno creare e condividere sfide competitive e cooperative all’insegna dell’originalità.
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CONSIDERAZIONI FINALI
Il “nuovo” DOOM di id Software si presta a molteplici chiavi di lettura, tutte legate indissolubilmente al capolavoro originario e alla forte influenza che il kolossal “dei due John” (Carmack e Romero) continua a esercitare su chi ha sviluppato questo reboot del 2016 e, soprattutto, su chi lo giocherà sulla propria piattaforma current-gen preferita.
Gran parte del lavoro svolto dagli autori texani si pone in continuità con quanto fatto nel ’93, dall’assoluta preponderanza del gameplay sulla trama alla scelta di piegare le sfide affrontate nei livelli dell’avventura in singolo e nelle mappe multiplayer alle sacre regole dell’immediatezza e della fluidità apprese come un mantra da chi ha passato la propria adolescenza (e non solo) negli universi digitali dei primi arena shooters.
Al netto delle problematiche riscontrate nella ripetitività delle esecuzioni corpo a corpo, in un level design poco intuitivo e nella squilibrata gestione dei potenziamenti nelle sfide competitive in rete, DOOM riesce infatti a dimostrare il suo valore e ad appagare i sensi degli appassionati di FPS grazie ad un solido impianto di gioco, a un’atmosfera da urlo, a una fluidità impareggiabile e alla grande libertà creativa garantita dall’editor SnapMap, tutti elementi che contribuiscono in maniera determinante a esaltare l’esperienza di gameplay complessiva e a giustificare gli sforzi compiuti dai ragazzi di id Software per dare forma a questo degno reboot.
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