Unravel: la recensione

Il toccante platform di Coldwood Interactive è disponibile su PC, PS4 e Xbox One: Blogo vi propone la recensione dell'ultima, sorprendente proprietà intellettuale di Electronic Arts
Unravel: la recensione
Il toccante platform di Coldwood Interactive è disponibile su PC, PS4 e Xbox One: Blogo vi propone la recensione dell'ultima, sorprendente proprietà intellettuale di Electronic Arts

Da appassionati di videogiochi, prima ancora che da critici del settore e da semplici osservatori, non ci possiamo certo lamentare dei titoli propostici dalle major del settore e dagli sviluppatori “underground” in questo inizio di 2016: tra kolossal tripla A e progetti indipendenti, con l’arrivo del nuovo anno abbiamo assistito (o assisteremo a breve) al lancio di titoli come XCOM 2, The Witness, Naruto Shippuden Ultimate Ninja Storm 4, Street Fighter V, Far Cry Primal, The Division e Adr1ft.

In un simile, atipico contesto di opulenza videoludica post-natalizia si inserisce la poetica dimensione di Unravel, che con il tenero Yarny – e i suoi innumerevoli cloni di lana – ha saputo ritagliarsi un posto speciale nel cuore degli spettatori dell’ultimo E3 e delle principali manifestazioni di settore avvenute dalla seconda metà del 2015 ad oggi.

Prodotta da Electronic Arts e sviluppata dagli studios svedesi di Coldwood Interactive, l’avventura piattaformosa che terrà a battesimo questa nuova proprietà intellettuale promette di svecchiare il genere attraverso un canovaccio narrativo intimistico, un sistema di gioco basato sull’interazione fisica con gli elementi che compongono lo scenario e una cura maniacale negli aspetti artistici e stilistici che caratterizzano l’opera. Cerchiamo allora di scoprire se l’ultima fatica digitale di Coldwood Interactive merita o meno di essere citata nel novero delle produzioni videoludiche più importanti di questo ricco inizio d’anno.

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COSA CI PIACE

Gameplay semplice ma divertente

Il sistema di gioco di Unravel trae spunto dall’ingenuità del personaggio di Yarny per porlo al centro di un’avventura che fa dell’esperienza emotiva, prima ancora che ludica, la sua arma più affilata. Impersonando questo pupazzo di lana di 20 centimetri, lo scopo principale dell’utente è infatti quello di riannodare il filo dei ricordi della vecchietta intravista nel trailer d’apertura ripercorrendo le gesta compiute dai suoi cari attraverso dei flashback narrativi ambientati negli scenari ammirati nelle foto custodite nel salotto dell’anziana signora.

Lo stratagemma narrativo escogitato dagli autori di Coldwood Interactive si riflette sulle dinamiche di gioco, che logicamente rimangono a un livello piuttosto superficiale e semplice da digerire da chi, come l’innocuo Yarny, si trova costretto a servirsi delle sue limitate capacità per rimettere insieme il puzzle dei ricordi della famiglia a cui appartiene: la semplicità che permea la storia di Unravel diviene così il principale punto di forza del suo ecosistema di gioco di Unravel, merito del lavoro svolto dagli sviluppatori svedesi nel caratterizzare le sessioni di gameplay affrontate nei livelli che compongono la storia senza appesantirla con inutili trovate che poco avrebbero avuto a che fare con la poetica avventura intrapresa da Yarny.

Meccaniche platform ben calibrate

L’impalcatura di gioco di Unravel poggia interamente sulle meccaniche platform rese possibili dal motore fisico utilizzato dai Coldwood Interactive per permetterci di interagire con le ambientazioni della storia: quasi tutti gli elementi di arredamento degli scenari urbani o casalinghi, così come i rami e i frutti dei livelli immersi nella natura, possono essere manipolati, piegati o spostati dal nostro intrepido pupazzetto rosso per progredire nella trama e ricercare i bottoni e le immagini eteree dei ricordi di famiglia della vecchietta da cui tutto è scaturito.

Nel corso dell’avventura bisogna infatti utilizzare il filo di lana che avvolge il corpicino di Yarny per creare trampolini di fortuna con cui aumentare l’altezza dei salti, stendere cavi sospesi per raggiungere piattaforme rialzate, spostare leve e meccanismi vari tirando una corda appena annodata, scalare pareti impervie e utilizzare il peso del proprio personaggio oscillando all’estremità di un lazo per eludere creature o superare precipizi.

La grande varietà di azioni da compiere servendoci del filo di lana di Yarny dona originalità al tutto e rende ancora più interessanti le scelte compiute dagli sviluppatori svedesi nel dare forma agli scenari e agli enigmi ambientali incontrati di livello in livello, e questo nonostante col passare delle ore di gioco si tenda ad acquisire un certo automatismo nelle mosse da fare per risolvere i puzzle e proseguire nella storia.

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Grafica e sonoro splendidi

Bastano davvero pochi minuti di gioco per accorgersi del titanico lavoro svolto dai Coldwood Interactive nel dipingere il meraviglioso quadro digitale di Unravel: i livelli propostici alternano armoniosamente l’esplorazione di aree urbane a intense sessioni platform tra i boschi e i paesaggi naturali della Scandinavia, il tutto osservato con gli occhi ingenui e sognanti del piccolo Yarny.

La bellezza artistica ed estetica dell’opera, inoltre, non è assolutamente fine a se stessa come in taluni platform-adventure indipendenti visti in questi ultimi anni ma, al contrario, irrobustisce la giocabilità e l’esperienza videoludica complessiva attraverso delle geniali trovate autorali che immergono l’utente in una dimensione fiabesca e realistica al tempo stesso.

Dai girasoli che danzano al sole festeggiando la fine della stagione fredda ai riflessi cangianti prodotti dalle onde cicliche di una corrente di risacca mareale, ogni singolo elemento a schermo mostratoci dagli autori svedesi tradisce una cura maniacale per i dettagli. L’unica nota stonata (è proprio il caso di dirlo) del lavoro artistico compiuto dai Coldwood nel progetto di Unravel è rappresentata dalla ripetitività della colonna sonora causata dallo scarso numero dei – seppur ottimi – brani strumentali presenti all’interno del titolo.

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COSA NON CI PIACE

Level design scarsamente incisivo

La scelta operata dai vertici di Coldwood Interactive di mantenere a un livello di superficialità le meccaniche di gameplay di Unravel (subordinandole al comparto grafico, sonoro e artistico per dare priorità assoluta a questi ultimi aspetti dell’opera) produce più di uno strappo nella struttura stessa dei livelli così come nel design degli enigmi ambientali e dei frangenti platform.

Le contraddizioni ravvisate nel level design di Unravel vengono palesati dall’illogica gestione dei gomitoli di lana per recuperare il filo di lana necessario a Yarny per raggiungere la fine di ogni livello, dall’erronea collocazione dei checkpoint e dalla ripetitività delle sessioni esplorative votate alla risoluzione dei puzzle ambientali.

Osservando le meccaniche di gioco nel loro insieme, inoltre, notiamo come il sistema basato sulla gestione fisica nell’utilizzo del filo di lana di Yarny o nella risoluzione degli enigmi basata sull’interazione con gli elementi che compongono lo scenario non sia stato sfruttato a dovere, con soluzioni originali come quelle ammirate in passato in titoli come Limbo dove la bravura richiesta all’utente nel venire a capo delle sessioni platform e dei puzzle cresce al progredire della storia.

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Poco longevo

Complice la scarsa diversificazione degli enigmi ambientali e dei frangenti platform affrontati passando da uno scenario all’altro, la lunghezza dell’avventura di Unravel risulta essere inferiore alla longevità teorica dei livelli proposti dalla storia. Nonostante ciascuno dei “ricordi interattivi” affrontabili da Yarny sia caratterizzato da uno scenario a se stante con condizioni meteorologiche, elementi ambientali, nemici e oggetti diversi da quelli offerti dalle altre ambientazioni, infatti, la progressione lineare dei livelli di Unravel e l’assenza di bivi che inducano gli utenti a reintraprendere le missioni per scoprire aree segrete della mappa penalizzano eccessivamente l’esperienza di gioco limitandola a sole 5-6 ore di divertimento effettive.

Non potento appoggiarsi ad alcuna modalità in rete basata ad esempio sulla necessità di intraprendere delle sfide a tempo o a obiettivi con punteggi consultabili online in apposite classifiche, inoltre, limita la rigiocabilità di Unravel e la sua offerta videoludica a lungo termine alla sola necessità di riaffrontare i livelli per ottenere i bottoni posizionati nei luoghi strategici della mappa e i ricordi dell’anziana signora ammirata nel cinematic trailer in apertura della storia: un po’ poco, considerando quanto di buono è stato fatto dagli autori svedesi nell’infondere carattere e stile a ciascuna ambientazione che lega la trama al percorso introspettivo di Yarny.

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CONSIDERAZIONI FINALI

Gli sforzi profusi dai Coldwood Interactive per erigere le meccaniche di gameplay e disegnare le ambientazioni di Unravel hanno trasformato il titolo in una sorta di libro dei ricordi interattivo da cui è tremendamente difficile staccarsi. Il filo utilizzato dal piccolo Yarny per aiutare l’anziana signora protagonista del filmato introduttivo a ripercorrere i ricordi di una vita, da questo punto di vista, rappresenta la perfetta metafora del viaggio introspettivo affrontato dagli utenti cimentandosi nelle poetiche avventure offerte da questo tenero pupazzo di lana.

All’originalità del canovaccio narrativo, all’eccelso comparto artistico e alla ricercatezza del motore fisico alla base della risoluzione degli enigmi ambientali si contrappongono però una longevità leggermente inferiore alla media dei platform adventure, un sistema di gioco incapace di rinnovarsi col passare delle ore e un level design con delle evidenti lacune in termini di varietà e ricchezza di puzzle: considerando attentamente tutti gli aspetti positivi e negativi che caratterizzano un’opera come Unravel, quindi, non possiamo che concludere questa recensione consigliando l’acquisto dell’ultima proprietà intellettuale di Electronic Arts ai cultori del genere, a coloro che hanno amato progetti indipendenti come Limbo e, più in generale, a chi apprezza i videogiochi capaci di trasmettere emozioni a prescindere dall’esperienza videoludica in sé.

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