Figlio dell’indimenticato strategico dato alle stampe dai Bullfrog nel 1993, il Syndicate reimmaginato da Electronic Arts condivide lo stesso universo narrativo del capolavoro di Peter Molyneux ma utilizza un linguaggio videoludico diametralmente opposto per incontrare il favore di un pubblico più vasto.
Consapevoli della necessità di non intaccare in alcun modo il prestigio e l’onore del titolo originario e dei tanti cultori che continuano a venerarlo dopo due decenni come uno dei videogiochi più importanti della storia, dalle parti di EA hanno saggiamente deciso di prendere con le molle una proprietà intellettuale così “scottante” per affidarla agli studi svedesi di Starbreeze, apprezzati unanimemente per il lavoro compiuto con la trasposizione del comic di The Darkness e delle avventure cinematografiche di The Chronicles of Riddick.
Lo scetticismo con cui l’iniziativa è stata accolta dai giocatori più rodati e dagli addetti al settore, però, è corso di pari passo con la curiosità delle giovani leve e ha contribuito a rendere ancora più impellente la necessità di scoprire fin dove sono riusciti a spingersi gli sviluppatori per rispondere alle domande degli appassionati vecchi e nuovi: per questo, e per mille altri motivi, evitiamo di tirarla per le lunghe e vi lasciamo alla nostra recensione di Syndicate.
INTRIGHI INTERNAZIONALI
Lontano dalle atmosfere cyberpunk di The Chronicles of Riddick e dall’oscurità assassina di The Darkness, il 2069 immaginato dagli Starbreeze riprende il futuro immaginato dai Bullfrog e lo ripropone seguendo un analogo tracciato estetico e narrativo: svuotati del loro potere decisionale per l’incapacità della politica “tradizionale” di regolamentare il mercato dei chip, i governi del mondo civilizzato sono ormai dei burattini manovrati dalle mega-corporazioni detentrici dei brevetti degli impianti cerebrali e sottocutanei impiegati dai cittadini dei Paesi industrializzati per connettersi alla rete.
Il breve preambolo offerto dal filmato introduttivo della campagna principale ci catapulta in una dimensione oppressiva e corrotta, in cui l’accentramento dei poteri da parte delle corporazioni le porta ad ingaggiare una perenne guerra di posizione atta a consolidare il proprio controllo sulla pelle (letteralmente!) di miliardi di ignari cittadini-sudditi: è in un simile, delicato contesto che saremo costretti a interpretare il ruolo di Miles Kilo, uno dei più efficienti agenti di cui si avvale da tempo la Eurocorp per risolvere le controversie con gli altri “syndicate” a suon di pallottole, di operazioni segrete e di sabotaggi industriali.
Cresciuto come un figlio dal presidente della Eurocorp, l’agente Kilo si è sempre dimostrato un ottimo elemento ed è oltretutto l’unico ad essere riuscito a sopravvivere al massacrante processo di fusione cerebrale con il bio-chip sperimentale DART di sesta generazione, un concentrato di tecnologia in grado di regalare al suo “portatore” un potere incommensurabile ma obbligandolo, al tempo stesso, a sottostare al controllo perenne della corporazione realizzatrice dell’impianto.
A prescindere dalla profondità della “costruzione narrativa” eretta dagli Starbreeze per dare forma agli eventi che si susseguiranno nella campagna principale e nella componente cooperativa (di cui ci occuperemo più tardi), Syndicate mantiene la linearità tipica degli sparatutto in prima persona e non offre particolari spunti espressivi: tutto verte attorno alle gesta compiute da Miles Kilo e a ben poco serve il capello narrativo utilizzato per “giustificare” il suo comportamento nel prosieguo dell’avventura. A pregiudicare ulteriormente la qualità autorale del progetto c’è poi la scarsa longevità del singleplayer: anche ai livelli di difficoltà più elevati, infatti, basteranno poco meno di 5-6 ore per giungere ai titoli di coda.
Come vedremo nel paragrafo successivo di questa recensione, l’unico grande elemento della trama che riesce ad avere un suo peso specifico all’interno delle sessioni di gioco vere e proprie è il chip DART 6: senza di esso, il titolo non avrebbe nemmeno ragione di esistere.
IL MIO REGNO PER UN DART 6
Annunciato dagli Starbreeze come una sorta di “GTA futuristico”, il progetto di Syndicate ha finito con l’assumere le forme tipiche degli sparatutto “moderni” (se può avere un senso indicare come “moderno” un titolo sprovvisto di trama): tralasciando i brevi spezzoni di dialogo e le parentesi narrative tra una missione e l’altra, il cuore dell’esperienza di gioco è costuito solo ed esclusivamente dalle frenetiche sparatorie ingaggiate da Miles Kilo contro gli agenti sguinzagliati dalle altre mega-corporazioni. Intenzionato a portare a termine i compiti affidatigli dai superiori, l’agente Kilo potrà sfruttare a proprio vantaggio tutti gli ultimi ritrovati della tecnologia digitale e bellica del 21° secolo come i fucili a impulso, i cannoni mitragliatori portatili, gli esoscheletri autoriparanti, le pallottole magnetiche a traiettoria variabile e gli scudi a “elettricità liquida”. E poi c’è il chip DART 6.
Il “regalo” fatto dalla Eurocorp al nostro impavido guerriero del futuro, infatti, più di ogni altro “giocattolo” disponibile nell’equipaggiamento garantisce un enorme vantaggio tattico sugli avversari di turno che si esprime in molteplici micro-potenziamenti cibernetici legati tanto alle fasi di combattimento vero e proprio che alle “semplici” sessioni esplorative: fuso chirurgicamente alla corteccia cerebrale e al nervo ottico di Miles, il chip è provvisto di un’interfaccia olografica persistente a realtà aumentata che consente di riprogrammare in remoto i terminali dei congegni elettronici e gli impianti sottocutanei dei nemici. Avvalendosi dell’hackeraggio “standard” l’utente può inoltre abbassare gli scudi dei droni e dei soldati corazzati, utilizzando poi altri tre specifici moduli di violazione remota per obbligare il nemico (tramite il suo chip) a commettere un suicidio, a rivoltarsi contro i suoi stessi compagni o a sovraccaricare il pacco delle munizioni magnetiche per indurre un’esplosione stordente a corto raggio.
Per consentire agli appassionati di variare ulteriormente l’approccio di gioco, gli Starbreeze hanno messo a frutto l’esperienza maturata negli anni scorsi con The Chronicles of Riddick per sviluppare una duplice modalità di fuoco per tutte le armi e un particolare sistema temporaneo di visione strategica (detta “sovraimpressione DART”) da utilizzare per studiare l’ambiente circostante attraverso una visuale a raggi X con rilevamento automatico delle sagome dei nemici, anche di quelli riparati dietro una colonna in cemento armato.
La vasta scelta di opzioni di violazione DART, di elementi d’equipaggiamento e di aggiornamenti del chip contribuisce a rendere molto meno lineari e monotone le missioni da intraprendere tanto in singolo quanto in cooperativa, e questo a prescindere sia dalla scarsa longevità delle stesse che dalla natura delle mappe, la maggior parte delle quali ambientate in spazi angusti con poche vie di fuga e zero elementi distruttibili. Meritevole di lode è poi il lavoro svolto dagli sviluppatori per elevare il tasso di sfida degli scontri con dei nemici particolarmente reattivi e dotati di un’intelligenza artificiale quantomai raffinata: al massimo livello di difficoltà, anche gli appassionati più rodati avranno non pochi problemi nel superare determinate situazioni con i gruppi più numerosi di avversari o nelle situazioni con bassa energia e scarso munizionamento disponibile.
MULTIPLAYER – “LA COOP SEI TU”
Ispirate alle missioni del Syndicate del ’93, le nove operazioni da intraprendere nella cooperativa online di questo reboot in alta definizione rappresentano la parte meglio riuscita dell’intero progetto, merito della pochezza della campagna in singolo, certo, ma anche delle meccaniche escogitate dagli sviluppatori per indurre gli utenti a collaborare strettamente gli uni con gli altri per uscire sani e salvi dalle situazioni più arcigne. Nel singleplayer, infatti, per avere la meglio su un gruppo di soldati nemici basta utilizzare con il giusto tempismo i picchi di violazione DART e tenere sempre sott’occhio l’energia del chip o la quantità di munizioni: nelle missioni cooperative, invece, molto spesso i quattro “agenti umani” sono chiamati a controllare l’avanzata di più gruppi di avversari sparpagliati su di un’area di gioco mediamente più ampia, dovendo così occuparsi ognuno di un determinato “aspetto” della battaglia. Attaccare frontalmente i gruppi senza aver prima abbassato gli scudi dei soldati maggiori o dei droni sarà una tattica fallimentare che porterà a morte certa.
A riprova della cura riposta dagli Starbreeze nella componente cooperativa c’è poi la presenza di uno specifico albero di aggiornamenti per le armi e il chip DART, delle partite private, dei clan (qui ridefiniti appropriatamente “Coalizioni”) e di sottomodalità accessorie come le Sfide (correlate all’uccisione di un determinato numero di soldati o al raggiungimento di un obiettivo entro un periodo di tempo prestabilito) e i Contratti (proposti automaticamente dal sistema se i membri della lista amici o della propria Coalizione dimostreranno di aver superato una Sfida con un punteggio superiore al nostro). Il futuro della cooperativa di Syndicate, però, dipenderà in larga parte dalla capacità attrattiva del progetto complessivo: il numero di partecipanti online, infatti, potrebbe crollare nel giro di poche settimane, e questo potrebbe compromettere il tutto a prescindere dalla qualità del lavoro svolto in tal senso dagli sviluppatori svedesi.
GRAFICA E SONORO
Dal punto di vista grafico, Syndicate non tocca le vette qualitative raggiunte dalle soluzioni concorrenti ma dimostra comunque di possedere una forte personalità, merito soprattutto del taglio artistico adottato dai designer degli studi Starbreeze e dalla coerenza con cui tutti gli elementi a schermo riescono a fondersi in un’unica esperienza visiva. Lo scarso dettaglio dei modelli poligonali dei personaggi, infatti, viene controbilanciato dalla straordinaria fluidità dei movimenti in entrata e in uscita da un riparo, per non parlare del nutrito set di animazioni adottato per dare forma e sostanza ai movimenti con l’arma e agli scontri corpo a corpo. Marginale ai fini dell’esperienza di gioco, il comparto grafico di Syndicate acquista una sua centralità grazie soprattutto alla ricchezza di sfumature delle illuminazioni e degli effetti volumetrici (questi ultimi, mai così “pesanti” in nessun altro videogioco analogo).
Gli sforzi profusi nella componente artistica “visuale” di Syndicate si riverberano sull’impianto audio e contribuiscono ad accrescere il trasporto emotivo delle scene di gioco più concitate, accompagnando degnamente gli scontri a fuoco e rallentando con puntualità la colonna sonora, il parlato e i campionamenti ambientali nelle fasi temporanee di sovraimpressione DART. Chiudiamo con i giudizi sul doppiaggio, ineccepibile tanto in madrelingua quanto in italiano se non per qualche “sbavatura indiretta” dovuta, in questo come in altri casi, all’inconsistenza del plot narrativo.
COMMENTO FINALE
La scelta di calare il capolavoro strategico di Peter Molyneux in un contesto da sparatutto in prima persona si ripercuote negativamente su diversi aspetti del progetto originario: la trama è sfilacciata e inespressiva, la campagna principale è longeva quanto uno starnuto e le meccaniche di gioco non brillano certo per originalità.
Ciononostante, questo “nuovo” Syndicate merita di essere tenuto in seria considerazione per l’ottima direzione artistica data dagli Starbreeze, ma anche per il frenetico gameplay escogitato dagli sviluppatori svedesi per forgiare la loro creatura futuristica sulle solide basi del glorioso predecessore: la difficoltà di gioco è ben bilanciata, gli scontri a fuoco offrono molteplici approcci e la cooperativa online è divertente, profonda ed appagante. Una buona base da cui ripartire in futuro per rimediare agli evidenti errori di valutazione commessi con questo primo esperimento da chi si è occupato della trama e del costrutto della campagna principale.
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