Come il dualismo tra Darth Vader e Luke Skywalker nella trilogia storica di Guerre Stellari, l’eterno scontro tra la serie di FIFA e quella di Pro Evolution Soccer infiamma milioni di appassionati in un duello che si ripropone ciclicamente ogni autunno per determinare chi dei due meriti il trono di migliore simulazione calcistica dell’anno e chi, dall’altro lato, debba sottostare alle dure leggi di mercato e al volere insindacabile dello sconfinato pubblico di fans alla perenne ricerca del titolo perfetto che sappia coniugare il realismo al divertimento.
Il trend degli ultimi anni, per tutta quella pletora di elementi innovativi e di funzionalità inedite implementate nella struttura di gioco di edizione in edizione (ma anche per tutto ciò che non si è fatto), vede FIFA in una posizione di netto vantaggio su PES. È passato un mese dall’uscita delle ultime due versioni delle saghe sportive di Electronic Arts e Konami e questa forbice si è allargata ulteriormente più per questioni quantitative (i gretti dati di vendita) che per una reale disparità qualitativa: perchè?
Mai come quest’anno, infatti, i due marchi videoludico-pallonari più importanti dell’ultimo decennio sembrano offrire due soluzioni di gioco diametralmente opposte nonostante le intenzioni iniziali di entrambi i gruppi di sviluppatori accomunati, curiosamente, dalla necessità di migliorare gli aspetti simulativi e “tecnici” delle loro opere. Alla luce del risultato finale del derby a distanza giocato quest’anno dalle due squadre più importanti del settore, quella che vi proponiamo quest’oggi, quindi, più che una “recensione” sarà un’analisi critica (nell’accezione positiva del termine) dei motivi che hanno portato l’ultima fatica di Shingo “Seabass” Takatsuka alla sconfitta commerciale contro FIFA 12.
CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NULLA
Tolti i roboanti proclami avanzati a mezzo stampa in tutte le lingue del mondo per annunciare di anno in anno le rivoluzioni copernicane cui sarebbe andata incontro la struttura di gioco dei vari PES sviluppati dal 2006 ad oggi, il lento e intermittente processo di sviluppo portato avanti da Seabass e dai suoi ragazzi ha cristallizato la situazione avvantaggiando la concorrenza diretta che con FIFA, superata la fase oscurantista e conservatrice che si è protratta per tutta la prima metà degli anni ’00, si è rimessa in carreggiata con un dispendio di energie tanto elevato quanto necessario.
Lo specchio di tutto ciò è rappresentato dai menù così come dalle modalità ad essa correlate e proposte da Konami per consentire ai propri appassionati di variare plasticamente l’esperienza di gioco per modellarla secondo le necessità dei singoli cultori della saga: esteticamente e visivamente identica a quella del suo diretto precedessore, la schermata iniziale di PES 2012 non offre innovazioni significative ma solo una serie di piccoli e importanti aggiustamenti alle modalità proposte già in passato, con un occhio di riguardo per l’immedesimazione e per gli aspetti manageriali.
Da umile tutorial qual era fino a ieri, la modalità Allenamento, ad esempio, pur rimanendo un elemento secondario dell’esperienza videoludica offerta dal titolo nella sua interezza è stata completamente rivista per accogliere una galassia di sfide a tema utili per permettere ai neofiti così come agli utenti più esperti di familiarizzare con le meccaniche di gioco prima di imbarcarsi in un torneo (come in passato, tra le competizioni su licenza ufficiale ritroviamo la Champions League europea e la Copa Libertadores sudamericana) e in quella che a tutti gli effetti rappresenta il cuore dell’intero progetto, la Master League.
Considerata sia dal pubblico che dalla critica come l’unica, vera modalità che è riuscita a tenere a galla la serie di PES in questi ultimi anni, la Master League di PES 2012 non tradisce le attese e dimostra di essere ancora una volta l’architrave su cui poggia tutta l’impalcatura di gioco: reimmaginata all’interno della sezione Mondo Calciatore (traduzione impietosa dall’inglese “Football Life”) per organizzare in maniera più logica anche la modalità Diventa un Mito, la Master League guadagna in questa sua ultima incarnazione tantissimi miglioramenti volti soprattutto ad ottimizzare gli aspetti tecnico-manageriali con una fase di calciomercato più profonda e con una rappresentazione più marcata (ma non più veritiera) dei rapporti con la dirigenza.
Nel suo insieme, quindi, il modulo Mondo Calciatore aiuta l’utente a districarsi nella giungla di opzioni e di menù a sua disposizione tra la Master League, la modalità Diventa un Mito e l’inedita carriera da Patron che, come suggerisce il nome, dà al giocatore l’ebbrezza di indossare i panni di un presidente per amministrare al più alto livello possibile le finanze di un club e le inevitabili necessità del proprio staff e degli agenti dei calciatori in rosa (o dei quali si è deciso di intavolare una trattativa negli scorci di mercato aperti in estate e nella pausa invernale dei campionati).
Nel complesso, quindi, fatte salve le corpose ma limitate aggiunte manageriali, le opzioni a disposizione degli utenti Pro Evolution Soccer 2012 sono sostanzialmente identiche a quelle di chi si è dilettato sia in singolo che in Rete con il capitolo precedente della saga: per capire fino a che punto i ragazzi di Seabass sono riusciti a spingersi nell’innovazione delle meccaniche di gioco vere e proprie, perciò, non ci resta che passare all’analisi del gameplay spicciolo.
PALLA È COME CERVO CHE ESCE DI FORESTA
Diversamente dai timidi accorgimenti adottati dagli sviluppatori per migliorare un ecosistema di modalità già consolidate, con le meccaniche di gioco di Pro Evolution Soccer 2012 i ragazzi di Seabass compiono un salto ben maggiore decidendo una volta per tutte di abbandonare qualsiasi velleità simulativa per puntare su di una serie di caratteristiche incentrate, anche qui, sull’immedesimazione e il divertimento fine a se stesso.
È in quest’ottica che possiamo inquadrare facilmente la lieve ma significativa accelerazione impartita alla velocità di gioco rispetto a quanto visto nel capitolo precedente della serie, un accorgimento che di certo deprime ulteriormente il tenore realistico dell’opera ma che si è reso necessario per consentire agli sviluppatori di strutturare organicamente i nuovi aspetti implementati nelle meccaniche di possesso palla e di gestione della squadra.
Gli elementi di innovazione nell’intelligenza artificiale degli avversari e dei propri compagni, nella fisica dei contrasti e nelle possibilità tattiche che si riescono a percepire durante le prime ore di gioco sono davvero tanti e concorrono a dare al titolo un carattere tutto proprio. Superato il forte senso di disorientamento iniziale dovuto allo stravolgimento degli elementi di realismo si può notare quanto importante sia stato il lavoro di Konami nel portare una ventata di freschezza nella saga di Pro Evolution Soccer: i calciatori in campo reagiscono fulmineamente agli ordini impartiti dall’allenatore e adattano il loro comportamento in funzione del punteggio, della fatica accumulata e delle caratteristiche tecniche e fisiche dei propri compagni di reparto.
PES 2012 rimane nel solco dei suoi diretti predecessori e, come da lunga e nobile tradizione, continua a prediligere la fase offensiva a quella difensiva: chi è in possesso della palla, finalmente, può gestire un secondo giocatore e impartirgli ordini complessi non solo attraverso passaggi filtranti e cross bassi ma anche, novità assoluta, grazie al movimento dello stick analogico destro, una felice caratteristica ispirata dalla fluidità dei controlli degli ultimi due capitoli di PES per Nintendo Wii.
La mole significativa di aggiornamenti apportati al gameplay di PES 2012 fa però il paio ad altrettante criticità ravvisabili tanto nella gestione della tattica quanto nella fisica della palla, la quale, come l’ormai leggendaria frase pronunciata da Vujadin Boskov per descrivere il comportamento in campo di Ruud Gullit, segue delle leggi tutte proprie “come cervo che esce di foresta”: gli appassionati di lungo corso della serie sanno infatti che all’interno dell’universo di gioco di tutti i capitoli più recenti della saga di Pro Evolution Soccer è la palla a seguire i calciatori e non il contrario, e in questo PES 2012 la situazione, purtroppo, è la medesima. Dall’assenza di movimenti indipendendenti della palla deriva la sostanziale inutilità della presenza di animazioni e contrasti che, seppur migliorati, continuano a rappresentare situazioni estremamente scriptate.
C’è poi un altro punto dolente dell’impalcatura di gioco eretta da Konami ed è quello relativo alla pochezza della fase difensiva a prescindere dalla bravura dei calciatori e dalla solidità tattica della squadra: le fasce sono ingovernabili (il nuovo sistema di gestione dei singoli giocatori tramite combinazioni di tasti è caotica e poco reattiva), i centrali non mantengono mai la posizione e i portieri (tallone d’Achille dell’intero reparto) non danno la benché minima sicurezza né all’interno dell’area piccola né tantomeno in uscita.
MULTIPLAYER
Sul versante del gioco in Rete, i ragazzi di Seabass decidono di raccogliere i frutti del lavoro compiuto con il capitolo della passata stagione limitandosi a settare i nuovi parametri tattico-manageriali di Football Life per farli aderire alle controparti online della Master League e della modalità Diventa un Mito: i valori dei giocatori della campagna acquisti, ad esempio, tenderanno ad oscillare anche in funzione dei rapporti maturati con il quadro dirigenziale e con gli agenti dei vari calciatori delle squadre avversarie.
Anche nel caso del multiplayer, quindi, la parola d’ordine di Konami è “immedesimazione”, e a tal proposito vale la pena sottolineare la presenza di un’inedito sistema integrato nel netcode che, analizzando i dati delle partite disputate, individua e punisce severamente con un malus di punti esperienza (e di denaro virtuale utilizzabile nella Master Online) il comportamento scorretto di chi si disconnette pochi istanti prima del termine di una gara (una pratica disdicevole utilizzata in passato da chi, per non maturare una sconfitta e quindi per non perdere punti preziosi, si scollegava di forza dalla Rete per riconnettervisi subito dopo).
GRAFICA E SONORO
Le incertezze che accompagnano il gameplay di PES 2012 e la struttura delle modalità proposte toccano solo marginalmente il comparto tecnico di un’opera che, tra stadi magnificamente realizzati e calciatori estremamente dettagliati, rappresenta un altro piccolo ma importante passo in avanti compiuto dai designers e dai programmatori diretti da Seabass. Artisticamente parlando, il titolo è solido come la roccia: lo stacco tra i replay (o le animazioni delle esultanze) e le fasi giocate propriamente dette, ad esempio, è armonico e non produce alcun senso di “fastidio” dovuto magari all’impiego di texture poco dettagliate. La palette cromatica meno accesa, l’impiego di un sistema di illuminazione più realistico e le animazioni più fluide dei calciatori fanno il resto e pongono il progetto appena al di sotto del livello della concorrenza solo ed esclusivamente per colpa di scelte programmatiche che nulla hanno a che vedere con il comparto tecnico (come per l’assenza di diverse licenze ufficiali anche importanti e per l’impossibilità di “liberare” la fisica della palla dal controllo persistente dei calciatori).
Sulla stessa lunghezza d’onda qualitativa della grafica troviamo poi il comparto audio di PES 2012, decisamente superiore a quello del suo capitolo precedente per tutta una serie di fattori legati alla bontà della colonna sonora, al numero davvero molto elevato di campionamenti ambientali (con i cori delle squadre a fare la parte del leone) e alla splendida telecronaca affidata, per la versione italiana, al duo Pardo-Marchegiani affiatato come non mai.
COMMENTO FINALE
PES 2012 è il capitano di una squadra in crisi d’identità che, dopo un passato glorioso fatto di vittorie a ripetizione, non riesce più a guidare i propri compagni e sente attorno a sé quel senso di demotivazione e di sfiducia che accompagna il declino inevitabile delle società che non ringiovaniscono la rosa puntando sui giovani e sul proprio vivaio.
Questa, in estrema sintesi e con una sottile metafora calcistica, è la causa principale della sconfitta di Pro Evolution Soccer 2012, un prodotto solido e avvincente ma impossibilitato sul nascere a competere ad armi pari con FIFA 12 per l’atteggiamento miope di chi, nel team di sviluppatori di Shingo “Seabass” Takatsuka e di chi li ha supervisionati, avrebbe dovuto prodursi in atti di vero rinnovamento. Fin quando la situazione non cambierà in favore di un reale e coraggioso slancio di innovazione pura finalizzato alla riconquista della fiducia dei milioni di appassionati delusi dalla deriva arcade della serie pallonara di Konami degli ultimi anni, la posizione di inferiorità qualitativa della saga di PES nei confronti di quella di FIFA continuerà a persistere e, con tutta probabilità, andrà acuendosi nel tempo, con i conseguenti pericoli derivanti dalla perdita di competitività che potete tristemente immaginare.
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