[blogo-video provider_video_id=”qmBsy5fvA6Q” provider=”youtube” title=”The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D – Il momento è giunto (Nintendo 3DS)” thumb=”” url=”http://www.youtube.com/watch?v=qmBsy5fvA6Q”]
Nel corso di questi anni, i vertici di Nintendo hanno provato più volte a riproporci Majora’s Mask su GameCube e sulla Virtual Console di Wii, ottenendo sempre una risposta piuttosto fredda dai propri fan e alimentando, in questo modo, la triste fama di capitolo più oscuro e incompreso della saga di The Legend of Zelda. Le ottime vendite generate nel 2011 con la versione per 3DS di Ocarina of Time e il generoso riscontro ricevuto dalla critica hanno però indotto le alte sfere della casa di Super Mario ad abbandonare l’inconcludente strada del porting secco (ossia senza migliorie di sorta al titolo originario) per abbracciare l’idea di un ben più complesso “restauro digitale” che riabiliti il buon nome di Majora’s Mask.
Alla luce dell’impegno profuso dagli sviluppatori di Grezzo e della straordinaria opportunità commerciale offerta dal lancio concomitante del New Nintendo 3DS e del New Nintendo 3DS XL, quindi, il risultato finale del loro lavoro di conversione e rimasterizzazione in salsa 3DS non può che appagare gli occhi e la mente dei tanti appassionati dell’immortale saga fantasy di Link che hanno divorato il titolo originario chiudendo nel migliore dei modi la loro esperienza con il Nintendo 64 e di chi, a suo tempo, si è lasciato scappare questo gioiello videoludico di inestimabile valore, così come potrete scoprire leggendo la nostra recensione di The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D dopo aver dato uno sguardo alla scheda voto riassuntiva.
COSA CI PIACE
Remake incredibilmente riuscito
Prima di condividere con voi le nostre analisi e i giudizi sugli elementi più importanti (sia positivi che negativi) che caratterizzano l’esperienza di gioco di The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D, vale la pena soffermarsi sull’incredibile lavoro di “restauro digitale” svolto dai programmatori di Grezzo per rinfrescare il comparto artistico, attualizzare la grafica e riprogettare lo schema dei controlli del titolo originario dato alla luce nel 2000 dal team di sviluppo interno a Nintendo diretto da Eiji Aonuma, Yoshiaki Koizumi e Shigeru Miyamoto.
Sfruttando le specificità della piattaforma e la superiore potenza computazionale rispetto all’N64, l’edizione 3DS di Majora’s Mask vanta infatti ambientazioni decisamente più ricche di dettagli, con personaggi e “oggetti di scena” ricreati con modelli poligonali più curati e fondali che denotano un uso estensivo degli effetti particellari. La funzione stereoscopica, inoltre, viene utilizzata con naturalezza per donare maggiore profondità agli ambienti di gioco e agli scenari “fissi” sullo sfondo, con questi ultimi completamente rivisti tramite l’impiego di texture ad alta risoluzione (“alta” per gli standard del 3DS, s’intende).
Gli interventi del team di Grezzo, insomma, non intaccano l’atmosfera generale del titolo e trasmettono tutto l’amore nutrito dai membri di questa piccola casa di sviluppo nipponica nei confronti del capolavoro originario di Eiji Aonuma: nonostante qualche piccola sbavatura riscontrabile in alcuni frangenti dell’avventura, infatti, l’esperienza di gioco con Majora’s Mask 3D risulta essere sempre “nuova” e originale, merito di un layout dei controlli cucito ad arte sui tasti del gioiellino portatile della Grande N e delle sue ultime iterazioni del New Nintendo 3DS e del New Nintendo 3DS XL, basti citare la compatibilità piena del C-stick e le avanzate funzioni stereoscopiche della piattaforma.
Gameplay appagante e profondo
Il sistema di gioco di Majora’s Mask, e conseguentemente di quello della sua versione rimasterizzata per 3DS, è una diretta emanazione del sistema di combattimento e di evoluzione del personaggio che tante gioie ha regalato agli utenti di The Legend of Zelda: Ocarina of Time, il capitolo più apprezzato della saga nonchè uno dei migliori videogiochi mai creati (se non il più bello in assoluto). Da qui a paragonare la giocabilità di Majora’s Mask 3D a un orologio atomico capace di scandire il ritmo della partita con precisione assoluta, quindi, il passo è dannatamente breve.
La strenua ricerca delle persone, dei manufatti e degli oggetti da utilizzare per scongiurare la catastrofica fine del mondo di Termina si manifesta in una campagna principale dalle mille sfaccettature: la necessità di completare la storia entro un lasso di tempo molto breve (72 ore “virtuali”) funziona come un meraviglioso catalizzatore di emozioni che rende speciale e indimenticabile ogni singola missione intrapresa nei panni di Link.
L’implacabile progressione degli eventi che scandiscono l’avventura di Majora’s Mask viene resa ancora più incredibile dalla proverbiale suddivisione zeldesca del mondo di gioco in dungeon e in regioni da esplorare che, se negli altri capitoli viene utilizzata per estendere lentamente il perimetro delle attività da svolgere, in questo episodio appare più come una sorta di cavallo di Troia da impiegare per evitare la fine del mondo (e il conseguente game over) cogliendo di sorpresa Skull Kid e il suo esercito di folletti dispettosi.
Chi si avvicina per la prima volta a questo titolo cogliendo al volo l’opportunità offertagli dalla rimasterizzazione dei ragazzi di Grezzo, quindi, sappia che The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D non segue i dettami classici della saga di Link.
Atmosfera straordinaria
L’opera di rimasterizzazione degli artisti digitali di Grezzo mantiene immutato il fascino del primo Majora’s Mask rimanendo nel solco tracciato quindici anni fa dal team di Aonuma, Koizumi e Miyamoto. Quello di Termina era e rimane un universo complesso, i suoi abitanti erano e sono tuttora intrecciati gli uni agli altri da un filo conduttore che li lega indissolubilmente al protagonista e la storia è così adulta da travalicare i confini narrativi ed emozionali dell’epopea fantasy di Link.
Gli interventi di ammodernamento tecnologico commissionati da Nintendo per attualizzare l’esperienza grafica, artistica e videoludica del titolo originario non intaccano minimamente lo stile oscuro e un po’ decadente dell’avventura vissuta su N64: la palette cromatica delle ambientazioni continua ad essere dominata dalle tonalità fredde del viola e del blu, i modelli poligonali di nemici e personaggi secondari si fondono in un’originale commistione di arte gotica e tribale, la storia corre sul filo del rasoio rappresentato dalla cruda consapevolezza della catastrofe imminente e gli stringati dialoghi tra Link e i PNG contribuiscono ad alimentare l’aura di mistero che ammanta gli scenari più esotici e le creature d’ombra che dominano i dungeon più lontani.
In quest’ottica rientrano gli sforzi profusi dai designer di Grezzo per ridisegnare le scene in cinematica che puntellano la trama e ne accentuano le fasi più concitate, merito di una certosina opera di aggiunta di effetti particellari e di ricollocazione delle telecamere, degli attori, degli oggetti di scena e delle texture che mappano gli sfondi.
COSA NON CI PIACE
Impegnativo per i neofiti
L’atipica formula di gioco del titolo originario (e quindi di questo remake), unita all’impegno richiesto all’utente per riuscire a concludere l’avventura prima dello scoccare della mezzanotte del terzo giorno “virtuale” e al livello di difficoltà medio-alto dei combattimenti e degli enigmi ambientali da risolvere rappresentano degli oggettivi ostacoli al successo commerciale di un prodotto come questo, riproposto al grande pubblico di una console portatile pur essendo stato concepito per essere goduto con calma dagli appassionati di action-adventure su di una piattaforma casalinga come il Nintendo 64.
Per questo, e perchè gli anni trascorsi dall’uscita del gioco primigenio equivalgono al passaggio di diverse ere videoludiche, The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D va considerato come un titolo di nicchia. Consapevoli di ciò, i vertici di Grezzo hanno deciso intelligentemente di ampliare la platea dei potenziali acquirenti dell’avventura attraverso la completa riformulazione dei menù di pausa e non con un più semplice (ma catastrofico) abbassamento del livello di difficoltà o, peggio ancora, con l’allentamento della reattività dell’intelligenza artificiale di nemici minori e dungeon boss.
I nuovi menù di pausa di Majora’s Mask 3D, infatti, non presentano solo una comoda interfaccia per facilitare i comandi tramite touchscreen ma ci permettono di organizzare le missioni, e tenere traccia degli orari in cui è possibile accedervi incontrando i relativi PNG, attraverso un’agenda interattiva straordinariamente utile e di facile utilizzo sia per i neofiti che per gli utenti più navigati.
Qualche sbavatura tecnica di troppo
Nonostante l’ottimo lavoro di conversione e rimasterizzazione compiuto dai ragazzi di Grezzo, le origini di un progetto dato alla luce nel 2000 su di una console come il Nintendo 64 che già allora veniva considerata come “superata” dalle soluzioni hardware della concorrenza (l’uscita di PlayStation 2 è avvenuta a poche settimane dal lancio giapponese di Majora’s Mask) traspaiono nelle piccole incongruenze grafiche e tecniche riscontrabili sia nella definizione dei modelli poligonali dei personaggi secondari e dei nemici che nella risoluzione delle texture che mappano le superfici “meno appariscenti” dello scenario.
Pur superando i problemi di stabilità di framerate dei porting per GameCube e Wii, il team nipponico impegnato da Nintendo per questo importante rifacimento cade poi vittima di un problema di natura secondaria correlato all’utilizzo del secondo pad analogico: sia con il Circle Pad Pro del “vecchio” 3DS XL che con il C-stick del New 3DS, infatti, non di rado siamo stati costretti a reimpostarne la sensibilità intervenendo sulle opzioni dei controlli per ovviare a un insolito errore di calibrazione che ci ha indotti, oltretutto, a ricorrere al tasto dorsale sinistro per forzare il cambio di inquadratura della telecamera.
CONSIDERAZIONI FINALI
Majora’s Mask è figlio di un’epoca in cui il comparto grafico e narrativo di un videogioco venivano sempre dopo le meccaniche di gameplay, in cui l’assenza di obiettivi sbloccabili dava agli utenti una vera libertà d’azione e d’esplorazione e in cui non c’era bisogno di scaricare cinque patch, dieci DLC e 20 GB di dati per poter giocare decentemente al titolo del momento pagato a peso d’oro dal proprio negoziante di fiducia (o peggio ancora, nella versione intangibile e non rivendibile comprata nello store online di turno che ce lo propina, il più delle volte, allo stesso prezzo di quella retail).
Basterebbero queste banali considerazioni (che poi tanto banali e scontate non sono, a ben vedere) per consigliarvi l’acquisto di The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D, ma grazie al cielo la qualità e la quantità dei contenuti offerti da questa edizione rimasterizzata sono tali da giustificare in pieno l’operazione condotta da Nintendo per riproporre all’utenza del 3DS e ai cultori vecchi e nuovi dell’epopea zeldesca di Link uno dei videogiochi più belli, e incompresi, degli ultimi venti anni.