Il primo Dead Rising venne considerato da molti, compreso il sottoscritto, un passo decisivo nell’allora next generation, offrendo un’esperienza di gioco impossibile da realizzare in modo adeguato sulle console della scorsa generazione. Nonostante fossero tutte ottime macchine, infatti, La PlayStation 2, il GameCube e l’Xbox non avevano una potenza di calcolo sufficiente per muovere l’orda di zombie che il titolo Capcom metteva per la prima volta su schermo.
L’omaggio virtuale a L’alba dei Morti Viventi, tuttavia, si trasformò immediatamente in un caso, uno di quei giochi capaci di spezzare in due critica e pubblico a causa della particolare struttura difficile da digerire. In Dead Rising, infatti, il giocatore aveva a disposizione 72 ore e un unico slot di salvataggio per poter affrontare la propria difficile missione, trovandosi spesso a dover compiere rapidamente scelte molto importanti ai fini del risultato finale della partita.
Molti giocatori (e giornalisti) trovarono troppo limitante la scelta di Capcom di affidarsi a una simile impostazione, bocciandola senza pensarci due volte e affossando il gioco. Dall’altra parte, però, furono altrettanti coloro che, entrando in sintonia con quanto pensato dagli sviluppatori, trovarono nell’urgenza costante in cui veniva messo il protagonista l’elemento in più che mancava alla maggior parte dei giochi, e che contribuiva a rendere Dead Rising un’esperienza unica. Dopo tanto tempo è finalmente uscito Dead Rising 2. Come si sarà evoluta questa interessante serie? Scopriamolo insieme dopo il salto.
Terrore occidentale
Quando Capcom annunciò di voler affidare lo sviluppo di Dead Rising 2 a un team occidentale, firono davvero in molti a sentire un brivido di puro terrore lungo la schiena. Considerando le caratteristiche base del gioco, tuttavia, la mossa della casa di Osaka non è stata affatto azzardata, visto che l’avventura di Frank West era stata impostata in modo tipicamente occidentale, con l’aggiunta di alcuni bizzarri tocchi di follia orientale. Le figure degli psicopatici, in particolare, sembravano usciti direttamente da qualche anime fuori di testa, rendendo il cocktail di Dead Rising estremamente interessante, ma anche troppo difficile da digerire per l’utente medio.
I dubbi più grandi legati al cambio dello sviluppatore erano quelli che coinvolgevano una possibile modifica della struttura principale, magari in favore di un’esperienza più marcatamente action e meno votata alla sopravvivenza vera e propria. Viste le critiche riscosse dall’imposizione del limite di tempo, inoltre, in molti temevano che i ragazzi di Blue Castle Games avrebbero optato per una struttura più permissiva, in modo da non subire lo stesso trattamento ricevuto dal primo capitolo della serie.
Fortunatamente, però, il nuovo team di sviluppo non ha stravolto lo spirito di Dead Rising, pur apportando una serie di piccole (ma sostanziali) modifiche qua e là. Dead Rising 2, in sostanza, si rivela estremamente simile al suo predecessore, riuscendo nella difficile impresa di mantenere un’identità ben riconoscibile pur andando incontro alle richieste della parte di pubblico rimasta scontenta da alcuni elementi dell’avventura di Frank West.
Nuova ambientazione, nuovo eroe
Dead Rising 2 abbandona Frank West, fotografo protagonista del primo capitolo, per cedere il testimone a Chuck Greene, motociclista, artigiano e padre di famiglia, colpito nel profondo dall’epidemia putrescente che ormai dilaga in tutta Las Vegas (o Fortune City, come viene chiamata nel gioco per problemi di diritti). Chuck, infatti, ha perso la moglie nell’incidente del centro commerciale di Dead Rising e, nello stesso periodo, ha visto la propria figlia infettata da un morso della madre.
Questa tragica storia funge da impalcatura su cui viene costruita l’intera vicenda di Dead Rising 2, con Chuck impegnato a trovare una cura per la figlia, a salvare i superstiti sparsi per la città e, perchè no, a cercare di far capire al mondo di non essere lui la causa dell’epidemia (cosa di cui tutti i telegiornali locali sembrano misteriosamente convinti).
Con queste premesse si avvia il conto alla rovescia di 72 ore, durante il quale il giocatore deve esplorare in lungo e in largo le strade (e gli edifici) di Fortune City, nuovo palcoscenico dove si svolge l’intero spettacolo.
Strumenti di sterminio
Una delle caratteristiche principali di Dead Rising era quella di poter sfruttare una quantità incredibile di oggetti per liberarsi della minaccia degli zombie. Pistole, spade, mazze da baseball…ma anche orsetti di pelouche, ombrelli, skateboard, palle da bowling e ogni genere di follia che potesse essere reperita all’interno di un fornito centro commerciale.
In Dead Rising 2 questo elemento torna di nuovo e, questa volta, appare ulteriormente arricchito e potenziato. I programmatori si sono davvero impegnati per inserire all’interno del disco una quantità imbarazzante di armi improprie, moltiplicando a non finire la quantità di divertimento che si può ottenere anche solo dalla ricerca dell’oggetto più assurdo con cui eliminare i cadaveri ambulanti.
La vera marcia in più rispetto al capitolo precedente, tuttavia, è rappresentata dalla possibilità di combinare due o più oggetti per ottenere armi sempre più bizzarre, complesse e devastanti.
Bricolage creativo
Mentre Frank West era in grado di ottenere preziosi Punti Prestigio scattando spettacolari fotografie agli zombie e ai sopravvissuti per documentare l’evento, la natura pratica di Chuck si traduce in un nuovo elemento di gameplay, quella possibilità di combinare gli oggetti di cui parlavo qualche riga più su.
Gli elementi contrassegnati da un’icona a forma di chiave inglese, non solo possono essere usati singolarmente come armi, ma possono essere sfruttati come componenti per la creazione di nuovi oggetti a dir poco allucinanti. L’operazione di assemblaggio non può essere eseguita ovunque, ma necessita di uno dei tanti tavoli da lavoro sparsi qua e là attraverso l’ambientazione. Una volta raggiunto il luogo in questione, basta posare un oggetto sul banco e selezionare quello con cui si vuole fare l’esperimento, per godersi l’animazione di Chuck al lavoro.
Una volta trovata una nuova combinazione, questa viene mostrata al giocatore sotto forma di una carta illustrativa, contenente tutti i dettagli relativi agli attacchi normali e speciali della neonata arma anti-zombie. Utilizzando gli oggetti da lui creati per abbattere i fastidiosi non-morti, Chuck riceve dosi massicce di Punti Prestigio, utili a salire di livello e a guadagnare nuove abilità.
Una sola vita non basta
Fra gli elementi del primo Dead Rising che avevano lasciato spiazzati i giocatori, c’era sicuramente quello legato alla necessità di affrontare più volte le prime ore della storia, se si volevano portare in salvo tutti i sopravvissuti. Ogni volta che Frank veniva ucciso, infatti, il giocatore poteva decidere di ricominciare la storia dall’inizio, mantenento però tutte le abilità guadagnate dal protagonista salendo di livello. In questo modo, il salvataggio dei superstiti (o semplicemente raggiungerli in tempo) era più semplice, così come l’eliminazione degli psicopatici sparsi per il centro commerciale.
Dead Rising 2 si basa sullo stesso identico principio, ma questa volta offre ben tre slot di salvataggio, invece di quello unico previsto dal capitolo precedente. Grazie a questa piccola modifica, ora il giocatore è in grado di tornare sui propri passi caricando il salvataggio precedente, qualora non fosse soddisfatto delle scelte prese durante la storia, rendendo l’esperienza meno frustrante…ma al tempo stesso meno estrema e coinvolgente.
Nonostante questo, però, anche in Dead Rising 2 è necessario ricominciare più volte l’avventura per approfittare di un Chuck più letale ed allenato, visto che la lotta contro le orde di zombie (e soprattutto contro il tempo) si rivela sempre piuttosto impegnativa.
Caccia di gruppo
Nonostante il cuore di Dead Rising 2 vada ricercato nella corposa e articolata modalità single player, i ragazzi di Blue Castle Games hanno pensato di arricchire il pacchetto inserendo alcune modalità multiplayer. Quelle competitive vedono semplicemente i giocatori impegnati a una battaglia senza esclusione di colpi per stabilire chi sia in grado di eliminare il maggior numero di zombie entro il tempo stabilito.
Quella cooperativa, invece, permette a un giocatore di ospitare un amico nella propria partita (con una versione di Chuck caratterizzata da una colorazione differente), per affrontare insieme la storia. Francamente credo che la modalità principale dia il meglio di sé quando affrontata in solitudine, ma il multiplayer è comunque un’aggiunta piacevole che non può che far piacere.
Commento finale
Con Dead Rising 2, quindi, i ragazzi di Blue Castle Games sono riusciti nella difficile impresa di realizzare un’esperienza in linea con lo stile e le caratteristiche uniche del primo capitolo, limandone al tempo stesso alcuni dei difetti maggiormente criticati dal pubblico. La massiccia quantità di zombie conteporaneamente su schermo, unita alla varietà impressionante di armi assurde da utilizzare per la “mietitura”, bastano da sole per garantire ore e ore di divertimento.
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