A poco più di due mesi di distanza dall’uscita del gioco, Remedy getta in pasto ai famelici divoratori del loro ultimo titolo un ulteriore capitolo inerente alla saga di Alan Wake. Lo fa partendo proprio da dove tutto ha avuto inizio, da quella tavola calda spiccatamente americana in cui le luci lasciarono spazio alle ombre, cambiando radicalmente l’esistenza di un famoso, quanto misero, scrittore in balia di una mancata ispirazione che mai come adesso gli si era rivoltata contro così violentemente.
The Signal (o Il Segnale, fa lo stesso) rappresenta il settimo capitolo di questa storia, non quello conclusivo, ma di sicura importanza ai fini dell’economia nell’ambito dell’intera narrazione. Dato che, giunti a questo punto, ogni piccolo passo ci avvicina pericolosamente di più al volgersi della conclusione, l’impronta lasciata anche solo dalla più minuscola delle rivelazioni appare netta, quasi indelebile.
Lungi dal poter finalmente contare su di un quadro completo riguardo l’intera vicenda, sentiamo in maniera tangibile di essere in dirittura di arrivo. In tal senso, la struttura ad episodi gioca un ruolo fondamentale, nonostante questa soluzione assecondi una filosofia che a più riprese è stata (a nostro parere, giustamente) ostracizzata da molti. Ma stando così le cose, limitiamoci a valutare se valga la pena raggiungere il segnale su cui ruota interamente questo primo contenuto scaricabile.
Il viaggio di Alan Wake attravero la notte continua…
Senza svelare nulla a coloro i quali non avessero ancora avuto modo di portare a termine i sei capitoli di cui consta il gioco originale, è con questa frase che avevamo lasciato Bright Falls. In un caleidoscopio di eventi e personaggi, l’unica certezza era, quindi, quella di doverci tornare per dare forma, o quantomeno coerenza, a quanto era accaduto in questa isolata cittadina dello stato di Washington.
Sappiamo di camminare sopra un terreno accidentato, irto di insidie e sfuggenti ostacoli: il tutto riassumibile nell’impossibilità di fornire un quadro ragionevole della storia senza intaccare la sensibilità di quelli che riguardo Alan e Bright Falls conoscono a malapena i nomi. Ma noi ci proviamo, come dei prodi cronisti che tentano ugualmente di riportare qualcosa pur con le dovute restrizioni del caso, specie se insormontabili.
La tavola calda, dicevamo. E’ lì che tutto ha inizio. In quel luogo il nostro protagonista entra in contatto con quella che definirà persistentemente la Presenza Oscura, la cui unica volontà sembra quella di far vacillare la sanità, sia fisica che mentale, del giovane scrittore. Poiché indissolubilmente legato agli eventi del gioco, The Signal non è una semplice aggiunta, bensì un prosieguo delle vicende, senza cui difficilmente si può venire a capo dell’intero mosaico. Il tassello al quale alludiamo, allora, diviene pezzo insostituibile di tale opera, evidentemente estirpato dal lavoro originale, seppur disponibile gratuitamente mediante un codice contenuto nella confezione del gioco.
Poste queste premesse, ci pare opportuno sottolineare come le due ore scarse (se non di meno, a secondo di chi impugna il pad) cui si ha modo di prestarsi, porteranno con sé pregi e difetti di quelle sessioni che già si conoscono. Inutile, quindi, integrare ulteriori considerazioni alla nostra recensione del gioco, pubblicata su queste pagine, in merito a componenti vertenti il gameplay, la resa grafica, il sonoro e via discorrendo. Ciò che riteniamo più corretto è individuare la giusta chiave di lettura di The Signal, provando a comprendere quanto il nuovo episodio si amalgami con i sei precedenti.
Ecco, sotto questo aspetto non c’è nulla da temere. Nel nuovo capitolo i leit motiv vengono tutti mantenuti, anzi, alcuni vengono, a ragion veduta, approfonditi. Lasciandoci alle spalle gli eventi del gioco originale, se da un lato veniva risolta la dicotomia Luce/Oscurità, dall’altro veniva non del tutto clandestinamente introdotta una nuova questione: la lotta interiore dello scrittore. Si tratta in realtà della naturale estensione della dicotomia appena citata, dove le luci e le ombre non sono solo esterne, ma soprattutto interne a noi. E su questo dissestato sentiero che colui che scrive cerca di portare a termine il proprio percorso.
Tutto ciò che vede, sente o anche solo avverte, altro non è che il frutto della sua immaginazione. Fervida, al punto da generare “cose” di cui lui lo stesso portatore non riesce a capacitarsi. Le parole non sono più semplici forme d’inchiostro, ma macigni il cui svelamento fa riemergere ricordi o paure assopite nei più reconditi meandri della propria coscienza. Gettare luce sulle parole letteralmente fluttuanti che troveremo disseminate dovunque lungo il nostro cammino, rappresenta una pratica essenziale alla quale, probabilmente, Alan si è sottratto per troppo tempo.
Adesso non può più fuggire dalle proprie paure; ora la fuga non è più una via disponibile. Adesso l’unica opzione è quella di confrontarsi con queste “ombre” di cui tutti, chi più e chi meno, dispongono. E poiché Wake è pur sempre uno scrittore, conosce bene gli escamotage letterari di cui servirsi quando ce n’è bisogno, nonostante si trovi prigioniero di un durissimo carceriere, ovverosia la propria fantasia.
L’ambiguo Thomas Zane rappresenta forse la risposta all’acquisita consapevolezza di Alan nel non riuscire nell’impossibile impresa dell’auto-redenzione. Il segnale cui allude il titolo di questo settimo capitolo, non a caso, è lanciato proprio da Zane, il quale sta cercando in tutti i modi di trarre in salvo il povero Wake. Perché l’unico nemico dello scrittore è lo scrittore stesso – così come per tutti noi, il nostro peggior nemico risiede in noi stessi.
Sotto l’aspetto tecnico, com’era facile intuire, The Signal nulla aggiunge e nulla toglie. Salvo voler considerare un’aggiunta di nota la raccolta di sveglie (sulla falsa riga dei thermos di caffè) o i cartonati dei vari personaggi del gioco (che pure forniscono interessanti spunti narrativi), questo primo contenuto scaricabile si concentra solo ed esclusivamente su di una componente: la trama. Coloro i quali fossero quindi intenzionati ad avvicinarsi un po’ di più alle ultime pagine di questo avvincente romanzo, non esitino un istante a scaricarlo. Per tutti gli altri, beh, a nostro parere ogni libro, una volta cominciatane la lettura, va concluso. E quello a cui ha dato vita Remedy non fa eccezione.
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