Dare un’idea di cosa per molti possa avere significato l’annuncio del videogioco dei Ghostbusters è impresa assai ardua. Diciamoci la verità, tanti di noi sono cresciuti con questo mito degli Acchiappafantasmi, presi in una morsa dalla quale difficilmente si riusciva ad uscire – tanto è il fascino di questo film. E mentre i più piccoli ne apprezzavano le mille diavolerie quali zaini protonici, celle di contenimento, e chi più ne ha più ne metta, i più grandicelli si divertivano a cogliere quella insolita ironia proposta dal film, tale poiché adoperata in un contesto un po’ particolare come è quello dell’occulto.
Immaginate quindi quanto abbia potuto incidere negativamente sulle belle speranze di questa folta schiera di appassionati i continui rinvii o, addirittura, la sua provvisoria cancellazione. Incidenti di percorso che hanno contrassegnato pressoché l’intera fase di sviluppo del gioco, che a più riprese è sembrato un sogno che si sgretolava pian piano. Previsto per l’infornata di fine 2008, Atari ha successivamente optato per questo rilascio pre-estivo. Mossa azzeccata dal punto di vista commerciale, probabilmente. Ma che ne è del gioco in sé? Seguiteci lungo questa nostra analisi e lo scoprirete.
WHO YOU GONNA CALL?
Sicuramente una delle frasi più inflazionate della storia del cinema, ma ci è sembrato doveroso aprire le danze con la storica frase “E chi chiamerai?”, peraltro appartenente all’altrettanto storico brano che funge da colonna sonora del film. Difatti il gioco riparte proprio da lì, da quel piccolo casermone a sud di Manhattan, sede dei nostri amati Acchiappafantasmi. Stavolta però prendiamo il controllo di un nuovo arrivato, una recluta, probabilmente affascinato da un lavoro così strano e mal retribuito al tempo stesso (così come lasciò intendere nel primo film il mitico Winston).
Dopo un rapido apprendistato, però, eccoci scaraventati nell’azione. E quale posto migliore se non lo sfarzoso Hotel Sedgewick, luogo in cui tutto ebbe davvero inizio con l’intrappolamento del simpaticissimo Slimer? Stavolta è un altro l’obbiettivo, ma la cosa ancora più inquietante è ciò che potrebbe celarsi sotto. Senza voler discutere su cose che non competono la nostra analisi, garantiamo ai più attenti e meticolosi appassionati che durante l’arco del gioco c’è parecchio materiale inerente ai due film su cui poter speculare. Un ultimo piccolo incentivo: ricordate Eleanor Twitty, la scrupolosa bibliotecaria ossessionata dalla mania del silenzio?
Insomma, le radici di questo titolo ci sono tutte e sono ben visibili, e non solo all’apparenza. Anche lo spirito delle due pellicole cinematografiche sembra essere stato mantenuto pressoché intatto. Il tenore non sarà esattamente identico in tutto e per tutto, ma i tratti essenziali ci sono eccome! Egon e Ray che blaterano riguardo temi incomprensibili ai comuni mortali; Peter con la sua solita indole da simpaticone, battuta sempre pronta e speciale predilezione per il gentil sesso; Winston pacato e misurato, ma ugualmente inserito nel contesto. Capite bene che aggiungere in un team così collaudato un nuovo membro non era così agevole, difatti si è preferito relegarlo ad un ruolo decisamente marginale in relazione ai ritmi della trama e ai suoi risvolti. Idea sensata se si considera il progetto con cui si ha a che fare.
RICORDATE: MAI INCROCIARE I FLUSSI!
Questa è la prima regola che ogni Acchiappafantasmi che si rispetti dovrebbe conoscere. Nonostante il ricorso a questa estrema misura risultò determinante per sconfiggere Gozer, questo avvertimento risuona sempre utile quanto minaccioso. Ma noi che non disponiamo di alcuno zaino protonico, limitiamoci a rilevare cosa ci sia di buono o di cattivo nella giocabilità di questo titolo. Tanto per cominciare partiamo dalla soluzione strutturale. Difatti i Terminal Reality hanno puntato su uno stile tanto caro ad un cospicuo numero di videogiocatori, ossia telecamera dietro il personaggio che è posto in basso a sinistra dello schermo (sì, l’allusione è proprio a Gears of War).
A differenza del titolo Epic, però, qui di magagne ne riscontriamo di più e con maggiore frequenza. Risulta infatti macchinoso in alcuni frangenti il controllo del nostro personaggio, nonostante stranamente questo non incida in maniera notevole quando si tratta di colpire i nemici. Discorso diverso quando si tratta invece di sfuggire ad nemico, opzione resa un tantino più farraginosa dalla scarsa mobilità di cui il nostro alter-ego virtuale dispone.
Sempre appagante sfinire un fantasma per poi catturarlo ed intrappolarlo. Un plauso in tal senso agli sviluppatori, che nonostante gli oggettivi limiti del gioco, sono riusciti a ricreare in maniera encomiabile questa fase che per molti potrebbe (e a ragione) essere determinante. Il sistema è semplice: scarica di protoni all’entità ectoplasmatica per indebolirlo in un primo momento, per poi passare alla cattura e successivo ingabbiamento.
Chiaramente il tutto non si “riduce” a questo, dato che abbiamo anche un altro buon numero di possibilità. Non mancano, per esempio, i classici oggettini come il rilevatore di ectoplasmi, nonché numerosi potenziamenti per il nostro arsenale. In tal senso Ghostbusters è in linea con le classiche produzioni di questo genere, dove la componente potenziamento gode di una sua rilevanza.
GRAFICA E SONORO
La veste grafica soffre di alcune lacune che si traducono essenzialmente in una scarsa pulizia delle texture durante le fasi di gioco ed un frame rate che non di rado fa i capricci. Ad essere sinceri, da alcuni filmati rilasciati a suo tempo ci si aspettava che il risultato finale potesse essere lievemente superiore – niente di trascendentale, per carità, ma un pizzico più performante magari sì. A tentare timidamente di bilanciare queste evidenti mancanze c’è la possibilità di distruggere parecchio materiale su schermo, nonostante il frantumarsi di questo materiale non brilli per efficacia. Non vogliamo sminuire il lavoro degli sviluppatori, né sappiamo se realmente si potesse fare di meglio, fatto sta che qualche perplessità su questo aspetto permane.
Dulcis in fundo giunge l’audio. E’ con estremo piacere che intendiamo sottolineare la presenza dei brani dei film per l’intera durata del gioco, scelta azzeccatissima, che non può far altro che rallegrarci. Il cast delle voci, tra le altre cose, presenta quello originale del film (inclusa la particolare voce di Janine), altra gradita sorpresa per i più anglofoni.
COMMENTO FINALE
Inutile negarlo, il fascino dei film usciti oramai venti e più anni fa ha contribuito in maniera tutt’altro che marginale all’atto di redigere questa recensione. Ma non è colpa nostra, né possiamo strettamente considerarla una colpa, dato che sin dall’inizio si è fatto leva proprio su questa componente: il gioco riguarda i celeberrimi Acchiappafantasmi.
Eppure i limiti ci sono e non è affatto difficile rintracciarli, visto anche che si sta parlando di un titolo che non doveva sicuramente stravolgere alcun equilibrio videoludico in senso lato. Essere appassionati dei due film (o anche uno solo), però, costituisce la condizione necessaria, non indispensabile – questo per usare un linguaggio più attinente alla matematica.
Chiunque può godere dell’impareggiabile ironia e cogliere quella irresistibile atmosfera che tutto sommato il gioco tenta degnamente di riproporre. Alla luce di quanto appena scritto fa scalpore (ma neanche tanto a dire il vero) come il carisma dei Ghostbusters non abbia risentito più di tanto dell’usura del tempo, quando oggi una miriade di tie-in nascono morti prima ancora di essere commercializzati.
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