I videogiochi sono diventati una questione di soldi, tanti soldi, ne ha dato conferma, se qualcuno ancora ne avesse bisogno l’ultimo E3, dove le major si sono contese l’attenzione di media e pubblico a suon di campagne dispendiose per giochi ancora più dispendiosi, che se non incassano come una produzione cinematografica di alto livello, si possono considerare dei fallimenti.
Ma se il cinema offre ancora spazio e dignità ai cosiddetti “indipendenti”, che spesso si rivelano dei veri e blockbuster, pensiamo a film come Saw oppure, anche se da noi ha avuto poco successo, Napoleon Dinamyte, nel mondo dei videogiochi la porta sembra ormai chiusa a doppia mandata.
Eppure sono stati i pensatori indipendenti quelli che hanno creato dal nulla il settore e gli hanno donato i primi titoli necessari a compiere il salto di qualità, pensate a titoli come Ultima, Doom, Dune II, ma sono stati dimenticati in fretta una volta che sono cominciati ad aumentare gli zeri e che adesso rappresentano l’eccezione ad una regola fatta di titoli tutti uguali e di seguiti di seguiti di seguiti, di rischi minimizzati, nell’assoluta ricerca del colpo sicuro, dove la voglia di guadagnare ha di gran lunga sorpassato quella di innovare.
L’ultimo spiaggia per queste pubblicazioni “minori” è l’autopromozione, la distribuzione online, il passaparola, esattamente come succede per gli omologhi negli altri campi della produzione umana come cinema, letteratura e così via.
Ma se fossero proprio queste nuove forme di distribuzione (tipo la piattaforma Steam di Valve) l’ultima arma in mano agli sviluppatori indipendenti per tagliare fuori la grande distribuzione e raggiungere più facilmente i videogiocatori che sanno apprezzare le nuove idee?
via [joystiq]