Da un punto di vista economico, ho sempre pensato che si potesse dimostrare che lavori di bassa macelleria cinematografica che trasformano un videogame in un film non fossero davvero convenienti e che portassero inevitabilmente alla rovina. E avevo più o meno ragione fino all’uscita della saga cinematografica di Resident Evil. Poi arrivano questi due action movie mascherati da horror (non ci provano nemmeno a spaventare gli spettatori) che utilizzano la trama dei videogame in maniera davvero ridicola e sbancano i botteghini americani.
E infine arriva anche il terzo capitolo, che con una sterzata alla Mad Max diverge in maniera definitiva dai videogiochi di Capcom. Che poi diciamocelo: sono dei passabili b-movie, con qualche trovata carina. Però il nome pesa e uno si chiede come si sarebbero comportati al cinema degli adattamenti più fedeli alla trama originale.
Videogiochi e cinema hanno uno strano rapporto di reciproca dipendenza. Il videogiochi cannibalizzano a ondate l’immaginario cinematografico, rendendo interattive le trovate visive del momento (ultimamente ispirate ai giochi stessi!). Il cinema si vendica prendendo franchise di successo e modificandoli a proprio uso e consumo. Non che ne abbia bisogno vitale; potrebbero benissimo realizzare un action-movie con zombie senza il marchio Resident Evil, ma avere una base di spettatori-fan aiuta a evitare le catastrofi e garantire un minimo garantito di spettatori. In un circolo vizioso di idee continuamente riciclate, ne fanno ovviamente le spese i progetti davvero ragionati che hanno difficoltà ad emergere o semplicemente a vedere la luce.
Intanto Resident Evil: Extinction sbanca il botteghino. Olè.