Gli occhi di ghiaccio che illuminano il volto di Ryu Hayabusa, perennemente coperto dalla sua iconica maschera, hanno fulminato migliaia di nemici e scritto col loro sangue le pagine più vibranti della storia degli action: la serie di Ninja Gaiden è la perfetta allegoria dell’industria videoludica moderna, una dimensione parallela costretta a compiere ciclicamente degli strappi per evolversi e trovare un contesto tutto proprio in cui muoversi senza rimanere ancorata agli stilemi del passato.
Sia nel primo ciclo con sprites e ambientazioni bidimensionali degli anni ’90 che nel secondo legato all’avvento delle console-mediacenter e della grafica tridimensionale, il folle genio di Tomonobu Itagaki ha dettato legge e settato, di volta in volta, degli standard qualitativi così alti da sfociare nella leggenda metropolitana (come nel caso dello spaventoso livello di difficoltà): le fortissime pressioni esercitate in questi mesi dalla stampa di settore e dai milioni di appassionati sono però il chiaro esempio di quanto possa essere stato alto il rischio che le alte sfere di Tecmo Koei hanno avuto il coraggio (o l’incoscenza) di assumersi decidendo di proseguire la saga nonostante la fuoriuscita dal progetto di papà Itagaki.
Con la recensione di Ninja Gaiden 3 che vi proporremo quest’oggi, quindi, cercheremo di capire se il Team Ninja e il designer degli episodi Sigma, Yosuke Hayashi, sono riusciti o meno ad esorcizzare i demoni del passato.
FOLLIE NARRATIVE
Più volte descritta come un’avventura intimistica incentrata sulla figura di Ryu Hayabusa, la componente narrativa di Ninja Gaiden 3 si sviluppa su più livelli per ripercorrere gli eventi passati del protagonista e consentirci, in questo modo, di “decodificare” la rabbia che lo anima trasformandolo nella macchina di morte che tutti conosciamo: tra le intenzioni del Team Ninja e il risultato finale, però, c’è un vero e proprio abisso di qualità e persino di contenuti.
La profondità autorale della trama di Ninja Gaiden 3, infatti, oscilla dal grottesco all’insulto, con singolari trovate che appesantiscono ulteriormente le missioni senza offrire il benché minimo trasporto emotivo: tra maledizioni sciamaniche, attentati terroristici orchestrati da sette segrete desiderose di riportare in vita i dinosauri, trovate pseudo-sataniste e dialoghi senza senso tra personaggi evanescenti, ad ogni intermezzo filmato si perde completamente il filo del discorso e non si riesce a cogliere il reale motivo delle azioni intraprese dal protagonista.
L’illogica melassa di stereotipi e di situazioni surreali del singleplayer trascina l’utente in un vortice di contraddizioni che si ripercuote nel ritmo delle fasi di gameplay propriamente dette, a loro volta spezzettate dalla frequenza degli eventi quick time e dei cambi di ambientazione: la linearità delle missioni, la piatta regia delle scene in computer grafica e l’assenza di colpi di scena fanno il resto e accentuano la delusione provata da chi, magari, avrebbe preferito una maggiore semplicità espositiva.
Gli unici aspetti positivi della campagna principale sono la sua longevità (superiore, seppur di poco, a quella degli action analoghi) e la creatività che il Team Ninja ha saputo dimostrare nello sviluppo delle sequenze in quick time e degli scontri con i boss maggiori: tutto il resto, purtroppo, non riesce a sottrarsi al caos che governa in malo modo la progressione narrativa.
KATANE VOLANTI
Come accennato nel precedente paragrafo, il mezzo disastro compiuto dal Team Ninja in sede di realizzazione della trama di Ninja Gaiden 3 finisce col riflettersi anche, e purtroppo, nelle meccaniche di gioco: quasi tutti gli esperimenti portati avanti dagli sviluppatori per modificare il gameplay del precedente capitolo della saga, infatti, si dimostrano fallimentari.
Al severo giudizio sul plot narrativo dobbiamo aggiungere, così facendo, la bocciatura in tronco delle soluzioni escogitate da Yosuke Hayashi per rendere più accessibile e accattivante il titolo in ragione delle scarse vendite dell’episodio passato: il pesante ridimensionamento del sistema di gestione dell’inventario, della varietà dei Ninpo e delle combo con la katana sono solo il triste preambolo di una “contro-rivoluzione” ben maggiore che ha come ultima, pesante conseguenza quella di abbattere il livello di difficoltà di Ninja Gaiden 3, da sempre il tratto distintivo della serie assieme alle animazioni (di cui ci occuperemo più tardi).
Lo schema dei controlli, rimappato sui tasti frontali e sui grilletti laterali per espletare le diverse combinazioni di attacchi impiegando contemporaneamente la levetta analogica per direzionare i colpi, ha trasformato le scene di combattimento in sequenze tritabottoni che compensano la sterile assenza di un motore fisico “libero” con una maggiore velocità nell’esecuzione delle mosse: per colpa di un sistema di “lock-on” troppo invasivo, comunque, la selezione del nemico da affrontare è quasi sempre automatica e rende i movimenti di Ryu indipendenti dalla volontà del giocatore.
A prescindere dal numero, dalla pericolosità e dalla posizione degli avversari, le combo a disposizione del protagonista proiettano sul malcapitato di turno una scarica di colpi che, seppur spettacolari e sanguinolenti, sono ingovernabili e non permettono al giocatore di abbozzare una qualsivoglia tattica: chi ha adorato questa saga soffrirà non poco sapendo che in Ninja Gaiden 3, per avere la meglio sui gruppi di nemici “semplici” non servirà ingegnarsi come in passato ma, al contrario, basterà utilizzare in successione i due pulsanti d’attacco e lasciar fare tutto al sistema ad “inquadratura automatica” dei cattivi a portata di tiro.
Le analisi sulle criticità più evidenti delle meccaniche di gioco dell’ultima creatura del Team Ninja superano il limite dell’umana sopportazione se pensiamo a quanta lontananza possa esserci tra il percorso videoludico portato avanti con passione da Tomonobu Itagaki e il lacunoso processo creativo che ha indotto i ragazzi di Yosuke Hayashi a sbarazzarsi del sistema di potenziamento delle armi, degli attacchi normali e di quelli speciali, ma anche di tutti gli elementi “pseudo-ruolistici” che tante gioie (e onesti dolori) hanno regalato ai fan di Ryu, basti citare la barra dell’energia che, in Ninja Gaiden 3, si ricarica al raggiungimento di un checkpoint, alla fine di ogni combattimento e persino al lancio di un Ninpo. L’unico sprazzo di luce nell’oceano oscuro del gameplay è rappresentato, esattamente come per la componente narrativa, dalle battaglie con i boss di fine livello, sia per la straordinaria eterogeneità tra le diverse creature demoniache o robotiche da affrontare che, soprattutto, per l’abbandono del sistema di lock-on automatico che macchia tutti gli altri frangenti dell’avventura.
MULTIPLAYER
Cronologicamente contigua all’avventura principale, l’esperienza in rete di Ninja Gaiden 3 cerca di bilanciare la scarsa difficoltà e la blanda complessità delle missioni in singolo con delle soluzioni originali ma ahinoi poco incisive, soprattutto in virtù delle voragini narrative e videoludiche evidenziate nei due paragrafi precedenti di questa recensione.
La modalità competitiva Clan Battle, ad esempio, soffre dell’onnipresente mira automatica del bersaglio e delle sequenze quick time, obbligando in tal modo gli utenti a scontrarsi con pesanti limitazioni in una condizione stressante e molto poco divertente. Meno problematica, grazie al cielo, è invece la modalità cooperativa Ninja Trial, una sorta di avventura parallela alla campagna in singolo che permette agli appassionati di vivere un’esperienza più fluida e armoniosa in una serie di missioni che regalano al titolo altre due o tre ore di longevità… a patto di possedere l’Online Pass, s’intende…
GRAFICA E SONORO
Pur senza eccellere in nessun ambito, il comparto tecnico di Ninja Gaiden 3 rappresenta l’aspetto meglio riuscito dell’intera opera. L’esperienza maturata dal Team Ninja con i motori multipiattaforma garantisce al titolo una grande varietà di ambientazioni, delle animazioni straordinarie e un’invidiabile ricchezza di dettagli nei modelli poligonali e nelle texture dei personaggi a schermo. Mancano le scene di smembramento più cruente, ma a queste ultime fanno da felice contraltare delle sequenze di gameplay (combo e attacchi speciali) e in cinematica davvero ragguardevoli. Ciononostante, i cambiamenti rispetto al capitolo precedente sono pochi e l’evoluzione grafica è appena percettibile, ma considerando i disastri commessi da chi si è occupato della trama e della giocabilità, tutto sommato possiamo ritenerci più che soddisfatti.
Meno entusiasmante, ma comunque superiore alla qualità media del prodotto, è invece il lavoro compiuto dal Team Ninja sul comparto sonoro e su tutti gli aspetti ad esso correlati: se da un lato i campionamenti utilizzati risultano essere in gran parte riciclati dal capitolo precedente e dalle versioni Sigma “intermedie”, dall’altro lato il doppiaggio in inglese costituisce l’elemento più felice della trama assieme ai gradevoli brani scelti per accompagnare l’azione di gioco.
COMMENTO FINALE
Ninja Gaiden 3 non regge minimamente il confronto con la complessità, il trasporto e l’esperienza videoludica dei primi capitoli, e finisce col chiudere in modo poco glorioso la seconda trilogia della saga: al netto delle ottime animazioni e dell’ispirata direzione artistica degli scontri con i boss, l’ultima fatica del Team Ninja fa acqua da tutte le parti e non riesce a sopportare il peso dell’eredità spirituale di Tomonobu Itagaki, creatore della serie che tempo fa ha lasciato Tecmo.
Gli improponibili tecnicismi narrativi della campagna principale, le confusionarie modalità multiplayer e l’insensato stravolgimento in salsa arcade delle meccaniche di gioco, infatti, fanno di Ninja Gaiden 3 un titolo senza anima che disattende le speranze di chi, dagli appassionati di lungo corso ai nuovi adepti di Ryu Hayabusa, credeva nella rinascita del re del genere degli action orientali.
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