In un mondo videoludico sempre più stretto da necessità commerciali prima ancora che artistiche, la coraggiosa scelta di Electronic Arts di trasformare di punto in bianco la saga di Need for Speed proponendo al popolo videogiocante un capitolo di rottura come Shift, ha contribuito a creare attorno a questo tredicesimo capitolo di NFS un’aura di curiosità e mistero.
Affidato da EA ai ragazzi della casa di sviluppo londinese di Slightly Mad, già autrice di GT Legends e GTR 2, Need for Speed: Shift nasce per reinterpretare videoludicamente ciò che la serie ha proposto agli appassionati nei suoi primi quindici anni di vita, preparandosi a questa sorta di “esame di maturità” per il definitivo ingresso nell’elitè dei simulatori automobilistici propriamente detti.
Come un padre premuroso che regala il motorino al proprio figlio sedicenne obbligandolo a conseguire il patentino di guida, Electronic Arts è perciò curiosa quanto noi di sapere se il suo “piccolino” è davvero in grado di camminare sulle sue gambe per conquistare il cuore (ed il portafogli) degli utenti PC, Xbox 360 e PlayStation 3: allacciate il casco e le cinture di sicurezza, scaldate il motore del vostro bolide e fate in modo di arrivare primi al traguardo, perchè c’è una recensione che v’attende impaziente dopo la pausa.
IL RE È MORTO, EVVIVA IL RE!
L’espressione in apertura di paragrafo è perfetta per descrivere sinteticamente il valore ed il significato stesso del cambiamento in atto nella saga velocistica di Electronic Arts: storicamente utilizzata per ricordare al popolo la successione dinastica e i “valori” di un ruolo, come quello del Re o del Papa, che non si estingue alla morte fisica di chi detiene il potere in quel determinato momento, la frase in questione trova in Need for Speed l’esponente perfetto per essere calata in un contesto moderno ed atipico come quello videoludico.
All’interno del “contenitore” NFS troviamo da sempre tutta una serie di capitoli e mini-filoni che, pur essendo sempre legati a doppio filo alla “ricerca adrenalinica” che contraddistinghe la saga, hanno potuto sperimentare soluzioni videoludiche distanti le une dalle altre: nel caso specifico di Shift, ad esempio, l’approccio ad una giocabilità diretta e “semplicistica” è solo la minima parte di un lavoro di perfezionamento attraverso il quale i ragazzi di Slightly Mad hanno deciso di dare alla produzione una connotazione prettamente simulativa e rispondente alle reali caratteristiche delle autovetture rappresentate virtualmente nel gioco finale.
In sviluppo da due anni, Shift è un capitolo che trae forza dall’affiliazione alla serie di Need for Speed per resuscitare commercialmente una saga caduta lentamente nell’indifferenza degli utenti e, cosa ancor più grave, degli “aficionados” della saga: le caratteristiche distintive come le corse “guardie e ladri”, il tuning estremo delle automobili per addobbarle come giocattoli o come alberi di Natale, e la sfacciata assenza di una struttura di gioco anche solo limitatamente rispondente al reale funzionamento di un veicolo terrestre a motore, in Shift divengono fantasmi di un passato da scacciare e da rinnegare.
Impugnato il volante del proprio bolide ed iniettato il primo getto di benzina nel motore della bestia, basta impostare l’entrata della prima curva per dare a Shift l’occasione di tradire le sue origini “tamarre”.
GENIO E SREGOLATEZZA, FORMA E SOSTANZA, YIN E YANG
Need for Speed è “contorno”, è “estetica”, è “superficialità” prima ancora che concretezza videoludica, quindi in ossequio ai trascorsi della saga e a ciò che gli appassionati hanno sempre cercato in essa, cominciano con il descrivere ciò che Shift ha da offrire loro sotto il profilo dell’immediatezza per poi passare in un secondo tempo alle novità della guida simulativa.
Differentemente dal lavoro svolto da EA con i capitoli precedenti, la cui vacuità della narrazione in singolo era solo un pretesto per barcamenarsi tra un numero spropositato di opzioni di gioco fotocopia, i ragazzi di Slightly Mad hanno preferito focalizzare le loro attenzioni su un particolare sistema di gioco fondato sulle gare competitive su pista.
Il circo velocistico di Shift non è distante da quello messo in piedi da Federazioni automobilistiche come quelle di Formula 1, Indy e Nascar. Il nostro compito, come piloti professionisti, non sarà quello di scappare dalla morsa della Polizia nè tantomeno quello di correre pacchiane gare clandestine in notturna: la nostra sarà infatti una vera e propria Carriera scandita ritmicamente da tornei, eventi speciali ed uno-contro-uno su circuiti automobilistici dagli spalti gremiti.
La crescita professionale del proprio pilota è veicolata da un doppio sistema di valutazione delle performace su pista curato sotto ogni minimo particolare: se da un lato la quantità di soldi guadagnata in gara è vincolato ad un livello che cresce esponenzialmente alla Precisione e all’Aggressività dello stile di guida adottato in pista, dall’altro lato un sistema di punteggio a “Stelle” si occupa di premiare il posizionamento sul podio (per un massimo di 3 Stelle), la “qualità” della propria gara (2 Stelle) e il raggiungimento di un determinato obiettivo (una Stella). Raggiunto un il numero prestabilito di Stelle si ha la possibilità di partecipare a tornei della stessa categoria di appartenenza o di categorie superiori, a speciali Eventi “ad invito” e a gare di Drift in cui vince chi riesce a derapare in curva di più e meglio degli altri concorrenti.
PICCOLI SIMULATORI CRESCONO
Rispetto alle passate iterazioni della saga di EA, Shift tenta di risollevare le sorti di Need for Speed provando una clamorosa svolta nell’inesplorato regno dei simulatori automobilistici: l’esperienza accumulata negli anni da Slightly Mad è certamente una garanzia per tutti coloro in ansia di sapere se e come possa essere modificata così profondamente una serie che ha già sperimentato in passato una guida realistica, sacrificandola però subito dopo sull’altare delle vendite.
Il vero metro di giudizio che dobbiamo adottare per l’analisi della giocabilità di Shift va perciò rintracciato tra i simulatori automobilistici piuttosto che tra i precedenti episodi di una serie, come quella di Need for Speed, ormai lontana anni luce. Provando ad osservare la creatura di Slightly Mad sotto questa luce, appare evidente quanto Shift sia lontano dai canoni minimi che qualificano un genere videoludico che fa dell’accuratezza e della ricerca della perfezione due imprescindibili caratteristiche.
Nonostante si possano impostare liberamente gli aiuti di gara e i diversi parametri che regolano la propria vettura prima della partenza, tutto questo non fa altro che assumere la forma di uno specchio che distorcerne enormemente il comportamento su pista, limitandosi a scimmiottare una giocabilità che di simulativo ha davvero poco.
Decantata da Slighlty Mad come una delle caratteristiche vincenti di Shift, la fisica di gioco non riesce a ricreare sufficentemente la reazione delle vetture in curva così come nei rettilinei veloci: il sotto-sovrasterzo cui vanno perennemente incontro i bolidi (di qualsiasi cilindrata/trazione essi abbiano) rende il tutto tremendamente “fantozziano” e non riesce a “formare il carattere” delle auto di gioco, che difatti si lasciano domare con una facilità mostruosa dopo pochi giri di collaudo. Aggiungete a tutto questo l’inutilità dei danni (che si limitano a deviare leggermente l’asse anteriore/posteriore) ed eccovi spiegato il motivo di un simile giudizio negativo, che diventa una sonora bocciatura qualora siate appassionati amanti di simulatori automobilistici propriamente detti.
MULTIPLAYER
Similarmente all’esperienza di gioco in singolo, la componente online di Need for Speed: Shift sacrifica la varietà delle gare proposte per puntare tutto sugli aspetti qualitativi delle modalità offerte a chi si accinge a competere in Rete contro altri corridori. La particolare giocabilità scelta da Electronic Arts e Slightly Mad, coniugando gli aspetti arcade a quelli simulativi è una mossa videoludicamente azzeccata in relazione al multiplayer, che così facendo può essere apprezzato da un numero di giocatori incredibilmente elevato e composto sia da utenti dal volante “caldo” che da piloti carenti in esperienza ma desiderosi di farsi velocemente un nome tra le comunità virtuali approntate per l’occasione dalla multinazionale statunitense e dalla sussidiaria britannica.
A tal proposito è da citare la possibilità di poter scattare foto dai replay per poterle conservare in Rete o per inviarle agli amici tramite EA Nation, una piattaforma che torna felicemente ad offrire i suoi validi servigi proseguendo l’ottimo lavoro svolto con gli ultimi capitoli della saga di Need for Speed.
GRAFICA E SONORO
Il comparto tecnico di Need for Speed: Shift rappresenta al meglio la “Driver Experience” descritta da Slightly Mad e mostrataci in questi mesi con le tante immagini e i video attraverso i quali potersi rendere conto del lavoro svolto dalla casa di sviluppo britannica: il senso di velocità e di “fluidità” garantito dal motore grafico sono una vera e propria gioia per gli occhi ed offrono un altissimo livello di immedesimazione, anche e soprattutto in considerazione del ritorno della telecamera interna (manca alla serie da NFS Porsche 2000) e del fortissimo effetto di blur applicato alla scena di gioco durante gli scontri più cruenti. Completamente da rivedere è invece la zoppicante navigazione dei menù e la parte di codice deputata alla gestione delle collisioni e della fisica in generale: superare un avversario sollevandolo (letteralmente) dall’asfalto passandogli sotto senza subire alcun danno nè sbandamento è un orrore assoluto.
Allineato al livello qualitativo del comparto visivo troviamo il reparto audio, che adempie alla perfezione al compito di gestire tutta l’impalcatura di suoni e rumori di pista così come le fasi all’interno dei menù. Esattamente come la parte grafica, purtroppo, anche il lavoro sull’audio di Shift si dimostra incompleto per tutta una serie di inesattezze e sbavature più o meno fastidiose, dalla ripetitività delle frasi precedenti l’entrata in pista del proprio pilota ai singhiozzanti brani dei menù che s’interrpono senza preavviso e non sembrano seguire una logica di fondo.
Per quanto riguarda invece le differenze tra le varie versioni del titolo EA, troviamo lodevole il lavoro con cui i ragazzi di Slightly Mad hanno dato omogeneità a tutte le “anime” ad alta definizione del loro progetto: nonostante la versione PC garantisca un’ovvio vantaggio in termini di volanti utilizzabili, di scalabilità del motore grafico e di possibilità di fruizione del tutto con risoluzioni video superiori, possiamo considerare le controparti per PlayStation 3 e Xbox 360 sullo stesso piano critico di giudizio, anche se la versione per console Microsoft riesce ad avvantaggiarsi di caricamenti mediamente più veloci se si provvede ad installare il gioco su hard disk.
COMMENTO FINALE
Con Need for Speed: Shift, Slightly Mad ed Electronic Arts tentano l’impresa impossibile di conciliare l’inconciliabile attraverso un prodotto sfacciatamente rivolto al mercato nonostante l’impronta simulativa data al progetto nella sua interezza. Ad un’analisi critica ed oggettiva si può considerare il tutto come un felice balzo qualitativo della saga ma non possiamo, non vogliamo e non dobbiamo soprassedere su scelte che minano il concept di gioco snaturandolo di punti di riferimento precisi: a quale tipologia di videogiocatore è rivolto Shift? Quali sono le caratteristiche davvero uniche ed innovative che possiamo estrapolarne per dire “si, è un prodotto completo”?
Pur distinguendosi dalla massa con una realizzazione tecnica di prim’ordine ed una giocabilità assolutamente imparagonabile a quella dei simulatori ma comunque in grado di regalare più di una soddisfazione, Shift risente ancora dell’influsso (leggasi “maledizione”) della serie di Need for Speed, evitando di smarcarsene per lasciarsi finalmente alle spalle una filosofia videoludica che vede la Forma prevalere sulla Sostanza. Ed è proprio per questo che ne consigliamo l’acquisto solo ed esclusivamente a coloro i quali hanno avuto modo di testare per un numero sufficiente di tempo la nuova iterazione della serie di Need for Speed, perchè in Shift nulla è come sembra e perchè ci sono troppi punti, nascosti al grande pubblico dalla collocazione a sproposito in una saga lontana stilisticamente e videoludicamente, che potrebbero deludere chi decide di lasciarsi andare ad un acquisto ad occhi chiusi.
SECONDA OPINIONE
Checché ne abbiano detto dichiarazioni, controdichiarazioni, speculazioni o addirittura anteprime curate da sedicenti piloti di professione, Need for Speed: Shift non è una simulazione di guida ma un gioco con una componente simulativa nettamente sottodimensionata rispetto alla controparte arcade. Ciò non significa che non sia godibile: Shift è semplicemente l’ennesima interpretazione dell’ibrido arcade/realismo che da anni tiene sulla cresta dell’onda Gran Turismo e Forza Motorsport. Interpretazione più caciarona, più spensierata, meno rigorosa dei suoi concorrenti diretti. Insomma, più “EA”. Shift può garantire ottime dosi di divertimento, soprattutto a chi sa prenderlo per quello che è senza particolari pretese. Non è poi così difficile perdonare l’altalenanza dei comportamenti che troviamo nelle auto (alcune moderatamente verosimili e divertenti, altre maledettamente improbabili e noiose) o il sistema di collisioni quantomeno curioso e godersi la spettacolarità del gioco, con la sua ottima veste grafica e un modello di guida votato allo spettacolo, ai traversi, alla cattiveria spesso gratuita nei confronti degli avversari.
Shift è il miglior Need For Speed degli ultimi 10 anni (almeno): se ciò per voi è abbastanza, sborsate pure il vil danaro. In caso contrario, nel giro di qualche settimana sarete comunque in buona compagnia…
David
Cosa ci piace | Cosa non ci piace |
|
|