La cornice è di per sé evocativa. Siamo negli studi Warner Bros. di Milano ed è il gran giorno della presentazione italiana ufficiale di Lollipop Chainsaw. Tra un’action figure di Batman ed una di Titti, ci facciamo largo per accaparrarci un angoletto da cui seguire il tutto. E così come in parte grottesco appare lo scenario, lo stesso dicasi immancabilmente per quest’ultimo progetto di Suda51 e soci.
D’altro canto quest’ultimi ci hanno oramai abituati ad ambienti, temi e personaggi surreali, partendo quasi da lontano lungo l’arco dell’attuale generazione. Si cominciò da No More Heroes, titolo uscito su Wii nel 2007, e che già allora divise critica e giocatori. Per alcuni troppo stantio, per altri (compreso il sottoscritto) un progetto non privo di difetti ma altrettanto carico di stile.
Aspetti che, in misura diversa, ritroviamo nell’ultimo dei suoi titoli più chiacchierati, ossia Shadows of the Damned, in cui però i meriti/demeriti sono condivisi con un altro mostro dalle strane visioni come Shinji Mikami. Non certo un caso di talento sprecato, ma da un connubio simile ci si aspettava che le pareti grondassero colori durante le nostre sessioni di gioco. E poi c’è questo Lollipop Chainsaw, progetto che sin dall’inizio ha dato prova di una certa atipicità, per quanto atipico oggigiorno possa essere una prosperosa protagonista in un ambiente irrazionale per un horror stesso.
In questi giorni, dopo aver assistito alla bella conferenza stampa, un’immagine ci è rimasta in mente, ed è la stessa che abbiamo descritto ad altri curiosi. Juliet, il personaggio che controlleremo, si sposta da un’aula all’altra della sua scuola, oramai in completa balia della furia omicida di orde di zombie. L’ansia e l’angoscia di un simile contesto non ci sfiorano nemmeno – e non potrebbe essere diversamente, visto che la bella cheerleader si porta a spasso la testa del suo amato fidanzatino a mo’ di ciondolo, attaccato alla vita. Tuttavia mai ci saremmo potuti aspettare ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
Breve filmato illustrativo. Piove un palo dalla parte superiore della stanza. Riprendiamo il controllo di Juliet. Ci dirigiamo verso il palo appena menzionato. Parte la lap dance. Abbiamo tentato di dare un’idea riportandovi il tutto in maniera schematica, perché grossomodo è così che accade. Ma se fino a qui c’eravamo, è dopo che ci siamo smarriti. Dopo, quando Juliet, appesa a quel palo come se la Fisica fosse solo uno scherzo di cattivo gusto, innesca una strana combo. Da quel momento si assiste ad una scena simile a quelle zanzare che vanno incontro ad una morte inesorabile, abbagliate da quella luce accecante che, a momenti, le affumicherà. Zombie tranciati in più parti da quella motosega che mai sino a quel momento ci è parsa tale e quale al pennello dell’artista.
Sono queste piccole cose, cose che alcuni definirebbero dettagli, a fare la differenza in Lollipop Chainsaw. Non ci si ostini a setacciare il sistema di combattimento o il semplice level-design in un titolo del genere. Un progetto che del design stesso si fa beffe, attingendo a piene mani da un argomento che meno originale non si può – una scuola superiore quale teatro dell’orrore ci ricorda vagamente certi teen-horror tanto in voga qualche tempo fa, così come, per esempio, un quasi recente manga che prende il nome di Highschool of the Dead.
Ma citazioni a parte, Lollipop Chainsaw riesce sin dalle premesse a ritagliarsi un posto, non importa dove, per via della sua originalità. Potrebbe anche bastare uno sguardo e, forse, riconoscereste questo gioco tra tanti. In un’epoca in cui oramai si fa fatica a tenere il passo con le miriadi di titoli apparentemente diversi ma così tediosamente uguali, ci sembra un bel complimento rivolto agli sviluppatori.
Altro merito è quello di aver fuso in maniera abbastanza efficace una certa sensibilità nipponica con una spiccatamente americana. Il nome di James Gunn, d’altronde, campeggia a chiare lettere sull’insegna di questo progetto. E ci sembra alquanto opportuna la sua menzione, alla luce di certe uscite, certi dialoghi ed episodi che denotano un umorismo già scorto, manco a dirlo, in un film come Super.
Tutto ciò diviene operativo già dal filmato d’apertura, a nostro parere uno dei migliori degli ultimi anni. Irriverente, sarcastico e colmo di nonsense. Un “senza senso” non fine a sé stesso, però, che suscita ilarità e gioca con chi lo osserva, quasi dedito gustandolo. Qualcosa di più ricercato, insomma, senza nobilitare un titolo che di per sé non ha alcuna mira anche solo timidamente alta. Ci farà molto piacere se qualcuno, dopo attente riflessioni, si prenderà la briga di analizzare questo mix di culture basse, tanto orientali quanto occidentali – considerando che la seconda, nonostante tutto, sembra prevalere sulla prima, non fosse altro per l’ambientazione.
E se qualcuno ebbe da ridire, non a torto, su un certo ritardo tecnico di cui evidentemente soffriva un titolo come No More Heroes, non ci pare che Lollipop Chainsaw mostri il fianco alle medesime critiche. Purtroppo non abbiamo potuto mettere mano al pad, ma ciononostante affettare zombie ed eseguire combo ci è sembrato abbastanza divertente, anche se, come già detto, bisogna valutare questo titolo anche alla luce di altre componenti.
Perché nulla sarebbe l’ennesimo hack’n slash caciarone senza un ritmo follemente incalzante ed una colonna sonora che gli si adatta come un guanto. Tanta musica “forte” quindi, tra hard-rock, punk-rock e metal; libreria che abbiamo già avuto modo di riportarvi. Ma a sua volta anche ciò che appaga l’orecchio poco sarebbe se lo squartamento di ogni zombie non ci consegnasse delle medaglie, fondamentali per tutta una serie di cose che vi lasciamo solo immaginare. Il resto è un po’ come Super Mario… si salta da una testa all’altra di ignari non-morti per amore di una moneta. Non sarà l’apice del perfetto citazionismo, ma noi il 15 Giugno lo abbiamo già cerchiato in rosso sul calendario.