Come ogni lunedì mattina, eccoci di nuovo al nostro spazio informativo dedicato agli eventi, alle dichiarazioni, ai fatti e alle indiscrezioni più importanti che hanno contraddistinto la settimana videoludica appena trascorsa.
Dall’attesissimo ritorno di Cliff Bleszinski alla paradossale causa intentata da Lindsay Lohan contro i vertici di Rockstar Games, gli approfondimenti e le considerazioni che troverete nelle Pagelle di Gamesblog di quest’oggi coprono alcune delle notizie più in vista della settimana che va dal 30 giugno al 6 luglio.
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Il ritorno di CliffyB
A inaugurare nel migliore dei modi la settimana appena trascorsa ci ha pensato quel geniaccio di Cliff Bleszinski annunciando il suo attesissimo ritorno sulla scena videoludica attraverso le pagine del suo profilo Twitter ufficiale:
I'm officially coming out of retirement to make video games again.
Stay tuned here for details in the next 7 days!
#DontCallItAComeback
— Cliff Bleszinski (@therealcliffyb) 30 Giugno 2014
In questa sua nuova avventura lontano dalla scena mainstream rappresentata dalla sua precedente collaborazione con Microsoft ed Epic Games, il papà della saga sparatutto di Gears of War sarà affiancato dal co-fondatore di Guerrilla Games Arjan Brussee: a CliffyB e alla mente dietro a Killzone spetterà il compito di portare avanti il progetto inaugurale della loro nuova casa di sviluppo indipendente, la Boss Key Productions. Buon lavoro a entrambi, allora!
Console war al miele
Quasi a voler gettare acqua sul fuoco delle provocatorie dichiarazioni rilasciate alla fine del mese scorso da Scott Rohde in relazione all’atteggiamento assunto dai vertici di Sony Worldwide Studios all’annuncio del prezzo del bundle di Xbox One con Kinect durante l’E3 dello scorso anno, il presidente di Sony Shuhei Yoshida è intervenuto sulle pagine di Eurogamer per compiere un gesto distensivo nei confronti degli “odiati” nemici di Microsoft attraverso una serie di considerazioni al miele sul suo “dirimpettaio”, il nuovo boss della divisione Xbox Phil Spencer:
“Ho apprezzato molto il comportamento di Spencer da quando ha assunto la doppia carica di capo della divisione Xbox e dei Microsoft Studios, ho ascoltato con attenzione molte delle sue interviste e non posso fare a meno di constatare quanto sia intelligente e ragionevole, decisamente più di quanto avessero dimostrato i suoi predecessori negli anni passati.
Mi aspettavo che avrebbero tolto Kinect dal bundle base di Xbox One così da abbassarne il prezzo, certo, ma non così presto. Il cambio di gestione li ha certamente aiutati a ricominciare e questo è un bene per tutta l’industria, la competizione è uno stimolo per tutti a fare meglio. Credo proprio che alla fine saranno i consumatori a vincere, se tutti dimostreranno di essere coerenti e di intercettare il volere e i desideri dei propri fan.”
Il tempo delle recriminazioni, delle dichiarazioni al veleno e della console war selvaggia sembrano essere finiti. Se la “pace armata” di Sony e Microsoft contribuirà o meno all’evoluzione dell’industria e al miglioramento dell’offerta videoludica tra titoli tripla A, esclusive e progetti indipendenti, però, lo scopriremo solo vivendo.
Prove a pagamento
Se siete degli assidui frequentatori del negozio digitale di Xbox One, allora saprete già che nel corso di questi giorni il Marketplace dell’ammiraglia di casa Microsoft è stato fatto oggetto delle furibonde critiche di chi, visitando le pagine delle demo di FIFA 14 e di EA Sports UFC, ha notato la sorprendente trasformazione di queste ultime da contenuti in download gratuito a veri e propri elementi “premium” a pagamento. Stando alle dichiarazioni rilasciate a tal proposito dai vertici di Electronic Arts, tutto ciò è stato causato da un errore di natura tecnica: a prescindere dalla veridicità o meno delle affermazioni di EA, un tale “disguido” non può passare inosservato se pensiamo al modo in cui l’industria videoludica si è evoluta negli ultimi quindici anni.
Per realizzare la demo di un videogioco multimilionario curato da decine di programmatori, infatti, oramai non basta “ritagliare” una parte di codice e servirla sul piatto digitale del negozio online di una console moderna, ma spesso (per non dire quasi sempre) c’è bisogno che un team apposito si dedichi alle modifiche da apportare ai menù, alle dinamiche di gioco e a tutto ciò che concerne la progressione dei livelli e della trama. Le major del settore spendono somme di denaro sempre più ingenti per sviluppare le demo e non è un caso se i rappresentanti dei colossi dell’industria, di tanto in tanto, decidono di esporsi mediaticamente per provare a far passare l’idea secondo la quale sia giusto che le demo vengano viste come dei servizi di alta qualità e che, in quanto tali, debbano essere proposti a pagamento.
Ripensate a tutto questo, quindi, la prossima volta che vedrete accadere un simile “disguido tecnico” sullo store digitale della vostra piattaforma preferita.
Starlette bizzose
La notizia ha fatto il giro del mondo e merita di essere ripresa e amplificata: i legali di Lindsay Lohan hanno citato in giudizio Take-Two per le “inequivocabili somiglianze” riscontrabili tra la loro assistita e il personaggio secondario di Lacey Jonas di Grand Theft Auto V.
Stando agli avvocati che hanno avuto la sciagurata idea di depositare questa denuncia assecondando i capricci della chiacchierata starlette statunitense, gli sviluppatori e gli autori di Rockstar Games avrebbero attinto a piene mani dagli eventi che hanno caratterizzato la vita pubblica e privata della Lohan per dare forma alle missioni di GTA V legate alla pseudo-attrice Lacey Jonas. Ogni commento al riguardo sarebbe assolutamente superfluo.
La confusione di zio Peter
Dopo aver passato l’intera settimana a pontificare sulla bontà dei free-to-play e sulla necessità dei titoli sorretti da un sistema di microtransazioni facoltative, il Chief Operating Officer di Electronic Arts, Peter Moore, ha avuto il coraggio di bacchettare i videogiocatori di lunga data (i cosiddetti “hardcore gamers”) affermando ai microfoni di GamesIndustry.biz come questi ultimi siano poco propensi ad accettare i cambiamenti che l’industria dei videogiochi sta attraversando:
“Questi sono tempi diversi, e in quanto tali richiedono metodi e strategie diverse per coloro che sono intenzionati a rimanere in questo business. Tantissimi nuovi utenti stanno entrando nel mercato videoludico e hanno aspettative diverse da quelle degli hardcore gamers. La situazione è questa, si può ignorare il cambiamento e fare finta che non stia accadendo nulla o si può accogliere il cambiamento, e noi di EA abbiamo deciso di dare il benvenuto a tutti coloro che vogliono divertirsi ed entrare in questo universo.”
Se il “vento del cambiamento” paventato da Moore ha a che fare con i free-to-play fittizi che richiedono l’acquisto obbligato di pacchetti aggiuntivi o con titoli di successo trasformati in telenovelas serializzate da spremere fino alla loro definitiva chiusura (ogni riferimento a RockBand e a Medal of Honor è puramente casuale), allora sono ben felice di rimanere sulla mia isola deserta a giocare a quei cari, vecchi titoli che funzionano perfettamente senza dover scaricare pantagrueliche patch di lancio e che non mi costringeranno ad acquistare decine di DLC per ovviare alla mancanza di quei contenuti che dovrebbero essere già presenti all’interno del disco.