Il fatidico giorno di lancio di Grand Theft Auto V è finalmente giunto: la saga che più di ogni altra ha contribuito a definire il linguaggio videoludico moderno e a dare forma all’attuale industria multimilionaria dell’intrattenimento digitale riabbraccia le folle oceaniche di fan cresciuti a pane e sparatorie con un capitolo che, nelle promesse dei Rockstar Games, è destinato a sconvolgere il settore e ad evolvere la serie con centinaia di migliorie, di ottimizzazioni e di vere e proprie innovazioni.
Per questo, e per i fiumi d’inchiostro versati – nella maggior parte dei casi completamente a sproposito – dalla stampa di settore e da quella generalista, qualsiasi frase di circostanza che potremmo scrivere su queste pagine per celebrare l’uscita di GTA V suonerebbe vuota, pretestuosa e assolutamente priva di significato: solo chi ha passato questi mesi sognando di tuffarsi nelle calde acque dell’oceano virtuale che bagna le spiagge di Los Santos è consapevole del fatto che ormai nulla, a questo punto, può essere detto o scritto al riguardo per sublimare le aspettative e le speranze nutrite da milioni di appassionati in tutto il mondo.
Senza perderci in inutili chiacchiere, quindi, con la recensione che vi proporremo quest’oggi dopo aver passato una ventina di ore in compagnia di Michael, Trevor e Franklin cercheremo semplicemente di scoprire fino a che punto sono riusciti a spingersi i ragazzi di Rockstar Games per tenere fede alla loro promessa di proiettare Grand Theft Auto V nell’Olimpo dei videogiochi.
L’AMBIZIOSO, IL SOCIOPATICO E LO SVITATO
Sotto l’attenta direzione di Dan Houser, il nutrito team di autori incaricato di dare forma alla campagna principale di GTA V ha seguito il percorso narrativo tracciato con i precedenti capitoli della saga per offrirci un affresco degradante, e allo stesso tempo irriverente e autoreferenziale, di una società contemporanea brutalmente appattita al volere e agli interessi del più forte. La tecnica adottata dai ragazzi della grande R per erigere l’impalcatura autorale delle innumerevoli e variegate missioni che punteggiano la galassia di compiti da svolgere nell’avventura in singolo segue così l’impostazione “darwinistico-tarantiniana” di un graffiante serial televisivo “alla HBO”: come una gigantesca Sodoma affacciata sull’oceano, la Los Santos di GTA V assume infatti le sembianze di una “manifestazione videoludica” dell’Atlantic City di Boardwalk Empire, con i suoi gangstar a ricoprire il ruolo dei boss complessati dei Sopranos.
È in un simile contesto di desolante regresso consumistico che i Rockstar Games dipingono la storia di tre personaggi che, ciascuno seguendo le proprie, personalissime motivazioni, decidono di intrecciare le loro esistenze per ritagliarsi uno spazio tutto loro nella ricca industria criminale di Los Santos mettendo il dito nella piaga purulenta della società occidentale e, naturalmente, approfittando del caos portato dalle loro azioni. Il più “normale” dei tre è Franklin, un giovane ragazzo di colore che vive ai margini della società e che ha deciso di lasciare la sua gang e di darsi alle rapine per avere l’opportunità di uscire dal ghetto: l’apparente e, per certi aspetti, paradossale “normalità” di Franklin viene enfatizzata dalla condizione di assoluta unicità e dalle peculiarità caratteriali degli altri due membri del cast di attori impersonabili composto, per ordine di importanza, da Michael (un ex assaltatore di banche finito “spintaneamente” in pensione dopo essere passato nel programma di protezione testimoni) e da Trevor (uno psicopatico e un assassino conclamato con profondi problemi di gestione della rabbia).
IL DURO MESTIERE DEL LADRO
Attorno alla “società” messa in piedi da Michael e dai suoi sodali per tentare la scalata alla criminalità organizzata di Los Santos organizzando colpi sempre più complessi gravitano quasi tutti gli eventi che contraddistinguono l’esperienza di gioco della campagna in singolo di Grand Theft Auto V: ciascun personaggio, infatti, possiede un carattere unico e un proprio background narrativo, da qui la necessità di spezzare di frequente il filo logico che unisce le missioni principali per intraprendere un numero spropositato di attività secondarie che di “secondario”, però, non hanno nulla.
Grazie agli incredibili sforzi profusi dagli autori di Dan Houser per comporre il gigantesco puzzle narrativo di GTA V, la storia di Michael, Trevor e Franklin non si manifesta solo nelle avventure compiute dai tre “nell’esercizio delle loro funzioni” ma, al contrario, trova una logica rappresentazione nella capacità, da parte dell’utente, di indossare i panni dell’uno o dell’altro personaggio attraverso un apposito sistema di switch automatico del protagonista impersonabile. Nell’intervallo tra una missione e l’altra, l’inedito modulo che permette al giocatore di cambiare il proprio alter-ego con la semplice pressione di un tasto funziona come un orologio svizzero e costituisce la perfetta base su cui si regge l’enorme impianto sandbox di un titolo che, inutile specificarlo, fa della libertà di scelta dei luoghi da visitare e delle attività da svolgere le sue armi più affilate: tra gare di triathlon, sfide a tennis, sessioni dallo strizzacervelli e battute di caccia al ricercato, le opzioni a disposizione dei tre antieroi di GTA V sono praticamente infinite e giustificano il continuo cambio del protagonista da interpretare.
Una volta ritornati alla campagna in singolo dopo esserci immersi negli elementi open-world del titanico sistema di gioco di GTA V, però, le meccaniche di switch tra i personaggi vengono pesantemente limitate dai paletti narrativi della storia, dalle azioni da compiere e dai ruoli ricoperti dagli attori impegnati in ciascuna delle folli missioni scritte dagli autori della grande R: in questi frangenti, infatti, l’utente non può far altro che seguire il copione di un film già scritto limitandosi, di volta in volta, a cambiare attore nelle rare occasioni in cui è il sistema stesso a “consigliargli” di effettuare lo switch. La sconvolgente eterogeneità delle missioni della “linea narrativa” principale e gli incredibili eventi che corrono sottotraccia lungo tutta la storia, però, giustificano ampiamente la coraggiosa scelta fatta dagli uomini e dalle donne di Dan Houser per dare centralità alla componente narrativa senza diluirla nel fiume impetuoso delle attività secondarie legate all’esplorazione della titanica mappa di gioco e, quindi, al divertimento fine a se stesso.
UN MONDO DI OPPORTUNITÀ
Se dal punto di vista della trama la chiave di volta della costruzione narrativa di GTA V è rappresentata dall’innovazione garantita dal sistema di switch dei personaggi e, quindi, dalla straordinaria varietà di situazioni da poter vivere nei panni di Michael, Trevor e Franklin, sotto il mero profilo della giocabilità l’opera ultima dei Rockstar Games è la dimostrazione plastica degli sforzi compiuti per mettere a frutto l’esperienza pluriennale maturata dal team di Dan Houser attraverso una complessa operazione di “evoluzione multidisciplinare” volta a ottimizzare, a rivedere e a migliorare ogni singolo elemento dell’offerta di gioco del capitolo precedente della saga.
Pur adottando il medesimo linguaggio videoludico apprezzato da milioni di appassionati con l’avventura di Niko Bellic vissuta nel 2008 all’ombra dei grattacieli di Liberty City, i vertici della rinomata casa di sviluppo a stelle e strisce hanno saggiamente deciso di “arricchirne il vocabolario” per dare un senso più compiuto alle dinamiche di gameplay della campagna in singolo e a tutto ciò che, in un modo o nell’altro, va ricondotto all’esperienza sandbox del titolo: ponendo sotto questa luce gli elementi più “freschi” della struttura di gioco di Grand Theft Auto V, ad esempio, capiamo il perchè dell’introduzione di una barra di energia deputata alla gestione delle inedite abilità impiegabili dai tre alfieri del singleplayer. Queste speciali abilità, legate in maniera indissolubile a ciascuno dei protagonisti ma basate su di un medesimo bullet-time ricaricabile eseguendo determinate azioni nel corso della partita, consentono all’utente di mirare più velocemente, di guidare schivando le auto nel traffico e di dosare le energie da spendere nella corsa a piedi o in bicicletta.
Oltre che per l’adozione delle “abilità di classe”, il deciso processo di evoluzione del gameplay di GTA V passa anche per la completa riformulazione delle animazioni e delle opzioni a disposizione del giocatore nelle sessioni di combattimento all’arma bianca (con la possibilità di eseguire combo e mosse elusive) e in quelle, di certo non meno influenti, delle sparatorie (con l’inedita capacità di servirsi delle coperture dinamiche). Non meno importanti delle ottimizzazioni al combat system troviamo poi le novità legate agli eventi estemporanei generati casualmente dal codice di gioco in una maniera del tutto analoga a Red Dead Redemption, all’ingresso di diverse attività sportive da svolgere parallelamente alla storia e agli interventi compiuti dai Rockstar Games per dare forma alle centinaia di elementi di personalizzazione dell’equipaggiamento e dei veicoli in proprio possesso (in quest’ultimo caso sia per le elaborazioni prestazionali che per le modifiche squisitamente estetiche)
A far da triste contraltare alle abilità dei personaggi, al sistema di coperture dinamiche, alle innovazioni negli scontri all’arma bianca, alla personalizzazione spinta delle armi e dei veicoli, alla squisita varietà delle “attività accessorie” e all’adrenalinico impianto delle sparatorie troviamo però l’ininfluente sistema ruolistico per la progressione delle capacità di ciascun protagonista, la scarsa cura delle sessioni di gioco e di addestramento con Chop (il cane di Franklin), il non particolarmente elevato livello di difficoltà delle missioni proposteci e l’irrealistico modello di guida con le moto. Le semplificazioni e le sbavature del gameplay di Grand Theft Auto V, comunque, non pregiudicano in alcun modo l’esperienza di gioco data la sconfinata libreria di missioni, di compiti e di attività a cui potersi dedicare nel corso di una campagna in singolo dalla longevità potenzialmente infinita.
MULTIPLAYER
Ambientato nel medesimo universo di gioco della campagna singleplayer ma completamente sganciato dalle vicende che vedono per protagonisti Michael, Trevor e Franklin, il modulo in rete di Grand Theft Auto V sarà disponibile a partire dal 1° ottobre attraverso una patch scaricabile gratuitamente: una volta provveduto a dare forma al proprio alter-ego, gli utenti potranno muoversi liberamente all’interno dell’enorme mappa di gioco interagendo con gli altri “criminali virtuali” per compiere assieme a loro delle rapine, delle missioni cooperative o delle vecchie e sane sparatorie tra gang rivali.
La rosa di sfide a cui accedere all’interno di GTA Online non sarà predeterminata ma, per la gioia di tutti i modder, potrà essere ampliata attraverso un sistema di creazione e di condivisione di gare, di compiti secondari e di missioni, o almeno questo è ciò che i ragazzi di Rockstar Games ci hanno promesso: non avendo potuto provare in anteprima questa specifica modalità, infatti, purtroppo dovremo attenderne il lancio ufficiale per poter condividere con voi i nostri giudizi in tal senso aggiornando questo paragrafo o, magari, pubblicando una recensione apposita qualora l’esperienza videoludica della componente multiplayer eguagli quella della modalità in singolo.
GRAFICA E SONORO
In maniera del tutto analoga al canovaccio narrativo e al titanico sistema di gioco della campagna in singolo (e si spera anche del multiplayer), sotto il profilo squisitamente tecnico Grand Theft Auto V dimostra di essere il nuovo re incontrastato degli action a mondo aperto. Rispetto al capitolo precedente della saga, i passi in avanti compiuti dai programmatori e dai designer di Rockstar Games hanno del miracoloso: dal motore fisico all’illuminazione ambientale, dal livello di dettaglio di ogni singolo elemento che compone la mappa alla cura riposta dagli artisti di Dan Houser per caratterizzare un’area di gioco vasta più del triplo di quella dell’ultimo capitolo della saga, si fa davvero fatica a credere che la mole smisurata di elementi grafici mossi a schermo dall’engine di GTA V possa girare sull’ormai superato hardware di PlayStation 3 e Xbox 360.
Nonostante questo, però, in più di un’occasione si percepisce la netta sensazione che i ragazzi della grande R abbiano “forzato la mano” strizzando all’inverosimile il motore grafico per farlo rientrare nelle stringenti specifiche di sistema delle attuali piattaforme casalinghe di casa Microsoft e Sony: ci riferiamo ad esempio ai frequenti cali di framerate nelle occasioni più concitate, ai non meno rari glitch causati da un eccessivo ritardo nel caricamento delle texture che mappano le superfici a schermo e di intere porzioni di quartieri, al fastidioso aliasing degli oggetti posti in lontananza e alla “semplicità” degli effetti particellari. A prescindere dalle sbavature più o meno evidenti riscontrabili tra le pieghe del codice dell’engine di GTA V, comunque, bisogna essere davvero abituati a cavare sangue dalle rape per trovare un difetto degno di inficiare la qualità stratosferica di un titolo che, in quanto a grafica e a design, supera di parecchie lunghezze qualsiasi altro action sandbox partorito fino ad oggi dalla concorrenza.
Anche per ciò che concerne il comparto audio, Grand Theft Auto V non tradisce le attese e offre un chiaro esempio di quanta cura possa essere stata riposta dai Rockstar nella costruzione dell’impalcatura emozionale e caratteriale di questo progetto. Le 15 stazioni radio di Los Santos e della Contea di Blaine coprono tutti i principali generi musicali trasmettendo la bellezza di 240 canzoni su licenza, assieme ad ore ed ore di interventi radiofonici a dir poco dissacranti; gli sforzi profusi dagli esperti “tecnici del suono” degli studios americani si manifestano poi in una serie di brani strumentali che accompagnano le scene di gameplay più adrenaliniche, in migliaia di suoni ambientali riprodotti alla perfezione e in un doppiaggio che lascia il segno (sia per la magistrale interpretazione di gran parte degli attori coinvolti che per il tenore “da censura” di un copione impossibile da riproporre su grande schermo).
Per la mole spropositata di dialoghi registrati, però, esattamente come nel precedente capitolo della saga anche in GTA V l’unico doppiaggio presente è quello in inglese: in compenso, almeno, tutti i discorsi principali, le voci dei menù e il 90% circa dei “testi d’accompagnamento” dei siti internet ci vengono proposti in italiano e offrono, oltretutto, una traduzione non meno edulcorata e irriverente dei dialoghi e dei testi della versione in madrelingua.
COMMENTO FINALE
Grand Theft Auto V anticipa di due mesi l’avvento della next-gen scardinando il preesistente schema degli action a mondo aperto attraverso una serie di geniali trovate narrative dal puro stampo tarantiniano e di innovazioni ludiche che trasformano l’opera ultima dei Rockstar Games in un magnifico e dissacrante viaggio multidimensionale capace di prodursi in un caleidoscopio di emozioni uniche e di sensazioni impareggiabili.
La Los Santos plasmata dagli uomini e dalle donne del team di Dan Houser è il teatro di posa di un film interattivo di una bellezza estraniante, un kolossal diretto in maniera semplicemente perfetta grazie anche al carattere e alla magistrale interpretazione data dagli attori virtuali di un cast degno delle migliori produzioni hollywoodiane.
Il carisma dei tre protagonisti della campagna in singolo, l’inesauribile cornucopia di missioni e di eventi estemporanei a cui partecipare, la sterminata grandezza della mappa di gioco, la profondità della trama, la solidità del comparto grafico e l’incredibile cura riposta dai designer di Rockstar per realizzare ogni singolo elemento della scenografia digitale della Contea di Blaine sono solo alcuni dei motivi che ci spingono a guardare a Grand Theft Auto V come ad uno dei videogiochi più ricchi e completi che siano mai stati creati. In futuro, chi vorrà superare questo capolavoro raccogliendo il guanto di sfida lanciatogli dalla grande R dovrà compiere un’impresa sovrumana.
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