Come un prisma di cristallo posto sul davanzale di una finestra rivolta verso il Sole, il primo capitolo di Gears of War ha proiettato sulla neonata generazione videoludica attuale uno scintillante caleidoscopio di colori che ha contribuito in maniera determinante al successo commerciale di Xbox 360, dipingendo al contempo il futuro radioso e multisfaccettato di una saga destinata ad affiancare quella di Halo nel cuore degli appassionati delle console targate Microsoft.
Le avventure vissute da Marcus Fenix e dai suoi fedeli compagni della squadra Delta tra le lande devastate del pianeta Sera negli eventi immediatamente successivi al Giorno dell’Emersione hanno tracciato un profondo solco grafico, narrativo e persino culturale tra i videogiochi d’azione passati e quelli che sarebbero dovuti venire nei mesi e negli anni successivi, senza eccezione alcuna: il capitolo successivo della saga, ad esempio, ha attinto a piene mani dalle soluzioni proposte dal suo diretto predecessore per sviluppare una visione più cupa e cruda della guerra infinita tra i COG e le Locuste esprimendosi con formule insolite e per certi versi persino sorprendenti (e non sempre nell’accezione positiva del termine, basti pensare al deficitario netcode del modulo multiplayer).
Atteso da milioni di fans e da una platea altrettanto ampia di curiosi che si avvicinano solo adesso a questa saga, Gears of War 3 è ormai giunto alla sua commercializzazione e noi, come è naturale che sia, approfittiamo dell’occasione per proporvi la nostra apposita recensione con cui tenteremo di analizzare tutti gli aspetti salienti dell’ultimo capitolo di questa storia trilogia firmata da Epic Games.
L’ORLO DELL’ABISSO
Nei diciotto mesi intercorsi tra la fine del capitolo precedente e le vicende iniziali della campagna principale di questo terzo atto della saga firmata da Cliff Bleszinski, le continue azioni di assalto compiute dai “vermi” hanno portato alla più totale capitolazione dei pochi insediamenti umani scampati fino a quel momento agli attacchi portati dalle Locuste sin dall’E-Day (il fatidico Giorno dell’Emersione): di conseguenza, non esiste più alcuna struttura sovragovernativa di controllo delle truppe sul campo e, per giunta, quasi tutte le aree in superficie sono controllate dal nemico.
Sopravvissuti miracolosamente alle violente battaglie che hanno insanguinato le strade di Sera nei due passati episodi della serie, Marcus Fenix e gli altri membri della squadra COG troveranno rifugio assieme a uno sparuto gruppo di profughi nella bidonville galleggiante conosciuta come Raven’s Nest, una vecchia portaerei riconvertita che, seppur sprovvista di difese, avrà il grosso pregio di spostarsi da un luogo all’altro del pianeta per consentire ai nostri di sfondare la linea difensiva delle Locuste ed avventurarsi nell’entroterra dove, tra infinite traversie, li attende il padre di Marcus che, stando alle frammentarie informazioni raccolte dal gruppo tra le macerie dei villaggi e degli insediamenti distrutti dagli odiati nemici, dovrebbe avere un piano per rovesciare una volta per tutte le sorti del conflitto.
Ciò che rende davvero speciale il canovaccio narrativo di GoW 3 non sono però le pericolose situazioni che dovrà affrontare la squadra Delta ma, piuttosto, il “coinvolgimento psicologico” che spingerà ogni singolo membro dei COG ad andare avanti per soddisfare le proprie personali necessità emotive e mettere ordine nelle loro vite. Più che a fare da preambolo agli scontri in cui ci troveremo impelagati per tutta la durata dell’avventura (dalla longevità complessiva che oscilla dalle 13 alle 16 ore), quindi, gli eventi della campagna principale di Gears of War 3 rappresenteranno le tappe di un lungo viaggio di espiazione compiuto dai protagonisti del gruppo e da tutti coloro che incontreremo nel prosieguo del singleplayer.
Lo straordinario lavoro portato avanti dai ragazzi di Epic Games per caratterizzare ogni missione della campagna principale corre infatti sul doppio filo della grafica e del plot narrativo, introducendo nel primo caso degli ambienti incredibilmente variegati e rimodulando, nel secondo caso, le sequenze in cinematica e le fasi dei dialoghi in modo tale da legarle ad un contesto di disperazione e di tensione perenne: nonostante ciò, la linearità di diversi frangenti dell’avventura e, soprattutto, i buchi nella trama e i punti interrogativi nella struttura del gameplay lasciati dagli sviluppatori per permettere la creazione futura di contenuti aggiuntivi, pesano come macigni sulla progressione narrativa tanto da frustrare gli appassionati di lungo corso tanto quanto i neofiti.
L’ULTIMO SACRIFICIO DEI COG
Pur senza azzardare nessuna vera rivoluzione concettuale che di certo avrebbe contribuito a rendere ancor più “unico” e ambizioso questo progetto, i ragazzi di Epic Games hanno comunque ravvivato in maniera estremamente organica il gameplay “storico” della saga introducendo un numero sconsiderato di armi e prodigandosi nel migliorare sia il sistema di coperture che (seppur in misura minore) le meccaniche degli scontri corpo a corpo. Ma andiamo con ordine e prendiamo a spunto il singleplayer per partire con l’analisi della giocabilità spicciola.
Scandito da scontri frenetici e da incontri ai limiti del surreale con boss di fine livello degni della più antica tradizione action orientale, il ritmo sincopato della campagna in singolo regala emozioni molto forti anche grazie alla presenza di un nutrito ventaglio di avversari inediti come i granatieri e i Lambent tentacolati, entrambi molto pericolosi sia dalle corte che dalle lunghe distanze (i primi per l’uso delle granate che esplodono al contatto, i secondi per la possibilità di superare agilmente gli ostacoli e scaraventare a terra i COG con i loro tentacoli). Gli unici appunti che possiamo muovere in tal senso sono dovuti all’eccessiva facilità del livello di difficoltà standard e, soprattutto, all’abbandono di quell’elemento sorpresa che ha contribuito ad elevare il primo GoW a capolavoro indiscusso del genere con le “buche di vermi” che si aprivano a pochi metri di distanza dal proprio gruppo e che, così facendo, inducevano l’utente ad elaborare al volo una strategia alternativa per ripiegare su posizioni più sicure.
Caratteristiche come la maggiore aggressività e, come detto prima, l’ampliata varietà di specie nemiche affrontabili estendono poi l’esperienza di gioco e regalano momenti di divertimento puro con sparatorie estremamente spettacolarizzate: il nuovo sistema di coperture dinamiche garantisce movimenti rapidi, l’intelligenza artificiale gestisce con puntualità le azioni dei nemici e dei propri compagni di squadra (con questi ultimi in grado di resuscitare il protagonista qualora si dovesse trovare in difficoltà), la struttura architettonica delle mappe consente molteplici approcci (merito soprattutto dei nuovi gingilli implementati nel già ricco armamentario dei COG) e le animazioni degli scontri corpo a corpo sono semplicemente le migliori che siano mai state create per uno sparatutto in terza persona.
La battaglia infinita con le Locuste e la loro “splendente” discendenza prosegue anche nell’apposito modulo cooperativo e nelle numerose modalità multigiocatore approntate dagli sviluppatori di Epic Games in risposta alle critiche avanzate dagli appassionati per il precario netcode e per l’altrettanto deficitario sistema di matchmaking del capitolo precedente, e il lavoro del team capitanato da CliffyB, almeno in questo caso, è assolutamente inappuntabile.
MULTIPLAYER
La versione finale di Gears of War 3 conferma quanto di buono si è visto nella recente fase di beta test e ottimizza molteplici aspetti legati sia all’avventura principale che alle modalità propriamente competitive: se nel primo caso la presenza della cooperativa online a 4 giocatori garantisce un surplus di divertimento nella campagna (specie settando il quarto e ultimo livello di difficoltà) permettendoci di godere appieno delle migliorie al sistema di coperture e della natura estremamente eterogenea dell’armamentario, nel caso delle restanti modalità multiplayer assistiamo ad un fiorire di opzioni di personalizzazione e di customizzazione seconde solo a quelle degli sparatutto in prima persona più blasonati (come gli ultimi episodi delle saghe di Killzone, Halo o Call of Duty).
Accanto a modalità classiche (ma dal fascino immutato) come le sempreverdi Esecuzione, Zona di Guerra, Deathmatch e Re della Collina troviamo poi le inedite partite Cattura il Leader (in cui, come mostrato nella beta, due squadre sono chiamate a proteggere i rispettivi leader dai tentativi di rapimento degli avversari) e, soprattutto, le sottosezioni relative alle modalità Orda 2.0 e Bestia, le novità più attese dell’offerta online di Gears of War 3.
Basata anch’essa sull’acquisizione di punti mediante l’uccisione dei membri della squadra avversaria, la modalità Bestia ci permette per la prima volta nella saga di impersonare una delle tante specie di Locuste incontrate nel singleplayer (comprese determinate tipologie di creature “splendenti” e persino qualche boss, come i Berserker) per lanciarci all’assalto degli odiati “battiterra” (gli umani) in scontri quattro contro quattro tanto frenetici quanto tattici (ogni specie delle Locuste avrà peculiari punti di forza e, nella maggior parte dei casi, almeno un “attacco speciale” univoco).
Come una splendida via di mezzo tra la complessità strategica della modalità Bestia e la frenesia delle battaglie delle missioni in singolo o degli scontri in Rete, la versione 2.0 dell’Orda, invece, mette il giocatore e il suo team nelle condizioni di rispondere in maniera più efficace alle varie ondate di Locuste impiegando il denaro virtuale guadagnato di livello in livello nell’acquisizione di munizionamento supplementare (che può essere persino scambiato tra i membri della propria squadra) e nella costruzione di determinate strutture difensive (come barriere protettive, filo spinato e torrette automatizzate) o propriamente offensive (come mech bipedi, postazioni con mitragliatrici e via discorrendo).
Tutte le modalità competitive e cooperative proposte, è bene sottolinearlo dati gli infausti precedenti, vengono magnificamente sorrette da un netcode senza sbavature (almeno fino al momento in cui scriviamo) e da specifiche sale lobby ridisegnate per consentire all’utente di gestire celermente le statistiche e i punteggi delle missioni in singolo e delle partite online, a cui si potrà accedere con maggiore semplicità e senza le tediose attese che hanno macchiato indelebilmente l’esperienza del secondo capitolo della serie.
GRAFICA E SONORO
Oltre che mostrare i muscoli con un granitico comparto grafico, Gears of War 3 rappresenta una vera e propria evoluzione stilistica che segue con coerenza gli eventi della campagna in singolo ed esalta le peculiari caratteristiche visive e concettuali delle 10 mappe multiplayer proposte da Epic Games (a cui se ne aggiungeranno altre col passare dei mesi, naturalmente). Grazie ai mesi supplementari avuti a disposizione dagli sviluppatori per perfezionare la loro creatura, CliffyB e i suoi ragazzi sono riusciti nell’impresa di innalzare ulteriormente l’asticella qualitativa dell’Unreal Engine 3 portandola ai livelli dei motori grafici più moderni e prestanti: sono pochissime, infatti, le sbavature riscontrate nelle texture che mappano le superfici, nei modelli poligonali delle strutture architettoniche e dei personaggi a schermo, negli effetti particellari, nelle sequenze in cinematica che scandiscono il ritmo della campagna e nelle animazioni (siano esse dei movimenti “semplici” che delle esecuzioni, brutali come non mai).
Rispetto ai due precedenti capitoli della serie, ciò che balza immediatamente all’occhio non è tanto il comparto tecnico in sé ma, piuttosto, il modo in cui tutti gli elementi visivi concorrono a creare ambienti di gioco pulsanti ed estremamente realistici: ogni mappa della campagna in singolo e delle modalità multiplayer ha una sua “anima”, con un sistema di illuminazione tutto proprio e una palette cromatica quasi mai piatta. Al sesto anno di vita di Xbox 360, però, l’effetto di sorpresa e di sbigottimento dovuto ai miglioramenti estetici e ai pregi dell’engine grafico di Gears of War 3 è certamente meno marcato di quelli provato dagli utenti della console Microsoft all’uscita del primo capitolo della serie.
Se gli occhi gioiscono per un livello di dettaglio pazzesco (parametrato sempre a quello delle console HD), anche il senso dell’udito viene appagato da un comparto sonoro di prim’ordine, da un numero di campionamenti audio simile a quello delle armi e delle creature deputate ad “emetterli” (cioè altissimo) e da una ricchezza di dialoghi che, se nella lingua madre tocca vette mai raggiunte dalla concorrenza diretta degli sparatutto, nel doppiaggio italiano rimane comunque a livelli qualitativi nettamente superiori a quelli della media pur senza riuscire ad eccellere (tutta colpa, forse, della mancanza di abitudine dovuta al cambio di diversi doppiatori, compreso quello di Marcus).
COMMENTO FINALE
Gears of War 3 è un videogioco straordinariamente ricco di personalita e modalità in singolo e in Rete, ma non un “capolavoro” nella concezione più pura del termine. Lo slancio emozionale (definito impropriamente “hype”) del capitolo iniziale della saga si è ormai spento, lasciando il posto ad una consapevolezza lucida che non sorprende più lo spettatore nonostante il “lavoro di fino” compiuto dai ragazzi di CliffyB nel limare le spigolosità narrative e videoludiche (specie nell’online) degli episodi precedenti.
L’ultimo atto della trilogia dedicata a Marcus Fenix e alla sua intrepida squadra rimane ancorato alla tradizione della serie e, di certo, rappresenta una base di partenza più che solida per l’ampliamento futuro della saga di Epic Games verso orizzonti che, probabilmente, saranno molto lontani da quelli attuali. Gears of War 3 passerá alla storia dei videogiochi per essere uno dei titoli più completi e granitici che siano mai stati creati, ma la riproposizione ridondante di una struttura narrativa troppo “classica” e la mancanza oggettiva di innovazioni “d’impatto” (capaci cioe di sconvolgere emotivamente l’utente) potrebbero lasciare con l’amaro in bocca parecchi appassionati di lungo corso, specie dopo aver accumulato diverse ore di gioco.
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