Da tempo ormai è cosa nota la presenza nell’industria videoludica di chi come Mike Capps vede il mercato dell’usato videoludico come un grosso problema, al punto da correre ai ripari come nel caso di Electronic Arts (giusto per fare un esempio) e il suo pass per giocare online con titoli non di “primo pelo”. Chi ha preso di seconda mano giochi come FIFA 11 saprà che acquistandolo usato bisogna pagare una tassa d’entrata pari a circa 10€ per usufruire di tutti i contenuti disponibili gratuitamente a chi invece aveva preso il titolo originale.
Se fortunatamente questo non è l’andazzo generale, e almeno per ora c’è ancora chi difende l’usato, contenta di questo tipo di mercato sarà sicuramente la catena specializzata GameStop, dal quale bilancio emergono spunti di riflessione più che interessanti. Il 47,4% dei suoi profitti aziendali è infatti generato proprio dall’usato videoludico, per un totale di 250,2 milioni di dollari, che confrontati con i 182,4 milioni dei giochi originali rendono perfettamente l’idea di quanto il mercato dell’usato sia semplicemente vitale per l’intera catena, che senza di esso sarebbe con buona probabilità costretta a chiudere i battenti.
GameStop è in realtà famosa per le proprie offerte di vendita di giochi nuovi con permuta dell’usato, permuta che però è spesso oggetto di polemiche sulle sue politiche. Capita infatti di vedere giochi anche abbastanza recenti valutati intorno ai 30€ (o dollari, non credo faccia differenza), per poi apparire il giorno dopo in vendita a prezzo nettamente maggiorato sugli scaffali dell’usato. Indubbiamente, la facilità di ritornare un gioco e la possibilità di comprarne uno nuovo a poco devono avere il loro “prezzo”, ma l’impressione è che GameStop e simili potrebbero anche attuare una politica un po’ meno orientata al proprio tornaconto, visto e considerato che il senso del mercato dell’usato è almeno di base quello di favorire i consumatori. Cosa ne pensate?
Via | Kotaku