Per la sua marcata vocazione hack n’slash, per le profonde modifiche apportate dai Blizzard Entertainment al sistema di combattimento originario e per tutti quegli “accorgimenti arcade” rintracciabili tra le pieghe dell’impianto ruolistico e della costruzione delle meccaniche di gioco, Diablo III ha saputo scrivere una delle pagine più importanti, e allo stesso tempo controverse, della storia degli action RPG moderni. Dimostrando sin dal principio di voler fare dell’immediatezza, della semplicità e del divertimento videoludico fine a se stesso le sue armi più affilate, il kolossal fantasy degli esperti sviluppatori californiani è riuscito a reinventarsi al punto tale da accelerare l’inevitabile avvicinamento della saga alla sfera d’influenza delle console casalinghe e rendere maturi i tempi dell’approdo dei Blizzard sulle calde e accoglienti sponde dell’universo digitale di PlayStation e Xbox.
È sostanzialmente questo il motivo per cui, nel febbraio di quest’anno, l’annuncio ufficiale del porting per PS3, PS4, X360 e (forse) X1 non ha destato particolare scalpore ed è quasi passato inosservato agli occhi degli addetti al settore e degli assidui frequentatori dei server della versione PC/Mac: per la natura stessa dell’impalcatura di gameplay eretta dai Blizzard a supporto dell’edizione maggiore dataci in pasto nel maggio del 2012, l’annuncio della riproposizione di Diablo III su sistemi basati sull’impiego del joypad non era che un atto dovuto.
Consci di ciò, non ci resta che dirigerci in direzione delle oscure valli di Sanctuarium per sviscerare tutti gli elementi artistici, tecnici e ludici che contraddistinguono l’esperienza “consolara” di Diablo III su PlayStation 3 e Xbox 360.
CALANO LE TENEBRE, SORGONO GLI EROI
L’edizione console di Diablo III segue di tredici mesi il lancio della versione principale per PC/Mac e sancisce la fine dell’esilio volontario dei Blizzard dalla dimensione videoludica esterna al regno del mouse e della tastiera: il ritorno dello storico team di sviluppo californiano nell’ambiente delle console casalinghe, di conseguenza, non può che essere contraddistinto da un meticoloso lavoro di innovazione e di ottimizzazione compiuto per evolvere l’impianto di gioco del titolo originario. Pur mantenendo il medesimo canovaccio narrativo e lo stesso sistema a generazione randomica delle ambientazioni e dei dungeon secondari, la “nuova” versione di Diablo III è foriera di novità relative all’impostazione del menù, alle dinamiche di gameplay, all’approccio nelle partite online e a mille altri aspetti che contraddistinguono l’opera in ogni sua parte. Ma andiamo con ordine e partiamo dagli interventi compiuti a livello narrativo. O meglio, dalla loro mancanza.
Dal punto di vista della trama e di tutto ciò che va ricondotto alla storia, infatti, purtroppo bisogna constatare come le differenze sussistenti tra le due “dimensioni gemelle” del titolo siano pressoché nulle in ragione delle decisioni assunte a suo tempo dai Blizzard per costruire un’impalcatura di gioco fortemente orientata all’immediatezza: chi sperava in una maggiore profondità ruolistica, di conseguenza, non potrà che rimanere deluso da una simile scelta. Esattamente come nella versione PC, anche stavolta chi vuole cimentarsi nelle sfide in cinque Atti (per un totale di 15-20 ore di gioco “a istanza”) proposte dal tetro e pericoloso universo di Diablo III non può compiere scelte multiple in sede di dialogo, non può agire direttamente sui valori numerici utilizzati per rappresentare il livello del proprio alter-ego e non ha la capacità di customizzare l’aspetto estetico del personaggio, se non per gli elementi visivi legati alle armi e alle armature equipaggiate. L’unico intervento compiuto in tal senso riguarda l’abbandono di un qualsivoglia sistema di controllo simil-DRM che obblighi l’utente a connettersi in rete per giocare la campagna principale.
Proprio per le decisioni assunte dagli sviluppatori negli anni precedenti alla commercializzazione su PC e Mac del loro titolo, quasi tutti gli sforzi profusi dai Blizzard Entertainment per caratterizzare la versione PS3/X360 di Diablo III non hanno a che fare con gli automatismi ruolistici ma, in realtà, vanno in direzione della giocabilità spicciola e dell’esperienza da regalare agli appassionati di ARPG, come per le modifiche all’interfaccia, alla gestione del looting, al sistema di movimento, alle modalità cooperative e alle meccaniche di combattimento, tutti aspetti che approfondiremo nei relativi capitoli di questa recensione dedicati, appunto, al gameplay e al multiplayer.
MOUSE O NON MOUSE, QUESTO È IL DILEMMA
Dal punto di vista delle meccaniche di gioco, sia su PC che su console il titolo si propone come un hack n’ slash con visuale isometrica immerso in un’ambientazione completamente tridimensionale, nonostante la mappa sia sostanzialmente in 2D “classico” per tutto ciò che concerne le possibilità esplorative (con aree racchiuse tra mura invisibili e sprovviste di piattaforme rialzate) e le capacità dell’eroe impersonabile (con l’assenza del salto e di qualsivoglia funzionalità platform avanzata). L’eroe di turno è legato indissolubilmente al proprio destino e a quest’ultimo deve attenersi per portare a termine le avventure della campagna principale guadagnando sul campo l’esperienza necessaria per sbloccare nuove abilità rappresentate, nell’una come nell’altra versione, da diversi poteri “attivi” (coincidenti con gli attacchi da far eseguire al proprio alter-ego), dalle abilità secondarie (corrispondenti ai bonus garantiti dall’equipaggiamento e dai poteri passivi di ciascuna classe) e dalle rune (anch’esse sbloccabili mediante level-up per aumentare la letalità dei poteri attivi).
Semplice come sa esserlo solo il gameplay di un action RPG votato all’immediatezza e alla frenesia dei combattimenti, il sistema di gioco di Diablo III mantiene una sua forma a prescindere dalla versione selezionata: è però “il modo” in cui ci viene delineata dai Blizzard a cambiarne completamente l’impostazione. Nell’edizione per PlayStation 3 e Xbox 360 di Diablo III, ad esempio, il menù di pausa e i pannelli dell’interfaccia sono stati completamente riscritti per adeguarli al nuovo “contesto televisivo” e permettere agli utenti di spostarsi agevolmente tra i moduli dell’UI. Senza nulla togliere agli sforzi profusi dagli sviluppatori per per garantire al titolo un’interfaccia soddisfacente e un’adeguata fruizione degli elementi dell’inventario, queste ultime sono però delle innovazioni secondarie rispetto a quelle che, in misura nettamente più “pesante” per le implicazioni sull’economia di gioco complessiva, sono state compiute dai Blizzard per rimodulare il gameplay di Diablo III e dare un senso all’intera operazione del porting.
Il meticoloso lavoro di conversione compiuto dai programmatori americani verte tutto attorno alla scomposizione e alla successiva ricomposizione dei controlli originari dell’eroe: differentemente dal sistema punta e clicca dell’edizione PC e Mac, su console il titolo propone infatti un meccanismo di movimento e combattimento basato sull’azione concomitante della levetta analogica sinista per gli spostamenti “semplici” e della levetta analogica destra per l’esecuzione di brevi scatti elusivi corredati da apposite animazioni studiate per rendere più frenetiche le sessioni di gioco. La straordinaria operazione di conversione dei controlli, a cui bisogna inequivocabilmente ricondurre anche la scelta di mappare gli attacchi e le abilità di classe sui quattro pulsanti principali e sui trigger laterali, porta in dote l’altra grande novità di questa versione di Diablo III, vale a dire l’utilizzo della croce direzionale per equipaggiare velocemente le armi e le armature appena raccolte senza dover necessariamente mettere in pausa la partita.
La semplice ma geniale trovata del Fast Equip tramite croce direzionale si riallaccia alla possibilità, anch’essa inedita, di giocare in cooperativa locale in lobby da massimo quattro utenti connessi alla stessa console: un aspetto, quest’ultimo, che eleva al quadrato il livello di divertimento regalato dalle sessioni di gioco in virtù dell’accresciuta forza dei nemici da affrontare, della generazione randomica delle ambientazioni, della possibilità di acquisire esperienza ed equipaggiamento da sfoggiare nella campagna in singolo e, infine, della varietà di opzioni e di livelli di difficoltà tra cui scegliere per aggiungere un pizzico di imprevedibilità alla sfida.
MULTIPLAYER
In misura parallela e complementare alla cooperativa in locale, le opzioni multiplayer della versione console di Diablo III abbracciano l’intero arco delle modalità proposte dall’opera dei Blizzard Entertainment: gli appassionati di action RPG desiderosi di immergersi nelle lande gotiche di Sanctuarium in compagnia di altri tre giocatori possono scegliere la missione dell’avventura, il livello di difficoltà dei nemici, la possibilità o meno di attaccare i propri compagni di squadra (che in questo caso diventano gli acerrimi nemici di una PvP senza esclusione di colpi) e persino la regione preferita di appartenenza (sia essa geografica o linguistica) per la ricerca delle partite veloci.
Oltre al meccanismo di ricerca e personalizzazione delle sfide, uno degli elementi propriamente legati al gameplay che risultano essere tra i più “suscettibili” ai cambiamenti apportati dai Blizzard per arricchire il multiplayer di questo “nuovo” Diablo III ha a che fare con il sistema di looting che, appunto, varia profondamente in base alla tipologia di partita: giocando online (sia in rete che in LAN) ciascun utente “vede” solo la parte di equipaggiamento che gli compete e che quindi può raccogliere senza alcun problema, mentre invece nelle sessioni cooperative in locale sulla stessa console il sistema di looting cambia in maniera radicale e assume i contorni di quello di Borderlands 2, premiando di conseguenza chi riesce ad arrivare per primo al prezioso bottino droppato dai mostri o rilasciato da uno scrigno appena aperto.
In chiusura di paragrafo, poi, non possiamo non congratularci con i vertici di Blizzard per aver definitivamente abbandonato la Casa d’Aste, il controverso modulo per le microtransazioni facoltative che su PC consentiva (e consente tuttora) di acquistare e di vendere con moneta reale le armi e le armature più rare sbloccate dagli eroi digitali degli utenti, con tutte le tristi conseguenze che potete facilmente immaginare in termini di gameplay. In tutto ciò, il rovescio della medaglia è però rappresentato dall’impossibilità, da parte dei “vecchi” utenti dell’edizione PC/Mac, di importare il proprio personaggio dato che su console la componente multiplayer non è legata in nessun modo all’ecosistema di server e di servizi correlati a Battle.net.
GRAFICA E SONORO
Grazie al sapiente lavoro di conversione svolto dai programmatori di Blizzard sul motore grafico del titolo originario, dal punto di vista tecnico e squisitamente estetico il “nuovo” Diablo III per PS3 e X360 si difende egregiamente pur senza raggiungere, com’è ovvio che sia, le vette qualitative dell’edizione primigenia.
A prescindere dall’impossibilità di superare i 720p di risoluzione, dal downgrade delle texture ambientali, dagli sporadici problemi di tearing, dal calo del framerate nelle sessioni più concitate e dal persistente aliasing che, seppur minimo, si riflette negativamente sulla rappresentazione a schermo dei protagonisti, dei nemici e degli elementi poligonali più piccoli, l’opera ultima degli uomini e delle donne del team di Irvine (California) riesce infatti a spremere come un limone l’hardware delle piattaforme casalinghe dell’attuale generazione e a fare la felicità degli appassionati di ARPG cresciuti a pane e joypad. I filmati in cinematica sono squisiti (nonostante l’alta compressione), le ambientazioni sono piene zeppe di elementi distruttibili e gli effetti particellari a corredo delle nuove animazioni elusive e delle “vecchie” abilità di classe non perdono un colpo: chiedere di più a un’azienda che non sviluppa su console da quasi un quindicennio sarebbe stato veramente troppo.
La bontà del lavoro compiuto sulla componente grafica di questo porting si riflette positivamente sul livello qualitativo del comparto audio, identico a quello dell’edizione originaria sia per ciò che concerne “la rumoristica” a supporto del gameplay che per la colonna sonora e i dialoghi.
COMMENTO FINALE
Dopo aver passato una quindicina di ore a combattere contro demoni fiammeggianti, alberi venefici e spettri assassini, se c’è una cosa che abbiamo capito è che non possiamo considerare questo titolo come un semplice porting del Diablo III originario. Riuscendo a convivere armoniosamente nel medesimo, incredibile universo fantasy, la versione console e quella PC/Mac di Diablo III si completano a vicenda poichè offrono un’esperienza di gioco complementare: l’una rappresenta l’evoluzione dell’altra e ciò lo si nota in ogni singolo intervento compiuto dai ragazzi di Blizzard Entertainment.
Guardando a ciò che è stato fatto dagli esperti studios di Irvine (California) per rideterminare l’impianto di gioco del capolavoro primigenio in funzione dell’assenza del mouse e della tastiera, infatti, i dubbi iniziali legati a una possibile operazione commerciale volta semplicemente a massimizzare i guadagni sulla serie ampliandone il bacino d’utenza potenziale si sciolgono come neve al sole e lasciano il posto alla consapevolezza, al coraggio e all’umiltà dimostrata da chi, come in questo caso, ha saputo rimettersi in discussione per dimostrare l’importanza del proprio lavoro.
Nonostante l’eccessiva semplificazione degli elementi ruolistici e le naturali sbavature grafiche conseguenti alla conversione di un titolo così esoso di risorse hardware, Diablo III per PlayStation 3 e Xbox 360 è una gemma di rara bellezza, un fulmine a ciel sereno che risolleva il morale degli amanti di hack n’slash su console e che, entro un certo limite, potrebbe indurre più di un utente della “vecchia” versione PC dell’epopea fantasy di Blizzard a compiere il salto pur di avere la possibilità, anche se solo per una run, di guidare in battaglia il proprio eroe con l’ausilio di un joypad.
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