Dopo essere stato annunciato per la prima volta durante l’E3 2006, Dead Island ha nel corso degli anni fatto in modo che si siano perse le sue tracce in modo quasi completo: almeno fino all’inizio di quest’anno, quando il team di sviluppo Techland (Call of Juarez, Nail’d) ha pubblicato un trailer dal grandissimo impatto emotivo, facendo non poco scalpore sulla rete al punto da guadagnarsi anche un Leone d’Oro a Cannes come riconoscimento dell’indiscutibile qualità anche dal punto di vista cinematografico.
Da quel momento di febbraio in poi, è stato tutto un crescendo di attesa sia per l’uscita effettiva del gioco, avvenuta all’inizio di settembre, sia per la voglia da parte dei giocatori di saperne qualcosa in più su di un titolo che dopo la visione del suddetto trailer l’immaginazione di molti aveva probabilmente individuato come una sorta di Lost (dati l’isola e l’elevato impatto emotivo del trailer) visto attraverso gli occhi di George Romero, padre di tutti gli zombie.
Considerata l’elevata curiosità intorno a Dead Island, anche noi di Gamesblog ci siamo concessi quindi una bella vacanza sull’isola di Banoi, sfruttando il last minute offertoci dalla versione PC di questo gioco, che ricordiamo è arrivato anche su PlayStation 3 e Xbox 360. Seguiteci dopo il break e fate in modo di non lasciare nulla dietro: in assenza di armi da fuoco, ogni cosa è buona per essere tirata in fronte allo zombie di turno!
Alla domanda diretta “Cosa è Dead Island?” si può rispondere in modo piuttosto semplice: tutto tranne quello che ci aveva fatto immaginare il suddetto trailer. Delusi? Soddisfatti? Fatevene comunque una ragione: il video sarà anche stato bello, sarà anche stato premiato, vi avrà anche strappato la lacrimuccia, ma di fatto in Dead Island la componente “emozionante” è praticamente assente, visto e considerato che la trama del gioco segue un filo abbastanza lineare, fedele al canone classico zombiesco. Immaginate di essere di sera su di un’isola da favola, impegnati a ubriacarvi come se non esistesse un domani, per poi svegliarvi la mattina seguente in pieno post-sbornia, sentendo urla di ogni tipo e scoprendo ben presto che il vostro resort è infestato dagli zombie e da cadaveri che piovono dal piano di sopra dell’albergo. Da qui partirà ovviamente la ricerca di altri esseri umani sopravvissuti a quanto accaduto nottetempo, insieme ai quali possibilmente fuggire a gambe levate dall’isola tramutatasi da un paradiso a un inferno in piena regola.
Per farlo, scordatevi pistole e fucili, o almeno non pensate di poter contare su di loro più di tanto, visto che il cuore delle meccaniche di gioco di Dead Island è infatti il combattimento ravvicinato, fatto di armi più o meno improvvisate raccolte sul luogo: remi, mazze di ogni tipo e tubi diventano quindi i nostri migliori amici. Anche se i fan delle pallottole non saranno d’accordo, si tratta di una scelta stilistica che possiamo definire indovinata, che differenzia sicuramente il titolo sviluppato da Techland da altri del suo genere (di che genere si tratti, stiamo per vederlo) e lancia immediatamente il giocatore nel bel mezzo della propria lotta per la sopravvivenza fatta per l’appunto dell’esigenza di reperire armi sul campo. Dopotutto, svegliarsi mezzi ubriachi su di un’isola vacanziera con un arsenale a propria disposizione per sterminare gli zombie avrebbe alquanto stonato, no?
Quando Fallout 3 incontra Left 4 Dead 2 che incontra Far Cry
Cosa è Dead Island. Continuamo a provare a dare una risposta a questa domanda analizzando i vari aspetti del gioco: chi si aspettava un emulo di Left 4 Dead 2 rimarrà probabilmente deluso dal vedere una struttura che è di fatto guidata da un sistema di quest classico, proprio dei giochi di ruolo e che nulla ha ovviamente a che vedere con lo shooter Valve. Gli NPC di Dead Island ci affidano missioni primarie e secondarie, lasciando che sia la nostra volontà a decidere se affrontare quelle meno importanti, con tanto di loro raccolta all’interno di un quest journal. Le analogie coi giochi di ruolo non si fermano qui, visto e considerato che il nostro personaggio acquista anche esperienza con il completamento delle missioni e l’uccisione degli zombie, guadagnando la possibilità di usare armi inizialmente precluse (ma perché per un piede di porco bisogna avere il livello 7?) ma soprattutto punti da spendere in un sistema di abilità ad albero, anch’esso sicuramente familiare per gli amanti dei giochi di ruolo.
L’elemento di Dead Island Simile a quello di Left 4 Dead 2 è la presenza di quattro diversi protagonisti, impegnati a combattere zombie in modalità soggettiva: a parte questo però, le fatiche di Techland e Valve prendono strade diverse. In Dead Island ci sono diversi background dei quattro protagonisti del gioco, che vanno a riflettersi nelle loro caratteristiche. Essi sono infatti paragonabili alle classi dei giochi di ruolo (con le limitazioni del caso): Sam B, Xian Mei, Logan e Purna, non sono altro quindi che le incarnazioni del classico tank, dell’assassino, del “factotum” e del ranger, con tanto di albero personalizzato dove spendere i propri punti guadagnati al passaggio di livello per ottenere abilità diverse da quelle degli altri. Ogni personaggio ha infatti a disposizione uno skill tree composto da tre ramificazioni principali, in una formula collaudata come World of Warcraft e simili insegnano.
Vocazione multiplayer
Dopo aver dato un’occhiata alle caratteristiche e ai ruoli dei quattro personaggi, diventa chiaro come Dead Island sia stato concepito principalmente per essere giocato via Internet, grazie alla modalità cooperativa (non disponibile in locale) legata indissolubilmente al filone principale del gioco. È tuttavia possibile, ma non consigliabile, giocare in modalità singola per andarsene in giro da soli in mezzo all’isola, cosa che fa perdere buona parte del divertimento e anzi rischia di finire per annoiare il giocatore, molto più a suo agio in presenza di altri esseri umani – meglio ancora se amici. La presenza di altri giocatori va infatti a integrare la nostra esperienza di gioco, e viceversa, visto che non esistono partite appartenenti a un utente o ad un altro, ma solo la facoltà di unirsi a qualcun altro impegnato nella nostra stessa fase di gioco in modo rapido e indolore: è Dead Island stesso a segnalarcelo, offrendoci la possibilità di premere un tasto per giocare insieme a un altra persona senza dover aspettare particolari caricamenti o passare attraverso delle opzioni. Se inizialmente se ne può fare anche a meno contro gli zombie di livello inferiore, l’esigenza di avere qualcuno a farci compagnia si sente quando i nemici diventano più coriacei, sfruttando anche attacchi particolari.
Chi si aspettava un survival horror classico a questo punto sarà probabilmente rimasto più che spiazzato, forse anche deluso. Il livello di tensione offerto da Dead Island non è infatti nemmeno minimamente paragonabile a un Resident Evil e al genere survival horror, sia per le sue ambientazioni ampie appartenenti a un’isola che offre ripari e vie di fuga, sia alla luce del fatto di come la morte viene gestita nel gioco. Una volta passato all’altro mondo, il nostro personaggio finisce infatti per eseguire un vero e proprio respawn degno del miglior deathmatch online, con l’unica penalità di vedersi diminuire la quantità di soldi presente all’interno delle proprie tasche. In realtà, ci si rende presto conto di come anche questo aspetto sia un qualcosa di cui aver paura, visto che il sistema economico del gioco svolge un ruolo fondamentale: con l’uso dei soldi è infatti possibile riparare le proprie armi, dato che tutte quante si deteriorano con l’uso e col passare del tempo, per cui occorre valutarne con attenzione l’uso in fase di combattimento. Tornando alla componente “terrorifica” di Dead Island come dicevamo, anche alla luce dell’importanza della moneta sonante nel gioco è difficile poter pensare di valutare ogni singolo passo quando sai che, anche se morto, ti ritroverai a rispuntare da qualche parte nelle vicinanze senza mandare particolari progressi di gioco a farsi benedire.
Dato che ci siamo trovati a parlare anche di armi, è qui che invece entra in gioco un altro paragone: quello con Fallout 3. Similmente a quest’ultimo titolo, è infatti possibile apportare varie modifiche alle varie armi base che si trovano sparse per l’isola, usando materiali di ogni tipo trovati in giro o acquistati dal trafficante di turno, immancabile anche in mezzo agli zombie. Questo sistema permette di dar vita a una serie di oggetti tutti da scoprire, in grado di dare scosse elettriche ai malcapitati zombie o mutilarli grazie al soddisfacente sistema di smembramenti messo in piedi da Techland. Completare le missioni ci offre la possibilità di avere accesso ai cosiddetti progetti, in modo da sbloccare tipi di armi aggiuntive da costruire.
Who Do You Voodoo, Bitch
Dal punto di vista tecnico, non si può negare il lavoro svolto da Techland sull’impatto visivo dell’isola, che permette di godere di panorami in grado di mozzare il fiato, che però non fanno dimenticare alcune evidenti sbavature presenti nel sistema grafico che viene mosso dal Chrome Engine, motore creato dallo stesso team polacco nel 2003 e arrivato alla sua quinta versione. Così come con Call of Juarez: The Cartel, le limitazioni del comparto grafico vengono tutte quante fuori quando si parla di texture e dei loro problemi di caricamento, di animazioni talvolta poco convincenti e di una gestione delle collisioni sicuramente da rivedere: capita infatti spesso di avere l’impressione che con la stessa arma talvolta si riesca a colpire nemici più lontani, mentre altre volte no senza ovviamente capirne il perché. Per non parlare di episodi di “compenetrazione” con gli zombie circostanti, sicuramente nascosti dalla visuale in prima persona ma occasionalmente evidenti.
Da dimenticare le fasi di guida (ebbene sì, ci sono anche i veicoli coi quali muoversi in giro per Banoi): siamo d’accordo sul fatto che queste sicuramente non sono fatte per svolgere un ruolo centrale all’interno di Dead Island, ma questo non può giustificare il livello del modello di guida che appare decisamente troppo tirato via. Discorso diverso invece per il sonoro, in grado di far leva su una serie di musiche più che adatte alle varie situazioni di gioco (compresa la tamarrissima canzone del filmato d’introduzione che dà il titolo a questo paragrafo) in cui ci si ritrova a muoversi, così come risultano abbastanza credibili tutti gli “effetti sonori” prodotti dagli zombie, utili anche per capire quando questi sono più vicini a noi. Da registrare un doppiaggio non esaltante, ma che comunque fa il suo lavoro.
Commento finale
Giudicare Dead Island è un’impresa alquanto dura. Si tratta sicuramente di un titolo divertente, questo è certo, anche in grado di strappare quel “faccio questo e poi smetto”, proprio dei titoli che riescono ad attirare il giocatore al punto da mentire a sé stessi. Ma c’è un ma, costituito prima di tutto da una serie di lacune tecniche non trascurabili, che soprattutto nella versione PC lasciano con l’amaro in bocca, seguite da un sistema di gioco che probabilmente molti di noi non si aspettavano, e che di conseguenza finirà per deludere qualcuno.
Certo, nel corso dei mesi un’idea di quello che sarebbe effettivamente stato Dead Island ce la siamo fatta tutti quanti, riconducendo già da tempo quel trailer solo a un’operazione di marketing (tra l’altro perfettamente riuscita): l’impressione finale è che pur facendosi apprezzare, questo gioco voglia attingere da più parti senza andare a premere sull’acceleratore in nessuna direzione, preferendo rimanere sulle sue sfruttando le buone idee che comunque sono presenti. Il consiglio finale può essere solo uno, come spesso accade in questi casi: dato che il gioco è arrivato sul mercato da qualche giorno, fate in modo di provarlo e decidete voi se è il caso o meno d’investire su di esso i vostri soldi. Quello che noi possiamo dirvi è che alla fin fine prendere gli zombie a legnate (nel senso letterale della parola) offre le sue soddisfazioni.
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