Più che per il trascinante brano “Ain’t no Rest for the Wicked” dei Cage the Elefant o per i martellanti spot pubblicitari realizzati da 2K Games nelle settimane di lancio, il primo capitolo della saga di Borderlands è riuscito a catturare le attenzioni del grande pubblico degli amanti degli sparatutto in prima persona grazie al passaparola montato spontaneamente tra gli appassionati per spingere i propri amici ad immergersi nelle sabbie di Pandora sperando di riuscire, insieme, a trovare la strada verso la mitica Cripta degli Eridiani.
Da titolo di nicchia destinato ad essere schiacciato dalla concorrenza delle serie più blasonate, il Borderlands originario si è così ritagliato nel tempo uno spazio tanto ampio da diventare uno dei successi più inattesi ed esplosivi di questa generazione: il calore e l’entusiasmo con cui i fans hanno accolto sul finire del 2010 l’annuncio ufficiale dello sviluppo di Borderlands 2 da parte dei Gearbox Software ha poi contribuito ad amplificare a dismisura le speranze di chi, estasiato dalla struttura di gioco del primo episodio, chiedeva a gran voce di reindossare il più presto possibile i panni dei Cacciatori della Cripta.
A quasi tre anni di distanza dalle straordinarie e bizzarre avventure vissute da Roland, Brick, Mordecai e Lilith, quindi, è con immenso piacere che ritorniamo ai confini della galassia per riabbracciare quel pazzerellone di Claptrap ed offrirvi la nostra recensione di Borderlands 2.
IL PIANO DIABOLICO DI JACK IL BELLO
Sono passati esattamente cinque anni dalla prima “corsa planetaria all’Eridium” e Pandora, da allora, ha subito degli sconvolgimenti senza precedenti: l’estrazione indiscriminata dell’Eridium e i conflitti scatenati in superficie dai gruppi di sciacalli, uniti a una rara congiuntura astronomica con l’astro principale attorno al quale gravita con un’orbita fortemenete ellittica in compagnia del suo gigantesco satellite, hanno “disturbato” la creatura ancestrale che risiedeva nel nucleo del pianeta. Il risveglio del mostro e il conseguente sciame sismico che ha portato in superficie degli enormi cristalli di Eridium induce così il presidente della Hyperion, Jack il Bello, a intraprendere una seconda, faraonica opera di estrazione volta a rintracciare la “vera” Cripta, un luogo immensamente più potente del santuario (con tanto di Distruttore) scoperto dagli eroi nel finale del primo capitolo.
Il filo narrativo che dall’episodio primigenio corre lungo gli eventi immediatamente precedenti all’avventura di Borderlands 2 ha così nel dispotico padrone della più potente industria bellica del posto il suo motore principale: è lui, infatti, a riunire con l’inganno tutti i cercatori più intraprendenti su di un treno da far saltare in aria per liberarsi di ogni eventuale “minaccia”. Il piano diabolico di Jack il Bello, però, riesce solo a metà: nello splendido filmato d’apertura scopriamo infatti che ben quattro Cacciatori della Cripta trovano un modo per scampare all’esplosione e sopravvivere con l’aiuto di Claptrap, rifugiatosi in questi anni tra i ghiacciai della regione artica di Pandora per sfuggire alle ritorsioni degli energumeni e dei criminali che infestano le aree costiere e le praterie della fascia temperata.
L’incontro con l’eccentrica mascotte della saga coincide con l’inizio vero e proprio dell’avventura che, da questo momento in avanti, pone all’utente l’obbligo di selezionare uno dei quattro, nuovi protagonisti costituiti dalla psico-sirena Maya, dal tecno-ninja Zero, dall’ingegnere Axton e dal possente Salvador. Oltre che ad essere dettata dai gusti personali degli utenti, la scelta del Cacciatore della Cripta impersonabile assume un suo peso, in termini prettamente “ludici” se consideriamo i poteri specifici di ogni personaggio: Maya, infatti, è in grado di proiettare delle sfere di energia per bloccare a mezz’aria i nemici o per rigenerare la salute dei propri compagni, Zero può diventare momentaneamente invisibile per attaccare gli avversari con la sua katana laser, Axton è dotato di una torretta automatica e Salvador, infine, è l’unico del gruppo ad avere la forza necessaria per imbracciare due fucili mitragliatori in contemporanea (anche lui, però, per un breve periodo di tempo).
A prescindere dalla scelta del personaggio, l’avventura che saremo chiamati a vivere nei panni del nostro alter-ego “pandoriano” non si svilupperà in maniera lineare ma tenderà ad assumere, in maniera sempre più ricca e variegata nel corso della campagna, la forma di un puzzle composto da decine di compiti “pseudo-secondari” che preferiamo definire in questo modo poiché, tanto nelle fasi di gioco iniziali quanto in quelle più avanzate, acquisiscono un’importanza analoga a quella delle missioni principali per la necessità improrogabile di guadagnare l’esperienza e gli elementi d’equipaggiamento necessari per affrontare dei nemici di livello via via sempre più alto. Pur essendo estremamente dispersiva per l’impossibilità materiale di “saltare” le missioni secondarie, la trama di Borderlands 2 riesce curiosamente a mantenere una sua coerenza perchè offre centinaia di dialoghi esilaranti e si sviluppa in modo “testuale” attraverso le puntuali descrizioni (non meno graffianti dei dialoghi stessi) rintracciabili in qualsiasi momento della partita nella squisita interfaccia in Scaleform del menù del personaggio.
LA CORSA ALL’ERIDIUM DEI CACCIATORI DELLA CRIPTA
Sia per l’eccentricità dei personaggi principali e degli attori secondari che per la desolante bellezza delle ambientazioni esplorabili, l’universo artistico e narrativo di Borderlands 2 somiglia molto ad uno spaghetti western reimmaginato da un regista venusiano cresciuto a pane e film di Sergio Leone, con l’unica, grande differenza che se sulla Terra “un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto”, su Pandora il destino di un uomo (e di un analogo essere spaziale dotato di pollice opponibile o di un qualche tipo di tentacolo prensile) non viene deciso dalla lunghezza della canna della sua arma ma, piuttosto, dalla capacità di aggiornare costantemente il suo equipaggiamento.
L’elemento centrale dell’esperienza di gioco che caratterizza da sempre la serie sparatutto di Borderlands da quelle concorrenti, infatti, è rappresentato dal sistema di generazione randomica delle armi: dalla pistola più umile al fucile di precisione più letale, ogni arma contenuta nelle casse o acquistabile dai distributori viene creata in maniera casuale sulla base di un numero infinito di varabili correlate alla classe di appartenenza, al livello raggiunto dal proprio eroe, alla zona in cui ci si trova e diversi altri fattori “secondari”. Il sistema di generazione randomica degli oggetti equipaggiabili della nuova creatura dei Gearbox Software espande il “modulo di looting” del capitolo originario con centinaia di aggiunte estetiche e funzionali, nel primo caso con la possibilità di modificare molte altre componenti strutturali delle armi e nel secondo attraverso la variazione numerica dei valori sulla cadenza di fuoco, sul rinculo, sugli effetti elementali, sulla capienza dei caricatori e via discorrendo.
Con i miglioramenti apportati, il sistema deputato alla gestione delle mod di classe e degli elementi dell’equipaggiamento risulta essere pressoché perfetto e regala una sorta di “gioco nel gioco” che amplia all’inverosimile le possibilità “creative” del titolo, garantendo per giunta una corposa iniezione di longevità per l’impegno, richiesto agli utenti, di ricercare spasmodicamente gli oggetti da impiegare in battaglia o, magari, da dover semplicemente rivendere per accumulare denaro da spendere in armi, in scudi, in mod e in potenziamenti di livello avanzato. L’esperienza “ruolootista” di Borderlands 2 deve però il suo successo alla magica alchimia che i Gearbox Software sono riusciti a trovare per equilibrare le sessioni sparatutto alle missioni esplorative e queste ultime alle azioni compiute dal protagonista nei rigidi confini della narrazione principale, e questo grazie anche alle infinite varianti di armi utilizzabili e alla possibilità ulteriore di personalizzare l’approccio agli scontri a fuoco attraverso le abilità di classe del proprio alter-ego e ai Livelli Duro relativi alle azioni “speciali” (dal numero di uccisioni di un determinato tipo di creature alle casse aperte in un specifica area della mappa) compiute nel corso della campagna.
Qualsiasi discorso che potremmo fare sul gameplay spicciolo di Borderlands 2, a prescindere dalla bontà del looting e della struttura sandbox dell’avventura in singolo, non avrebbe comunque molto senso se compiuto senza tenere conto dell’altro grande aspetto che rende il titolo una vera e propria calamita per milioni di appassionati, vale a dire l’esperienza di gioco cooperativa.
MULTIPLAYER: IL TRIONFO DELLA COOPERATIVA
Se il primo Borderlands aveva nel multiplayer cooperativo una sorta di felice ma pur sempre marginale “complemento” alle azioni intraprese dagli esploratori solitari della campagna a giocatore singolo, in Borderlands 2 la scelta di avventurarsi per le lande di Pandora in compagnia dei propri amici diviene obbligata per la necessità di aggiornare costantemente il proprio equipaggiamento mediante un efficace sistema di baratto e, soprattutto, per portare a termine le missioni più difficili senza dover incorrere in una morte certa, con conseguente rigenerazione nei punti di salvataggio e clonazione dislocati per tutta la superficie del pianeta.
Oltre che per il “bonus naturale di divertimento” garantito dalla co-op online o a schermo condiviso di ogni altro titolo del genere, infatti, nel caso specifico di Borderlands 2 la scelta di unirsi agli altri Cacciatori della Cripta viene “premiata” da un ritmo di gioco superiore e da una maggiore velocità nell’acquisire punti esperienza: il modo in cui è stata scritta l’intelligenza artificiale dei nemici è l’esempio cristallino di come, dalle parti degli studi Gearbox, si siano spesi per assecondare le richieste pervenutegli in questi mesi dagli appassionati di lungo corso. Dalle creature corazzate che popolano le grotte di Pandora agli sciacalli che vivono tra le dune del Dust, dai robot assassini che difendono le installazioni della Hyperion ai cari, vecchi Skag di prateria, ogni essere vivente e artificiale di Borderlands 2 ha un proprio comportamento e reagisce in maniera indipendente alle diverse “sollecitazioni” date dal protagonista, specie se quest’ultimo si trova in compagnia di altri avventurieri. L’atteggiamento di ostilità e il livello di difficoltà dei nemici, ad esempio, non rimane fine a se stesso ma cresce all’aumentare degli utenti da affrontare: in molte occasioni, persino il loro numero è direttamente proporzionale ai Cacciatori presenti nel proprio gruppo.
Molte delle innovazioni apportate dai Gearbox Software al sistema di gioco, d’altronde, hanno a che vedere con il multiplayer: al già citato sistema di “baratto” e all’IA dinamica dei nemici, bisogna infatti sommare il ruolo “incrociato” dai poteri speciali delle classi personaggio (su tutti, le sfere di energia blocca-nemici di Maya) e la presenza di quest e di “situazioni” disponibili solo ed esclusivamente in rete (nei Raid, ad esempio, l’unico modo per abbattere dei boss di livello 50 è quello di chiamare a raccolta i propri amici).
È la cooperativa, in definitiva, l’aspetto dell’impianto di gioco che fa di Borderlands 2 un capolavoro, ma è anche l’elemento che più di ogni altro riesce a mettere in luce i difetti di una modalità in singolo sensibilmente meno “fluida” e divertente della sua controparte gemella in rete.
GRAFICA E SONORO
Sotto il profilo squisitamente tecnico, Borderlands 2 rappresenta una “semplice” evoluzione del comparto grafico del primo capitolo della saga: le texture hanno una risoluzione più alta (soprattutto su PC), i modelli poligonali sono maggiormente definiti, gli effetti particellari e volumetrici rendono più pulsanti le fasi di combattimento e l’utilizzo delle luci dinamiche regala realismo alle scene raffigurate a schermo (merito del cliclo giorno-notte e della strabiliante visuale dominata dal satellite naturale di Pandora e dal satellite artificiale a forma di “H” di Jack il Bello). Detta così sembra una cosa da poco, ma in realtà i passi in avanti compiuti dai Gearbox sono giganteschi e toccano praticamente ogni ambito “scenico” dell’opera: a guadagnarci sono soprattutto le ambientazioni, ognuna con un clima e un terreno univoco, una vegetazione propria e un suo “bestiario” di creature aliene d’ogni forma e dimensione, di psicopatici mascherati e di robot assassini. Al ricco caleidoscopio di luoghi esplorabili bisogna poi aggiungere le possibilità di customizzazione esteticadel protagonista e, soprattutto, le infinite sfumature cromatiche e fisiche delle armi, un aspetto del titolo enfatizzato dalla presenza di un gustoso strumento di preview integrato nel menù del personaggio e disponibile sin dai primi istanti dell’avventura.
Dal punto di vista del comparto audio, invece, se da un lato il doppiaggio in italiano risulta essere più che adatto per reinterpretare i graffianti dialoghi in madrelingua e merita di essere citato tra gli aspetti meglio riusciti dell’intera opera, dall’altro lato il deficitario apporto della colonna sonora nella “costruzione emotiva” delle azioni di gioco crea dei rumorosi vuoti tra una sparatoria e l’altra e non segue come dovrebbe l’evolversi delle battaglie.
COMMENTO FINALE
Con Borderlands 2, i Gearbox Software scrivono una delle pagine più importanti della storia recente dei videogiochi. Le innumerevoli migliorie apportate all’impianto di gioco del capitolo originario, al sistema di gestione delle classi, al modulo di generazione randomica degli oggetti, al plot narrativo, alla grafica, all’intelligenza artificiale dei nemici e all’integrazione con il modulo cooperativo danno il senso del tenore entusiastico di questa recensione e ci regalano l’immagine di uno sparatutto mostruosamente profondo, longevo e, ciò che più conta, divertente.
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