Molti si lamentano della cadenza annuale ormai abbracciata da molte serie videoludiche, sostenendo che una tale produzione “a catena di montaggio” non possa far nulla per promuovere la creatività e le vere innovazioni di cui molto spesso c’è tanto bisogno. Fra queste serie troviamo Assassin’s Creed: secondo Yannis Mallat, boss di Ubisoft Montreal, questa pratica continuerà finché ci saranno riscontri con le vendite.
«Saranno i giocatori a dirci quando smettere. Ora come ora sono sempre più quelli che abbracciano il franchise, quindi non credo che quel giorno sia molto vicino. Siamo all’apice. Quando si hanno contenuti di qualità, la frequenza con la quale escono i giochi non è affatto un problema»
Nonostante il nuovo Assassin’s Creed III abbia stabilito il record di vendite per la serie, sono molti i giocatori che si lamentano di una stagnazione delle idee presente da ormai un paio di capitoli. Molti accostano la saga a quella di Call of Duty, considerata l’emblema di questo fenomeno.
Non a caso, nella nostra recensione di Assassin’s Creed III, Michele Galluzzi aveva dato un giudizio poco entusiasta, dicendo che « l’avventura di Desmond è giunta al termine e con essa si chiude un intero ciclo di sviluppo creativo: il lavoro compiuto dagli Ubisoft Montreal dal 2007 ad oggi ha contribuito in maniera determinante a scardinare i pregiudizi e le incomprensioni che per decenni hanno tenuto lontano i videogiochi dalle altre forme d’arte moderna (come il cinema), ma ha avvalorato la tesi di chi guarda all’intrattenimento digitale come ad una terra di conquista in cui i più forti o i più attrezzati (le multinazionali dal sequel facile) hanno sempre la meglio sui più deboli e sugli “emarginati” (le case di sviluppo indipendenti e i team più coraggiosi). Senza uno slancio di originalità più marcato, la serie di Assassin’s Creed è destinata a giocare un ruolo sempre più marginale nell’industria videoludica del futuro.»
via | Eurogamer