Che Ammaniti fosse un nerd, lo sapevamo. Dimostrazione lo era questo riuscito pezzo di Tiziano Scarpa (vero NGJ prima dell’invenzione dello stesso). Però tutto mi aspettavo tranne di trovarmelo sulla prima pagina di cultura di Repubblica, intervistato da Loredana Lipperini sul suo rapporto con i videogames. Ora, a parte il primato (che io sappia è la prima volta che i videogames entrano nelle pagine di cultura di un giornale italiano) c’è da segnalare il fatto che Ammaniti parli in maniera non banale dei videogiochi stessi. Questo è magnifico, e si spera che non resti caso isolato.
La verità, è che al momento caso isolato lo è per davvero: altrove si scrivono saggi, si raccontano storie, insomma, si ragiona sulla forma e sul contenuto dei videogiochi. In Italia, a parte qualche timido tentativo di saggistica specializzata e a un romanzo, i videogames sono rimasti esiliati dalla carta stampata a causa di snobismo e idiozia.
La strada da fare è ancora lunga: il giornalismo specializzato deve crescere, i suoi lettori pure (e non parlo certo di età anagrafica); l’industria deve lasciare spazi di manovra agli sviluppatori (è materia di discussione in questi giorni la proposta di una carta dei diritti degli sviluppatori). D’altro canto gli intellettuali italiani DEVONO rendersi conto che nonostante molti limiti questo è un periodo di fermento culturale: lo dimostrano le riflessioni presenti in giochi come Max Payne e Metal Gear Solid, così come le complesse analisi del gioco che arrivano dall’America (Terranova e Ludologist – giusto per dirne due) o da riviste pioniere come EDGE e il suo omologo italiano, Videogiochi.
*Il titolo non c’entra niente, ma non me ne veniva uno decente. Volevo un titolo breve e incisivo che sottolineasse una cosa di cui sono convinto, e cioè che non possiamo non vincere questa battaglia. Alla fine ho deciso per questa vecchia surreale frase cult, mi sembrava appropriata.