Abbiamo passato mesi e mesi ad insultarlo. Ci siamo sganasciati dalle risate alle prime immagini rilasciate che mostravano il nerboruto rapper combattere quasi a mani nude contro un Black Hawk armato di tutto punto. Abbiamo canzonato in tutti i modi possibili ed immaginabili la produzione Swordfish Studios credendo di fare un favore all’intero popolo videoludico e sperando di allontanarvi il più possibile da 50 Cent: Blood on the Sand.
Ma dopo aver letteralmente demolito lo sparatutto THQ per preconcetto e senza nessun motivo apparente oltre quello del disastroso Bulletproof, cui Blood on the Sand ne rappresenta il seguito, abbiamo deciso di dare una seconda chance a Fifty per scoprire cosa ha da offrire alle nostre PlayStation 3 ed Xbox 360.
Avremmo fatto bene? Scopriamo insieme se zio Fifty riuscirà a confermarci che le sorprese più belle sono sempre le più inaspettate.
50 CENT E LA MALEDIZIONE DEL TESCHIO DI DIAMANTI
La trama sviluppata per Blood on the Sand e cucita attorno alla figura carismatica e sopra le righe di 50 Cent non può che essere il prodotto ironico di un progetto nato per essere obbligatoriamente leggero ma al contempo divertente: riuscire a far incavolare Fifty al punto tale da fargli scatenare una guerra contro il mondo intero non deve essere la più semplice delle cose da chiedere ad uno scrittore di trame videoludiche.
L’intelligenza che i ragazzi Swordfish Studios riescono a dimostrare nella tessitura della trama non può che essere un punto a favore della loro produzione: lavorando a stretto contatto con 50 Cent dalle prime fasi di sviluppo fino agli istanti precedenti la commercializzazione, sono riusciti ad elevare la loro creatura ben al di sopra del vetusto e bistrattato Bulletproof. Entriamo allora nel vivo di Blood on the Sand per cercare di conoscerne i pregi e i difetti.
Tutto nasce da un concerto tenuto in un non precisato paese mediorientale dal nostro Fifty e dalla G-Unit. Al termine dello spettacolo, l’allegra gang si presenta dal promoter per riscuotere la tanto agognata paga e scopre che il “tristo figuro” non se la passa tanto bene economicamente: se una cosa del genere farebbe imbestialire qualsiasi artista, immaginate che reazione potrebbe avere un ex gangster con diversi fori di proiettile in corpo al seguito di una combriccola di amici poco raccomandabile… per evitare una fine poco onorevole, il promoter decide allora di ripagare il suo debito con un teschio incastonato di diamanti dal valore inestimabile (qui scatta l’applauso ai programmatori).
Al ritorno in aeroporto su un Hummer adatto a contenere quella mezza tonnellata di rapper (con collane d’oro massiccio annesse), l’autoblindo viene assaltato da un’organizzazione terroristica che, nella concitazione degli scontri a fuoco, si impossessa del teschio dileguandosi poi nel nulla: da qui alla guerra totale scatenata dalla furia vendicativa di 50 Cent e soci, il passo è breve.
IN GUERRA CON IL MONDO. A PETTO NUDO
Basterebbe il racconto degli eventi che danno inizio a Blood on the Sand per capire la tipologia di videogioco di cui ci stiamo occupando in questa recensione: grazie al cielo, però, THQ e Swordfish Studios non hanno voluto minimamente fermare la loro “sperimentazione ironica” ed hanno infarcito ogni minima parte della giocabilità del loro titolo con una serie infinita di spunti con cui strappare più di un sorriso ai videogiocatori.
Superato lo sgomento iniziale per la visione stereotipata (o se volete stupida) della violenza dei popoli mediorientali, infatti, Blood on the Sand riesce ad essere un prodotto sorprendentemente godibile che raggiunge la sufficienza senza particolari difficoltà, grazie ad un sapiente mix di elementi che riescono a dare quella giusta diversificazione alla giocabilità e alla “parte calda” del titolo THQ.
Scrollandosi di dosso e fin dalle prime battute di gioco “il peso” del realismo a tutti i costi, Blood on the Sand prende largamente spunto dal sistema di combattimento, dalle coperture e persino dalla “crudeltà pacchiana” di Gears of War 2 per riproporre il tutto in una chiave completamente diversa, a metà strada tra il titolo Epic Games e la violenza spettacolarizzata di The Club (scremata di tutta quella parte concernente la rivalità sportiva).
MULTIPLAYER
Se la campagna in singolo soffre alla lunga di una ripetitività intrinseca cui la moltitudine di mosse, di armi e di situazioni più o meno grottesche può fare ben poco, la produzione Swordfish Studios torna su livelli qualitativi medio-alti grazie soprattutto alle possibilità offerte dalla cooperativa online, che dà finalmente senso alla presenza incessante e prepotente della G-Unit al fianco di Fifty.
Il trio formato da Tony Yayo, Lloyd Banks e DJ Whoo Kid accompagna ogni singola missione dello “steroidato” rapper aiutandolo nella risoluzione di particolari situazioni (come lo scavalcare un muro di cinta) e non facendo altro che accrescere l’immedesimazione ed il senso di appartenenza ad una squadra o ad una gang (vero e proprio punto di forza dell’hip hop): indubbiamente, la cooperativa online di Blood on the Sand è la sua parte meglio riuscita, e scalza in qualità quella di molti altri videogiochi simili.
GRAFICA E SONORO
Utilizzare un motore di gioco collaudato e malleabile come l’Unreal Engine 3 è stata una mossa azzeccata ed ha aiutato non poco i ragazzi Swordfish Studios nella realizzazione di ambienti di gioco profondamente curati e modelli poligonali dei protagonisti che sfiorano il fotorealismo, con goccie di sudore che grondano dalla fronte di 50 Cent mentre utilizza una rovente mitragliatrice fissa e muscoli venati che risaltano alla luce soffusa degli interni delle abitazioni mediorientali. Da rimarcare inoltre l’ottimo lavoro svolto per gli effetti particellari e per la gestione dei campi lunghi.
Il comparto audio della nuova creatura THQ è letteralmente monopolizzato dalla presenza incessante di 50 Cent (sarebbe stato anomalo il contrario): il rapper statunitense è il protagonista indiscusso del doppiaggio, delle frasi di circostanza durante le azioni di gioco e della colonna sonora. Quest’ultima, poi, oltre che a presentare la quasi totalità della produzione artistica di Fifty, permette ai videogiocatori di ascoltare 18 tracce inedite composte o remixate per l’occasione.
COMMENTO FINALE
Alla luce di quanto abbiamo avuto modo di ammirare in 50 Cent: Blood on the Sand, ci sentiamo piccoli piccoli ripensando a quante battute di circostanza abbiamo snocciolato in questi mesi dovendo raccontarvi lo sviluppo del titolo Swordfish Studios.
Davvero tante sono le cose che in Blood on the Sand ci hanno convinti della bontà della nuova avventura con protagonista zio Fifty, a cominciare dalla trama. Chi obietta sull’effettiva impossibilità che ha un uomo nel riuscire a smantellare una cellula terroristica quasi da solo e senza avere nemmeno mezzo giubbotto antiproiettile non ha ben chiaro lo spirito che anima lo sparatutto THQ nè riesce a scrollarsi di dosso i preconcetti con cui non si riesce ad immaginare nulla di qualitativamente ineccepibile creato per 50 Cent piuttosto che per un personaggio inventato di sana pianta per l’occasione.
Naturalmente non possiamo evitare di menzionare una mancanza assoluta di originalità per quanto riguarda il sistema di combattimento e tutto quello che verte attorno alla giocabilità, anche se il copiare più o meno spudoratamente un capolavoro come Gears of War 2 ha permesso ai ragazzi di Swordfish Studios di concentrarsi maggiormente su altri fattori del loro sparatutto, riuscendo così a dare un senso compiuto ad un titolo divertente che appassiona e non presenta sbavature evidenti.
Detto questo, non possiamo fare altro che ricoprirci il capo di cenere per l’ennesima volta per i preconcetti che ci hanno condizionati fino all’ultimo, consigliando perciò l’acquisto di 50 Cent: Blood on the Sand a tutti coloro che amano gli sparatutto in terza persona e a chi ha voglia di divertirsi con un videogioco dalle qualità notevoli ed inaspettate (nascoste sotto spessi strati di muscoli pompati e di collane d’oro da 20 chili).