Arriva dall’Australia l’ennesimo studio a sfondo psicologico atto a stabilire il nesso fra comportamento dei bambini e fruizione di videogiochi violenti.
Secondo la ricerca della Swinburne University of Technology di Melbourne, che ha studiato 120 soggetti di età compresa tra gli otto e i dieci anni provenienti da dieci diverse scuole della zona, la maggior parte dei ragazzini non ha subito alterazioni significanti nel comportamento anche se impegnati in giochi violenti (nella fattispecie Quake 2).
«I risultati dimostrano che mentre alcune persone mostrano leggeri incrementi o decrementi di aggressività, nella maggior parte di esse non si sono registrati cambiamenti. Seppur il dibattito sia lontano dalla sua conclusione, le scoperte fatte da questo studio hanno fatto registrare un passo avanti verso la comprensione degli effetti indotti da questa forma di media», ha spiegato il Prof. Grant Devilly, a capo del progetto.
I problemi si sono quindi riscontrati solo su quei soggetti già naturalmente inclini a comportamenti neurotici ed ansiosi, i quali dopo sessioni di 20 minuti di gioco hanno manifestato un’aumentata aggressività. Al contrario, nei casi particolari dei soggetti iperattivi l’aggressività è risultata addirittura minore.
«Dal tipo di temperamento dell’individuo è stato possibile prevedere le reazioni prima e dopo la sessione di gioco con una percentuale di accuratezza del 73% – ha continuato il Prof. Devilly – e ciò include le previsioni su quei bambini la quale carica aggressiva è stata diminuita utilizzando il videogame».
Il messaggio pare quindi chiaro: come prima cosa è fondamentale imparare a conoscere e capire le reazioni dei propri figli.